Partiamo dal dato tecnico: non si tratta di un libro di narrativa ma di un saggio-indagine sui misteri di Bologna. Come hai proceduto a livello documentativo e metodologico? Ti sei basata anche su fonti testimoniali?
È stata una ricerca alla vecchia maniera, con molti treni presi di corsa e un bel po’ di visite a tutte le biblioteche della zona, testi prestati o rimediati e tempo passato nei polverosi scantinati delle redazioni dei giornali. Le testimonianze sono state necessarie per indirizzare il lavoro e dare al testo fondamenta solide.
“101 misteri di Bologna (che non saranno mai risolti)”. Qual è il mistero più nero?
Senza dubbio quello che riguarda i mandanti e i motivi della strage del 2 agosto 1980. Ho avuto la pelle d’oca per tutto il tempo necessario per scrivere quel capitolo. E rovistando tra gli articoli in una rivista di spionaggio inglese ho visto stralci della visione dall’estero della situazione dell’Italia di quegli anni. Ben diversa da quella interna.
E il più pulp?
Villa Clara, la casa infestata più famosa di Bologna. Per alcuni deve il suo nome a una bambina murata viva dal padre due secoli fa, per altri semplicemente all’ultima proprietaria, che ha fatto scrivere il suo nome in ferro battuto sul cancello.
C’è uno di questi misteri che ti era completamente sconosciuto?
Più di uno. Per esempio, ignoravo il fatto che fu proprio Nerone a ricostruire la città, devastata da un incendio, verso il 60 d.C. E c’è chi insinua che ci sia un legame tra l’incendio di Bologna e quello di Roma. E spero che questa guida risulti sorprendente per il lettore almeno quanto lo è stato per me scriverla.
C’è uno per i quali ti sei fatta un’idea sulla soluzione?
Per la maggior parte dei misteri non mi sono limitata all’esposizione della tematica e delle testimonianze; ho cercato di suggerire una soluzione, come nel caso del delitto Nigrisoli, basandomi su quanto scritto dai giornalisti dell’epoca.
La tua scrittura ha dato prova di sapersi adattare a diverse esperienze: ti sei misurata col gotico, con l’urban-fantasy e ora con la graphic novel “Bloodymilla”, a breve in uscita per Delosbooks, per cui hai curato soggetto e sceneggiatura. Come ti “prepari”, quando devi affrontare un nuovo genere?
Non ho un rituale di preparazione in particolare, mi alzo presto e dedico le ore del mattino alla scrittura. Il pomeriggio, in genere, è il momento della giornata in cui mi concentro su eventuali ricerche necessarie al mio lavoro.
Il personaggio di “Bloodymilla”, disegnato da Elena Cesena e Roberta Ingranata, è stato ispirtato a te, fisicamente? Capelli biondi, occhi azzurri...
Bloodymilla è ispirata alle eroine del fumetto anni Sessanta e Settanta come Zora, Jacula, Satanik. Nonostante la copertina la ritragga bionda per esigenze sceniche, i suoi capelli sono bianchi.
I tuoi libri sono stati tradotti all’estero. Hai notato una differenza nei lettori europei rispetto a quelli italiani?
Anche i lettori stranieri sono molto esigenti, esattamente come quelli italiani! E anch’io come lettrice lo sono, in effetti. Soprattutto considerando il prezzo di copertina che hanno raggiunto. A questo proposito mi viene in mente una differenza sostanziale tra i libri pubblicati in Italia e quelli pubblicati all’estero: all’estero costano meno!
Infrangerai la tua proverbiale scaramanzia e ci accennerai un progetto per il futuro?
Sono al lavoro su un progetto di narrativa mainstream, una sorta di ritorno alle origini. Un romanzo di formazione con sullo sfondo una pianura padana ricca di misteri.
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