Essere definito da Stephen King «il più grande fra i grandi» non è cosa da poco. Non lo è nemmeno poter vantare una bibliografia che supera nettamente i 100 romanzi e una innumerevole quantità di racconti, sceneggiature, adattamenti cinematografici, firmati con almeno dieci diversi pseudonimi nel corso di una produzione letteraria che ha spaziato fra i generi più svariati come il mistery, il noir, il western, la fantascienza, la satira di costume e la fantapolitica.
Tutto questo (e tantissime altre cose) è stato Donald E. Westlake, classe 1933, scomparso il 31 dicembre 2008 a causa di un attacco cardiaco che lo ha stroncato mentre si recava al cenone di capodanno insieme ai suoi amici. Quell’infarto ci ha privati di uno splendido settantacinquenne che, dopo mezzo secolo di onorata carriera letteraria, non aveva mai manifestato alcuna intenzione di voler interrompere la sua eclettica, monumentale attività artistica che pure ha registrato nel tempo numerosi cambiamenti di rotta e di tono. Quentin Tarantino lo ha pubblicamente riconosciuto come uno dei principali ispiratori della sua poetica pulp e autori del calibro di Michael Connelly, Jeffery Deaver, Elmore Leonard lo hanno definito, senza mezzi termini, un solido punto di riferimento per le loro rispettive carriere artistiche.
Westlake ha saputo mantenere costante, nella sua produzione letteraria, un altissimo livello di creatività, di professionalità, di lucida autoironia che hanno contribuito a renderlo universalmente riconosciuto come un classico tra i classici.
Cimentarsi nell’analisi dell’opera completa di questo autore costituirebbe un’impresa ciclopica, da affrontare, semmai, nell’ambito di un saggio approfondito, non certo di un singolo articolo. La sua straordinaria carriera gli ha fruttato numerosi riconoscimenti, fra i quali non va dimenticata l’assegnazione del prestigioso Edgar Award in ben tre diverse categorie (miglior romanzo, miglior racconto, migliore sceneggiatura). Voglio limitarmi, in questa sede, ad affrontare solo alcuni aspetti della produzione letteraria della sua “incarnazione” Richard Stark, che con ventinove romanzi, di cui venticinque dedicati al personaggio di Parker, ha lasciato un segno indelebile nella storia della letteratura mistery del ventesimo secolo (e, ne sono certo, di quelli a venire).
Parker è un rapinatore professionista, un anti eroe determinato, freddo, disincantato, ma con un personalissimo codice d’onore, con una propria connotazione “morale” che, per quanto distorta e del tutto discutibile, contribuisce a fare di lui un personaggio affascinante e carismatico, archetipo dei tanti “irresistibili cattivi” degli anni a seguire, dal Burke di Andrew Vachss al Vic Mackey del serial TV-capolavoro The Shield.
La potenza del suo personaggio appare chiara sin dal primo capitolo della quarantennale saga che lo vede protagonista, quel The Hunter del 1962 (Anonima carogne, I Neri Mondadori n. 3, 1964, ristampato ne I Classici del Giallo n. 110, 1971) che ha all’attivo ben due adattamenti cinematografici. Il primo, del 1967, è Senza un attimo di tregua, seconda regia di John Boorman con Lee Marvin e Angie Dickinson, il secondo, del 1999 è Payback. La rivincita di Porter, di Brian Helgeland, con Mel Gibson e James Coburn.
La prima storia di Parker, narrata nei due film, è la genesi di una vendetta. Tradito dal socio che gli ha portato via, in un solo colpo, la donna che amava e la sua parte del bottino di una rapina
compiuta assieme, Parker tornerà in azione dopo essersi finto morto, rivalendosi sui suoi nemici con lucida e spietata freddezza.
Curiosamente, in entrambi i film, così come nel successivo Organizzazione crimini (The Outfit) del 1973, non appare alcun personaggio di nome Parker. Questo per espressa scelta dell’autore che, nel cedere i diritti cinematografici delle sue opere, chiese ed ottenne che al protagonista principale venisse assegnato un nome diverso. E così, nel primo adattamento cinematografico di The Hunter, Lee Marvin interpreta il rapinatore creato da Richard Stark con il nome di Walker, mentre Mel Gibson si ritrova nel 1999 a dar vita allo stesso ruolo, questa volta con il nome di Porter.
La cronaca racconta che fu proprio il mancato successo di questo terzo adattamento cinematografico a far propendere Donald Westlake per un abbandono della saga di Parker che, nel corso di dodici anni, lo aveva visto realizzare una ventina di titoli tutti con ottimi successi di vendita. In Italia tutti i “capitoli” di questa prima fase della vita del personaggio (ad eccezione dell’ultimo) furono tradotti e pubblicati da Mondadori nella collana I Neri Mondadori fino al 1964 e poi, con regolarità sul Giallo Mondadori a partire dal 1965.
Da notare che nello stesso arco temporale, con una incredibile prolificità (che mi viene naturale paragonare a quella del “nostro” Stefano Di Marino) e una vena creativa senza precedenti, Westlake, sia con il suo nome di battesimo che con svariati altri pseudonimi, realizzò almeno una trentina di ulteriori romanzi, spaziando con assoluta padronanza e disinvoltura fra diversi generi. Tutto ciò per una incredibile media di quasi cinque romanzi all’anno!
Ma qual’era il contenuto, la caratteristica delle storie di Parker in quegli anni? La risposta più immediata ci viene dall’indiscusso maestro Stephen King che ha affermato senza esitazione «se volete conoscere il noir cominciate da Stark».
L’affermazione di King, sulla cui autorevolezza sfido chiunque a voler obiettare, è un ottimo spunto per addentrarsi in alcune considerazioni di carattere generale sul genere noir e su quella che è stata la sua evoluzione negli ultimi due decenni.
L’apprezzabile risultato di questa esperienza fu l’affermazione di giovani talenti poi divenuti solide realtà nel panorama letterario italiano (mi riferisco a autori quali Fois, Genna, Montanari). D’altra parte, negli anni successivi, si è assistito anche a fenomeni diversi, quali il sollevamento di una ridda di voci pronte a reclamare con malcelata supponenza l’appartenenza a una sorta di “élite del noir”. Questo “partito trasversale” ha contribuito, in alcuni casi, a creare i presupposti per uno svilimento del genere. Le nuove regole non scritte di questa sorta di “noir psico-sociologico” estremizzano aspetti quali l’eccessivo, talvolta maniacale, risalto alle ambientazioni metropolitane (trasformate da scenari a veri e propri oggetti della narrazione) la caratterizzazione grottesca e esasperata della violenza troppo spesso fine a se stessa, l’ossessiva ricerca di nuovi linguaggi e soluzioni narrative forzatamente originali a scapito della credibilità.
Tutto ciò, spesso, ha giocato a svantaggio delle storie, della compattezza delle trame, contribuendo non poco a confondere e a rendere perplesso lo zoccolo duro degli appassionati fruitori del genere.
In questo scenario, la produzione di Richard Stark può e deve senz’altro costituire un’occasione di riscoperta, un vero e proprio “ritorno alle origini” per gli appassionati del noir. I suoi romanzi sono in grado di rimettere la palla al centro e costituire un punto di riferimento per un genere che è nato e si è sviluppato proprio grazie a una dimensione di letteratura “popolare” nell’accezione più nobile del termine.
Le parole di Stephen King restituiscono al noir ciò che è del noir. La giusta, sacrosanta dignità propria di un genere capace di appassionare grazie a meccanismi sapientemente rodati, a una costante tensione narrativa che non perde mai di vista il rispetto per il lettore, grazie all’aderenza a quelle regole non scritte di credibilità, basate su concetti fondamentali quali “determinazione, efficienza, calcolo”.
Ma la “prima fase” della carriera artistica di Richard Stark non è solo Parker.
Quattro dei ventinove romanzi scritti da Westlake con questo pseudonimo, vedono come protagonista Alan Grofield, un personaggio che appare anche come comprimario in altri quattro capitoli della saga di Parker. Chi è Grofield? Un attore per vocazione e un ladro per necessità. Nella passione di Grofield per il palcoscenico, Westlake trasferisce la sua personale, breve esperienza di attore teatrale, amore di gioventù abbandonato forzatamente per mere necessità economiche (l’autore non fece mai mistero del fatto di aver iniziato a dedicarsi alla scrittura principalmente per sbarcare il lunario).
Il personaggio, a onor del vero, è meno convincente di Parker ma comunque godibile e ironico. Rappresenta, in un certo senso, la contaminazione (o quantomeno il tentativo di contaminazione) della saga di Parker con alcuni degli elementi di rottura introdotti da Westlake nella sua produzione letteraria a partire dal romanzo Tiro al piccione (The Fugitive Pigeon, 1965 pubblicato ne Il Giallo Mondadori 894, 1966) firmato con il suo vero nome. È con questo romanzo, infatti, che Westlake, decise di introdurre nella sua altra saga, dedicata al personaggio Dortmunder (ennesimo ladro professionista, lontano anni luce dalla caratterizzazione fredda ed efficiente di Parker) l’elemento dell’ironia.
È questo il penultimo romanzo della prima fase di vita di Parker che si concluderà lo stesso anno con Child Heist [libro immaginario creato da Westlake per uno dei più deliziosi giochi letterari di sempre, come spiegato in questo numero della rubrica “Pseudobiblia”: rubriche/9417/].
Così come fu l’insuccesso di un film (a detta di alcuni) la causa della sospensione della saga di Parker, fu proprio il successo di un’altra pellicola a persuadere Westlake a tornare sui suoi passi e ricominciare a narrarne le gesta, a partire dal 1998.
Il film in questione è il già citato Payback. La rivincita di Porter, di Brian Helgeland, considerato da alcuni addetti ai lavori tra le migliori interpretazioni di Mel Gibson.
L’attualizzazione della prima avventura di Parker, a trentasei anni di distanza dall’uscita del romanzo The Hunter, convinse Westlake/Stark che la forza del suo character più riuscito era rimasta immutata, e che avrebbe potuto muoversi perfettamente a suo agio nel nuovo scenario sociale e urbanistico delle moderne metropoli americane e negli ambienti di una malavita ormai spietata e senz’anima che ha perso qualsiasi residuo di quella connotazione “romantica” che ancora persisteva (quantomeno nell’immaginario collettivo) negli anni Sessanta.
In questo nuovo ciclo di storie firmate da Richard Stark, ritroviamo intatta la carica noir del personaggio e delle sue “vicende criminali”, a tratti velate da una malinconia toccante, spesso segnate da una violenza e una concretezza più accentuate di prima ma pur sempre funzionali a una narrazione compatta, asciutta, che si erge una spanna al di sopra di un panorama internazionale di letteratura di genere che, spesso e volentieri, fa il verso a se stesso arrotolandosi su schemi narrativi forzati e ripetitivi.
Stark e Parker, semplicemente, sono il noir. Colpiscono direttamente nel segno, in maniera spietata, senza bisogno di inventare niente di nuovo. Come si conviene a ogni “classico” che si rispetti.
Bibliografia di Richard Stark
ThrillerMagazine stila qui di seguito la bibliografia italiana di Richard Stark, inserendo fra parentesi i vari titoli originali con cui i romanzi sono stati ristampati in patria. La numerazione “semplice” si riferisce ai romanzi con protagonista il personaggio di Parker; dove invece c’è una G davanti al numero, ci si riferisce ai romanzi con protagonista Grofield.
1 - Anonima carogne (The Hunter / Point Blank / Payback, 1962), I Neri Mondadori n. 3 (1964); I Classici del Giallo n. 110 (1971); ristampato con il titolo Payback nella collana Le gaggie dalla Marco Tropea Editore (1999)
2 - Salva la faccia, Parker! (The Man with a Getaway Face / The Steel Hit, 1963), I Neri Mondadori n. 9 (1965)
3 - Liquidate quel Parker! (The Outfit, 1963), I Neri Mondadori n. 12 (1965); Giallo d’azione Mondadori n. 13 (1982)
4 - Fatti sotto, Parker! (The Mourner, 1963), I Neri Mondadori n. 16 (1965); I Classici del Giallo Mondadori n. 407 (1982).
5 - La notte brava di Parker! (The Score / Killtown, 1964), I Neri Mondadori n. 20 (1965); I Classici del Giallo Mondadori n. 430 (1983)
6 - Hai perso il morto, Parker! (The Jugger, 1965), Il Giallo Mondadori n. 912 (1966)
7 - Parker: il rischio è la mia droga (The Seventh / The Split, 1966), Il Giallo Mondadori n. 952 (1967)
8 - Parker: a ferro e a fuoco (The Handle / Run Lethal, 1966), Il Giallo Mondadori n. 944 (1967); ristampato col titolo A ferro e a fuoco nella collana Edgar della Interno Giallo (1991)
G1 - Carrera messicana (The Damsel, 1966), Il Giallo Mondadori n. 1009 (1968)
9 - Parker: rapina a sangue freddo (The Rare Coin Score, 1967), Il Giallo Mondadori n. 1021 (1968)
10 - Guardati le spalle, Parker! (The Green Eagle Score, 1967), Il Giallo Mondadori n. 1033 (1968)
G2 - Grofield, stavolta tocca a te (The Dame, 1968), Il Giallo Mondadori n. 1099 (1970)
11 - Parker e i diamanti neri (The Black Ice Score, 1968), Il Giallo Mondadori n. 1077 (1969)
12 - Bada alla pelle, Parker! (The Sour Lemon Score, 1969), Il Giallo Mondadori n. 1117 (1970)
G3 - Spia per ricatto (The Blackbird, 1969), Segretissimo n. 350 (1970)
13 - Lotta libera per Parker (Deadly Edge, 1971), Il Giallo Mondadori n. 1183 (1971)
14 - Luna-Parker (Slayground, 1971), Il Giallo Mondadori n. 1234 (1972)
G4 - Tocca ferro, Grofield! (Lemons Never Lie, 1971), Il Giallo Mondadori n. 1191 (1971)
15 - Parker: via col piombo (Plunder Squad, 1972), Il Giallo Mondadori n. 1289 (1973)
16 - Parker: luna nuova, buio pesto (Butcher’s Moon, 1974), Il Giallo Mondadori n. 1366 (1975)
17 - Comeback: colpo su colpo (Comeback, 1998), I Bestseller del Crimine, Sonzogno Editore (2003); BUR Rizzoli (2010)
18 - Backflash: ritorno di fiamma (Backflash, 1998), I Bestseller del Crimine, Sonzogno Editore (2003); BUR Rizzoli (2011)
19 - Flashfire: fuoco a volontà (Flashfire, 2000), I Bestseller del Crimine, Sonzogno Editore (2004)
20 - Parker: terra bruciata (Firebreak, 2005), Alacrán (2005)
21 - Parker: dietro le sbarre (Breakout, 2006), Alacrán (2006); I Classici del Giallo Mondadori n. 1286 (2011)
22 - Parker: nessuno corre per sempre (Nobody Runs Forever, 2007), Alacrán (2007)
23 - Parker: ultima corsa (Ask the Parrot, 2008), Alacrán (2008)
24 - Soldi sporchi (Dirty Money, 2008), Alacrán (2010)
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID