Le distopie paiono pane quotidiano per il neozelandese Andrew Niccol, autore perlomeno di un film che rimarrà (The Truman Show) e di un altro invece pure (Gattaca- La porta dell’universo).
Difficile, per chiunque, ripetersi a questi livelli. Allora accontentarsi dei bagliori che qua e là illuminano questo In Time dove si vive giovani e belli soltanto fino a 25 anni. A seguire giovinezza eterna ma ogni santo minuto da trascorrere in questa valle di lacrime bisogna guadagnarselo. Prestiti, con relativi interessi temporali nelle banche del tempo, o furti (a chi ne ha di più…).
L’equità, pure da ‘ste parti, è un miraggio (chi ha una manciata di ore, chi milioni di anni …) mentre il timer digitale con le cifre verdoline che ognuno ha sull’avambraccio conta alla rovescia.
Distribuite le carte Niccol inizia il gioco. Visto che c’è chi ha molto e chi ha poco, il conflitto è inevitabile. Tra i “senza tempo” Will Salas/Justin Timberlake, operaio metallurgico (Mimì o Mimì…), che tempo (letteralmente…) una manciata di minuti si ricicla in guidatore provetto, latin lover, ammazza cattivi (tramite sottrazioni di tempo…), pistolero, salvatore di Sylvia Weis/Amanda Seyfried fanciulla in pericolo, nonché del mondo intero.
Rimane un pochino di ansia per il congegno messo in piedi, ammirazione per il mondo asettico che ci viene sciorinato davanti, nuovo quanto basta da non sembrare già visto (magari qualcosa in Gattaca…), ma la deriva complessiva del film verso una riedizione di Bonnie e Clyde, ladri di tempo stavolta, diventa alla lunga letale.
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