Questo romanzo non esiste. Il fatto che io sia qui a recensirlo dovrebbe inficiare questa premessa, eppure così non è: Il libro segreto di Shakespeare non esiste... almeno nel mondo anglofono.
Intorno alla metà degli anni Duemila il giornalista e sceneggiatore Gene Ayres ha concretizzato anni di ricerche nel romanzo The Shakespeare Chronicles: quando però è andato a proporlo agli editori, si è trovato di fronte un muro impenetrabile. Con l’andar degli anni è riuscito a vendere il testo ad alcuni paesi stranieri - Russia, Polonia, Italia - ma ancora nel 2011 il mondo di lingua inglese rifiuta di pubblicare questo romanzo. Perché mai? Cosa viene rivelato di così “scottante” da ricevere un tale ostracismo?
Grazie alla lungimiranza della Newton Compton, noi italiani possiamo ora leggere ciò che la quasi totalità del resto del mondo ignora, cioè il romanzo negato che Ayres ha firmato con lo pseudonimo John Underwood, nome appartenente alla sua famiglia da generazioni, fino ad arrivare indietro nel tempo al giovane attore omonimo della compagnia teatrale dove lavorò Shakespeare.
L’unica notizia certa e sicura su William Shakespeare è che non avremo mai notizie certe e sicure su di lui. Non è tanto l’incredibile mancanza di tracce lasciate sia dall’uomo che dall’artista ad insospettire, quanto un curioso fenomeno: dal 1616 - data della morte - ad oggi, più il personaggio diviene famoso più spuntano notizie sulla sua vita. Oggi il bardo può vantare biografi d’eccezione con voluminosi tomi pieni di informazioni: come mai - ci si chiede - i biografi del XX secolo ne sanno infinitamente di più delle persone che teoricamente conobbero Shakespeare? Di grandi personaggi come Giulio Cesare o Alessandro Magno oggi non sappiamo moltissimo di più rispetto a ciò che scrissero i primi biografi, più di duemila anni fa: come mai in soli quattro secoli la conoscenza su Shakespeare si è moltiplicata sempre di più?
Sono domande oziose, così come assolutamente indiziarie sono le prove che, dalla fine dell’Ottocento, hanno instillato in molti la convinzione che non sia mai esistito un “artista” di nome Shakespeare: che cioè il celebre nome fosse null’altro che uno pseudonimo.
Ayres/Underwood amplia il discorso, sebbene comunque sposi una delle tesi storiche sulla vera identità dell’autore delle opere shakespeariane. (Tesi che non verrà qui rivelata per non “rovinare” la sorpresa.) Non rivelando “chi” Underwood indica come autore materiale delle celebri opere, si può comunque dire che qui non viene negata l’esistenza di un uomo di teatro di nome William Shakespeare: semplicemente viene visto come un imprenditore, un businessman in grado di gestire il lavoro di altri - di un ghost writer... nel verso senso del termine! - così come di amministrare le finanze teatrali e mille altre cose.
L’autore de Il libro segreto di Shakespeare adotta lo stratagemma tipico di ogni scrittore che voglia affrontare un mistero secolare irrisolvibile: la creazione di uno pseudobiblion. Un “libro falso” è quello che ci vuole quando le prove a disposizione sono importanti ma non schiaccianti: il ritrovamento (o la scrittura, in questo caso) di un testo che costituisca la smoking gun, la prova definitiva che sveli l’arcano, può essere affidato solo ad un libro che non esiste.
Nel caso di questo romanzo, è il saggio scritto dal professor Desmond Lewis, personaggio la cui scomparsa apre la storia: perché questo professore e la sua ricerca vengono fatti sparire? Cosa aveva scoperto di così “pericoloso”? (In fondo, si noterà, è la stessa domanda che ci si pone di fronte al fatto che il romanzo di Underwood risulta tuttora inedito in lingua inglese.)
Così seguiamo i protagonisti della vicenda - il giornalista Jake Fleming e sua figlia - che ripercorrono i passi di Lewis nel tentativo di ricostruire il risultato delle sue ricerche. La presenza della giovane Melissa, studentessa di teatro, permette di fare raffronti tra ciò che viene insegnato su Shakespeare e ciò che realmente si sa: due nozioni incredibilmente diverse.
Il thriller si sposerà quindi con la presentazione di vere ricerche, portate a termine dall’autore stesso del romanzo, che metteranno il lettore con le spalle al muro costringendolo a rivedere ogni più piccola nozione shakespeariana che gli sia capitato di incontrare nella vita.
In attesa di trovare un editore in lingua inglese, Ayres ha giocato un bello scherzo ai lettori. Oltre ad un thriller in cui si va alla ricerca del misterioso saggio del professor Desmond Lewis, egli ha anche scritto fisicamente questo immaginario saggio, mettendolo in vendita su Amazon con il titolo The Shakespeare Chronicles. Paradossalmente, quindi, il falso saggio di Lewis è edito in lingua inglese, il romanzo che ne spiega il contenuto no!
La Rete ha infine regalato un ennesimo inghippo a questo libro: nelle prime ore in cui Il libro segreto di Shakespeare è apparso in vendita su Amazon.it, come autore risultava Troy Underwood, “misterioso” autore che ovviamente non ha alcun legame con il nostro John, ma che lo stesso ha scritto un altro libro con un titolo shakespeariano: L’inferno del nostro scontento. Non è in fondo tutta la letteratura un immane gioco?
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