Nato dalla penna di Georges Simenon nel 1931 e protagonista di ben 76 romanzi e 26 racconti fino al 1972, il celebre commissario capo Jules Maigret della polizia giudiziaria di Parigi non è solo un eroe letterario, in quanto anche protagonista di moltissime trasposizioni cinematografiche e televisive.

La prima risale al 1932, con La nuit du Carrefour di Jean Renoir (Maigret era interpretato da Pierre Renoir). Da allora ad oggi, salvo omissioni, Maigret è stato portato sul grande schermo ben 15 volte. Tra i Maigret cinematografici più famosi, ci sono quelli interpretati da Albert Préjan e da Jean Gabin.

 

In televisione, la prima apparizione di Maigret risale al 1948, negli Stati Uniti sugli schermi della CBS. Si tratta dell’episodio Stan the Killer del contenitore antologico Studio One, in cui Maigret era interpretato da Eli Wallach. Da allora ad oggi, Maigret è stato portato sul piccolo schermo da 13 attori diversi.

Jean Gabin
Jean Gabin
Tra i più famosi figurano Rupert Davies (protagonista dei 51 episodi della serie inglese Maigret, trasmessa tra il 1960 e il 1963), lo storico Jean Richard (protagonista degli 88 episodi della serie francese Les enqûetes du Commissaire Maigret, trasmessa tra il 1967 e il 1990) e il suo successore Bruno Cremer (protagonista dei 30 episodi della serie franco-svizzera-belga-cecoslovacca Maigret, avviata nel 1991 e conclusasi nel 1999). 

Non è azzardato dire che, comunque, nessuna di queste produzioni - cinematografiche e televisive - regge il confronto con il nostro Maigret.

Quando un italiano si trova a leggere un romanzo di Maigret, i tratti con cui lo dipinge sono indubbiamente quelli di Gino Cervi, che ne ha vestito i panni in sedici fortunatissimi sceneggiati televisivi (articolati su 35 puntate) nonché un film a colori per il cinema (Maigret a Pigalle, del 1967, girato tra la seconda e la terza serie televisiva).

All’epoca Cervi, affermato attore teatrale e cinematografico, era molto noto al grande pubblico per il personaggio dell’onorevole Peppone nei cinque film di Don Camillo, e temeva che la sua precedente interpretazione potesse in qualche modo influenzare il pubblico. Così non fu. Maigret e Peppone furono sicuramente le sue due interpretazioni più popolari: “Erano tutti e due personaggi con i baffi” - ricordava Gino Cervi, che fuori dalle scene i baffi non li ha mai portati - “Si vede che i baffi mi portano fortuna...”.

In questi mesi, trovandomi nel tempo libero a compilare la guida agli episodi della serie (online all’indirizzo), ho potuto apprezzare ancora una volta tutta la magia di quegli sceneggiati: le spassose scene di collera di Maigret, la sua testarda ostinazione quando si mette in testa di fare una cosa, il suo modo tutto particolare di condurre le indagini, l’insofferenza nei confronti della burocrazia e dei superiori, le situazioni comiche abilmente costruite dagli sceneggiatori.

Le sue abitudini e le sue manie: la sua birra, la sua pipa, il suo debole per la buona tavola, per gli spuntini nei bistrot...

Gino Cervi
Gino Cervi

E poi le scene casalinghe e le amorevoli premure della signora Maigret (impersonata dalla impareggiabile Andreina Pagnani), a tratti deliziosamente esagerate al punto da diventare stucchevoli, i suoi inutili sforzi per dissuadere il marito dallo stancarsi troppo o dal fumare troppo, i deliziosi manicaretti che si ostina a preparare al marito, pur sapendo che molto probabilmente non rincaserà per il pranzo a causa degli impegni di lavoro.

Probabilmente, da straordinario attore quale egli era, Cervi ha saputo dare al personaggio anche alcuni tratti che Simenon non aveva mai descritto nei suoi romanzi, ma che di sicuro corrispondevano perfettamente alla sua idea di Maigret.

Come si può dare torto a Georges Simenon, quando di Cervi diceva: "È veramente il mio Maigret!"?

 

Mario Maranzana interpreta il brigadiere Lucas, anch’egli massiccio, coi baffi e fumatore di pipa, probabilmente nell’intento di emulare il suo principale. Daniele Tedeschi veste i panni di Janvier, Manlio Busoni quelli di Torrence e Gianni Musy quelli di Lapointe. In alcuni episodi, Maigret è assistito nelle indagini dal giovane - e ancora inesperto - nipote Jerôme, a cui presta il volto Gino Pernice. Tra gli altri interpreti ricorrenti, oltre ad Andreina Pagnani nei panni di Louise Maigret, figurano Ugo Pagliai in quelli del dottor Miesch, Oreste Lionello in quelli dell’effervescente perito calligrafo Moërs e Franco Volpi in quelli del distinto giudice Comeliau. Quanto agli interpreti occasionali, spiccano i nomi di Cesco Baseggio, Arnoldo Foà, Sergio Tofano, Ugo Pagliai, Gian Maria Volonté, Didi Perego, Carlo Hintermann, Marina Malfatti, Anna Miserocchi, Giuseppe Pambieri.

 

Lo sceneggiato debuttò sul Programma Nazionale il 27 dicembre 1964, e proseguì per quattro serie lungo i nove anni successivi, con punte di ascolto di 18,5 milioni di spettatori.

La regia di tutti gli episodi è di Mario Landi; Diego Fabbri e Romildo Craveri hanno curato la riduzione televisiva delle storie.

 

Nel novembre 2004, canale 5 ha trasmesso una nuova versione televisiva "made in Italy" delle avventure del famoso commissari: a dargli il volto è questa volta il grande Sergio Castellitto, con Margherita Buy nei panni della signora Maigret.

Questo Maigret è stato protagonista di due film-TV (La trappola e L’ombra cinese), diretti da Renato de Maria e coprodotti da Mediaset-RTI, Grundy Italia, Alien, Telecinco e PCM.

Sergio Castellitto
Sergio Castellitto

Ed è stato un catastrofico flop.

Il prodotto era di buona qualità, sicuramente un po’ sui generis ma ben congegnato. Però il confronto con la serie classica era inevitabile, soprattutto agli occhi del pubblico italiano, e non poteva reggere.

In chiusura vorrei fare una considerazione del tutto personale sul successo in Italia del modello dello sceneggiato televisivo, profondamente legato al nostro contesto culturale: è sullo stampo di queste produzioni che troviamo ancora oggi i risultati migliori della nostra televisione, anche per quanto riguarda il giallo (basti pensare al successo del commissario Montalbano).

È per questo che mi cascano le braccia quando leggo di registi e produttori italiani che, con orgoglio, presentano fiction poliziesche promettendo di emulare il modello americano.

Se pensano di confrontarsi con gli americani la sfida è persa in partenza, perchè loro sono avanti anni luce non solo come tecnologia e disponobilità finanziarie, ma anche come "know how" e "cultura" produttiva in generale.

È facile rendersi conto che certe raffinatezze stilistiche e contenutistiche delle produzioni d’oltreoceano sono ben lontane dalle trame ingenue e grossolane di molte nostre fiction contemporanee (e peraltro non si capisce il perché, poiché trovo difficile credere che il pubblico italiano sia così tanto più immaturo e sempliciotto rispetto a quello statunitense!).

 

Perchè, allora, non continuiamo a fare i nostri buoni vecchi "sceneggiati" all’italiana, che ci riescono così bene?