«Non senza speranza siedo di nuovo qui e mi dilungo sulla cattiveria degli uomini. E sulla mia. Adesso non sono molto meglio di loro, non era mai successo, ma oggi i ruoli si sono invertiti. Loro vittime e io criminale, oggi è così. Ho raggiunto un punto di svolta nella mia vita e ho smesso di compatirmi: scelgo di agire invece che di meditare. La sabbia della masturbazione mentale è fuoriuscita dalla clessidra».
Non è detto che un giallo svedese sia garanzia di un buon libro, tanto più in tempi in cui le scimmiottature si piegano alle mode. Per chi, come me, ama il genere, La casa di pan di zenzero è però un ottimo giallo, che niente ha da invidiare a quelli dei colleghi scandinavi come Stieg Larsson e Camilla Läckberg.
È la vendetta il movente che spinge Thomas a uccidere quelli che furono, nella sua sofferta infanzia, i suoi aguzzini, che lo sottoposero ad angherie di ogni genere. Soccombere, allora, ha comportato un rancore sordo che si è rafforzato con gli anni conducendolo nei baratri un astio psicotico che esplode con un’unica ossessione: ripagare i colpevoli del male subito. A modo suo, certo. Così capita che Thomas incontri in metropolitana Hans, uno dei bulletti che non rivedeva più da quando aveva sette anni. Dalla fantasia dell’omicidio alla sua messa in atto il passo è breve e questo non sarà l’unico sassolino che l’assassino si toglierà dalle scarpe.
A portare avanti le indagini sarà Conny Sjöberg, commissario della stazione di Hammarby, che per svolgere il suo lavoro si allontanerà –spesso a malincuore – dalla sua casetta e dalla sua bella famiglia, cinque figli, di cui due adottati e una moglie affettuosa e comprensiva, nonché affascinata dal lavoro del marito. Alla narrazione in terza persona che riporta le indagini e non solo, è alternato un “Diario dell’omicida” datato, in prima persona, in cui emergono gli implacabili deliri del carnefice:
«Tragica è la mia misera vita, contraddistinta da solitudine e violenza, emarginazione e terrore. Quei bambini mi hanno tolto tutto: la mia autostima, la mia gioia di vivere, i miei sogni e la mia dignità. Mi hanno anche tolto qualcosa che tutte le persone sembrano portare con sé nella vita: i ricordi radiosi dell’infanzia».
L’autrice, Carin Gerhardsen, classe 1962, laureata in matematica, ha alternato l’attività scientifica alla letteratura e nel 2008 ha pubblicato nel suo paese “La casa di pan di zenzero”, il primo volume della «Serie di Hammarby», i cui diritti sono stati acquistati da Dalai. La sua bravura si riscontra sia nella trama sia nella lingua scorrevole sia soprattutto nella capacità di intrecciare, nella mente del lettore, spunti sociali e attuali molti interessanti, insieme a riflessioni sull’innocenza dell'infanzia e sulle potenziali dilatazioni temporali della vendetta. Ma, al di là di tutto, si staglia un’ulteriore possibilità: quella che il male fine a se stesso, il male totale imputabile al cattivo, in fondo in fondo non esista allo stadio assolutizzato.
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