Lia Volpatti Milanese, giornalista, ha lavorato per 25 anni in Mondadori, prima alla Redazione degli Oscar, dove ha curato la collana "Gli Oscar del Giallo", poi alle redazioni di "Giallo" e "Segretissimo". Ha tradotto dall'inglese e dall'americano per Mondadori e Rizzoli circa 80 romanzi polizieschi. Con Oreste del Buono ha scritto Il Dizionario dei Detectives (2 voll., ed. Mondadori). Sul braccio di colei (Baldini & Castoldi), Il terrore corre sul Nilo, scritto per Hobby & Work con Lucio Nocentini.
Ha inoltre curato varie antologie, tra cui Mille e una luna (Mondadori).
Nel saggio Il segreto di Agatha (Alacran, 2006) si è confrontata con il mito di Agatha Christie in un'immaginaria intervista. Con Gian Franco Orsi ha scritto i saggi C'era una volta il giallo I — L'età d'oro del mystery e C'era una volta il giallo II — L'età del piombo (Alcran Edizioni).
L'Accademia Europea per le Relazioni Economiche e Culturali le ha conferito il Premio Internazionale alla Carriera per il Giornalismo (MS dal DizioNoir).
È membro della Giuria Letteraria del Noir in Festival di Courmayeur, insieme a Cecilia Scerbanenco (Presidente), Valerio Calzolaio, Loredana Lipperini, Cesare Martinetti, Carlo Oliva, Gianfranco Orsi, Sergio Pent, Sebastiano Triulzi, John Vignola.
Lei ha dichiarato: «Lo scrivere è un atto di donazione, perché ogni volta dai una parte di te. E ogni volta aspetti il consenso degli altri. Ogni volta ti metti in discussione. Ogni volta è una sfida». E la lettura, che atto implica? Potrebbe essere una forma di donazione e assimilazione insieme?
E aspetti anche il dissenso, la critica, l'ironia, l'invidia molto di moda in questi tempi. Ma tutto fa parte del gioco.Un gioco bellissimo nel quale bisogno continuare a creder e a praticare...nonostante tutto. Per se stessi, non per gli altri. Il confronto è sempre solo con te stesso. Gli altri sono il coro greco, e tu sei l'attore che parla dietro una maschera.
Se le chiedessi una definizione della parola “scrittore”...
Aiuto... quanti mila dollari per la risposta giusta? Non sono in vena di fare retorica né di prendermi, di prenderci troppo sul serio e dire frasi retoriche tipo "il bisogno di esprimersi, l'illuminazione che scende dal cielo come lo spirito santo..." e allora rispondo con una frase di Karl Kraus. "Certa gente scrive perché non ha abbastanza carattere per non farlo...."
Parliamo del Premio Scerbanenco, all’interno del Courmayeur Noir Festival. Un premio di indiscusso prestigio che ha però suscitato molte polemiche per quanto riguarda il sistema delle votazioni. Le opere in concorso attraversano tra momenti di valutazione. Alla prima selezione quali sono i requisiti imprescindibili di un romanzo, per finire nella rosa dei semi-finalisti (nel caso specifico di quest’edizione sono stati 15), oltre al genere?
Allora... sono vent'anni che si scatenano queste polemiche. Per gli esclusi il sistema di votazione non potrà mai essere giusto... Per quanto riguarda le scelte della Giuria Letteraria, i requisiti richiesti sono i soliti. Appartenenza al genere, prima di tutto (e anche qui si potrebbe aprire una discussione perché c'è un po' di confusione sulla vera connotazione del genere)... qualità della scrittura, sostenibilità e credibilità della trama, ecc. Io sono rigorosa sul genere. Il noir in teoria è una situazione psicologica. Il noir non è il tossico che col motorino va al parco Lambro ad accoltellare il pusher... NOOOO. Il noir dei grandi maestri (Jim Thompson, Highsmith, Woolrich, ecc.) si addentra nella disperazione, nella solitudine dell'individuo... il noir esplora l'area dell'ambivalenza tra il bene e il male. E non ricerca effettacci.
La seconda selezione: la giuria popolare che si esprime attraverso il voto on-line. Quanto tenete conto delle votazioni popolari?
Moltissimo, non vedo perché no. Anche se a volte sono distanti per esempio da alcune mie valutazioni. Ma è pur sempre il polso dei lettori... in buona fede, spero, e spesso anche degli impiccioni. Dei guastatori.
Il verdetto finale: quando la Giuria Tecnica si riunisce per stabilire il vincitore finale, com’è il clima? È rilassato, discutete, vi scontrate o siete sempre d’accordo?
Prima ci picchiamo... poi andiamo a mangiare la polenta condita da Alexis.
Ci racconta qualche aneddoto da dietro le quinte?
Non ci sono le quinte anche se spesso è tutto un bel teatrino... Be, una volta mi hanno fermata per chiedermi un autografo e mi hanno scambiata per la signora Fletcher...
Grande Jessica, la adoro... ma insomma... avrei preferito essere scambiata per Sharon Stone.
Ha dichiarato anche che «la fantasia pura non esiste, è un'idea astratta. Perché è la grande sintesi di tutto ciò che abbiamo visto e vissuto e assimilato, di tutti gli stimoli ricevuti dall'esterno. Il talento, la genialità stanno nella capacità di impossessarsi di questa grande sintesi, coglierla, forgiarla ed esprimerla nelle opere». Immagino che la risposta non sia facile né riassumibile, però le chiedo alcuni indizi dai quali si potrebbe riconoscere il talento.
Be', la risposta sta già nella domanda. Il talento è quell'inesprimibile qualcosa in più, che ti cattura, ti prende il collo e ti affascina.
Al di là del prestigio e della visibilità che conferisce il Premio Scerbanenco, secondo lei qual è l’apporto ulteriore di questo evento nel panorama letterario italiano?
Ma... intanto, visto che in Italia si legge poco, potrebbe essere un incentivo Questo in senso generale, perché i vincitori dei Premi Letterari vendono molto. Il pubblico ha bisogno di essere guidato e non solo e sempre dalla televisione. E poi Scerbanenco resta comunque un maestro dal quale molti potrebbero imparare.
Una delle discussioni più accese e recenti sul genere è relativa allo stato di salute del noir. Alcuni scrittori sostengono che sia morto, altri che sia in fin di vita, altri ancora che sia vegeto ma semplicemente abusato. Lei cosa ne pensa?
Penso che ogni anno salta fuori che al noir bisognerebbe dare l'estrema unzione. Dicerie messe in giro, secondo me, da molti che non sono più capaci di scrivere un vero noir (dove tanto per fare un esempio la politica non c'entra)... La strage di Bologna, il rapimento della Orlandi ecc. non sono materia da vero noir. Sono cronaca, sì, noir, ma cronaca romanzata. se pur ben scritti, ben costruiti ben tutto quanto. Come del resto non leggo più, ahimè, quei bei gialloni dalle geometrie perfette.
In questo momento di cosa si sta occupando?
Dello Scerbanenco, ça va sans dire e di un bel romanzo sugli Amish. Tra i quali a volte sogno di poter andare a vivere.
Ci saluta con una citazione alla “Scerbanenco”?
Difficile. Facciamo invece un saluto alla Strehler-Vanoni, che sono pur sempre Milano... Ma mi, ma mi, ma mi, quaranta di, quaranta nott... a leggere i vostri libri.
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