Chi non muore è un’altra prova di genere di Gianluca Morozzi, dopo il precedente Cicatrici (finalista al Premio Scerbanenco), entrambi editi da Guanda come molti dei libri della vasta produzione di questo scrittore bolognese classe '72. Lo stesso scrittore l’ha definito un progressive-noir
"perché è il contrario del post-noir, che andava verso l'intimismo, come il post rock.. il progressive supera il rock eliminandone le barriere di durata, di ritmo, di coerenza melodica".Del noir, in Chi non muore, si rintracciano un pluriomicidio (tre componenti di una band accoltellati a Bologna senza movente, così parrebbe, mentre il quarto componente, unico superstite, suonava a Roma) apparentemente senza soluzione e le atmosfere scure anche se, più che incupita, la lettura qui procede divertita trascinata dalla voce narrante della protagonista, che Morozzi ha il merito di aver prodotto abilmente e in tutta la sua femminilità. Abruzzese trapiantata nella città turrita, cantante pigra abituata ad allungare la mano per prendersi ciò che le piace, così fantasiosa da aver dato dei nomi da spanciarsi alle sue coinquiline (Acido/Acida o La Cosa, solo per citarne due) Angie è la vera star del romanzo. Sì, perché Angie ce la si immagina in carne ossa, tutta capricci, egocentrismo e simpatia, pappa e ciccia coi motori di cui si improvvisa provetta meccanica, bocca carnosa all’Angelina Jolie e sfrontatezza giocosa propria del suo status di ventiduenne. Poi c’è Mizar, il tastierista che suona melodie sublimi, l’unico superstite degli Inarcadia Ego: triste, ineffabile e misterioso quanto è misteriosa la sua conturbante sorella Valentina. Angie si innamora di lui ancor prima di vederlo, le basta ascoltarlo fuori da una sala prove e, dal momento in cui la freccia viene scoccata, la studentessa impavida si mette alla ricerca della verità (e all’abbordaggio del suo nuovo amore). Addentrandosi in un gioco pericoloso, Angie gioca a fare la detective con la complicità dell'amico gay/non gay Lucio, personaggio spassoso nonché grande arbiter delle librerie chic.
Corteggia Mizar mentre ammicca al lettore, Angie la furbetta, ma lo fa in maniera spontanea e alla fine ci si affeziona e le si perdonano gli opportunismi – si fa scarrozzare dal pretendente di turno, ad esempio – e, quando il lettore arriva a un terzo del romanzo circa, ripensa all’inizio e si rammarica di averla conosciuta in fin di vita in un incipit che anticipa la fine, protesa sul nastro della sua vita che si riavvolge. Sopravviverà Angie? Chissà.
Un altro colpo andato a segno per Gianluca Morozzi, diversi libri alle spalle (troppi per citarli tutti, ne basteranno alcuni: “Blackout”, “L’era del Porco”, “Colui che gli dei vogliono distruggere”, tutti editi da Guanda, la serie Factory per Fernandel e i libri-approfondimento quali “Nato per rincorrere. Bruce Springsteen, la vita, il rock, l’amore e nient’altro”, uscito con Castelvecchi).
Vorrei concludere con due paroline sulla scrittura. Una scrittura che avvicina il lettore al personaggio, lo prende per mano, a volte lo tiene col cuore sospeso, a volte lo fa sorridere, come nel momento esilarante in cui Angie racconta dei soprannomi dagli intenti infamanti che le affibbia il suo ex Jo:
«Mi insulta, bisogna dirlo, in modo creativo. Gli insulti di Jo, dal vivo o per messaggio, quando non cade nel trito e ritrito e si impegna, sono sempre composti di aggettivo e sostantivo accoppiati in modo inusuale.
Zoccola inutile.
Stronzetta atteggiata.
O il mio preferito di ogni tempo: Barbie bastarda».
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