Tra le pubblicazioni dell’estate appena trascorsa, va segnalata per la sua originalità un’antologia AAVV che propone le droghe come tema cardine. Anzi, per essere più precisi, l’essere umano in relazione alle droghe: debolezze, comportamenti ma anche precise scelte, che portano all’uso e/o alla dipendenza.
L’antologia s’intitola appunto Drugs, è edita da Guanda e curata dallo scrittore Divier Nelli, che ricordiamo anche ricopre il ruolo editor della collana I Gialli Rusconi.
I lavori raccolti sono nove, per altrettanti autori italiani: Cosmedin di Gianni Biondillo, Il tuffo di Teresa Ciabatti, La cagna di Laura Del Lama, Visto, ma mai guardato di Marcello Fois, Melencolia di Elisa Genghini, Quel cielo così bianco di Gianluca Morozzi, Un lavoro per vecchi di Divier Nelli, Bisogna esserci stati in mezzo di Valerio Varesi e Lo sciopero di Marco Vichi.
Diamo un’occhiata ai singoli testi.
L’unica, parziale peraltro, delusione m’è venuta dal racconto di apertura Cosmedin, di Gianni BIondillo, dove l’idea di una droga futura dalle incredibili conseguenze è utilizzato in modo tutto sommato pretestuoso, per strutturare in modo purtroppo non del tutto convincente un testo che si presta alla fantascienza allo scopo di veicolare temi prettamente cristologici. Ad un cultore, tra l’altro, pure di SF qual è il sottoscritto, fa comunque molto piacere che Biondillo abbia avuto il coraggio di giocare una carta fantascientifica.
Decisamente ben portato invece l’attacco al tabagismo esasperato, proposto da Marco Vichi in Lo sciopero, in cui (appunto) uno sciopero che porta alla mancata distribuzione di sigarette porterà all’estremo il protagonista, un professionista nella sua presunta maturità, con moglie e figli. Ne emerge un quadro non certo edificante, che tra l’altro è anche occasione per sottolineare svariate ipocrisie.
Altrettanto convincente è il racconto di Divier Nelli, Un lavoro per vecchi, dove l’affetto per la moglie gravemente malata e il senso di impotenza trascinano un anziano disperato a farsi corriere della droga, sulla Viareggio-Firenze. Molto umano, ben narrato.
Marcello Fois, con il suo Visto, ma mai guardato, ci propone un poliziotto dalla carriera e dall’esistenza fallimentari. Con i suoi problemi, le sue consapevolezze, e i suoi timori. Il fermo di un ventenne sospettato di spacciare davanti ad una scuola è l’occasione per prenderli in considerazione. Anche se non tutto è quel che sembra…
Non delude neanche Gianluca Morozzi, che in Quel cielo così bianco dimostra ancora una volta le sue doti di autore di contenuti, ma dall’approccio scanzonato. Il suo è un racconto che viaggia portato dall’ironia. Butta in pista il mondo dell’editoria e della scrittura (o meglio: degli scrittori) combinandolo allo scenario dei noti coffee shops di Amsterdam. Il risultato? Da leggere.
Un pugno allo stomaco arriva dalla proposta di Laura Del Lama, intitolata La cagna. In un rovesciamento di ruoli rispetto all’usuale, una madre confessa alla figlia il proprio convinto abbandonarsi alla droga, rovesciandole addosso in una cruda e terribile lettera il suo rancore represso. Lo fa per mezzo di una lettera, in cui spiega, senza mezzi termini, come e perché. Tanto ruvido quanto apprezzato racconto sull’eroina come via di fuga pienamente consapevole da un’esistenza (ordinaria) subita.
Il tuffo, scritto da Teresa Ciabatti, è un tuffo definitivo (forse persino fatale quando si uscirà dalla metafora), nell’abisso della vecchiaia rifiutata, oltre che della nobiltà decaduta. Bel racconto, benché forse la presenza delle droghe (cocaina, ma anche viagra a dosi massicce) risulti in fondo marginale.
E’ la vita in una comunità di recupero di tossicodipendenti la protagonista di Melencolia di Elisa Genghini. L’autrice vive e lavora a Bologna proprio come educatrice in una comunità simile, quindi sa molto bene di cosa parla. E lo narra forse in modo un po’ slegato, ma sicuramente con incisiva intensità, in una sorta di portfolio di immagini e momenti, di personaggi assolutamente vivi.
In Bisogna esserci stati in mezzo, di Valerio Varesi, un ciclista dopato confessa le sue colpe ad un giudice, ma spiega nel contempo le radici di una scelta sbagliata. Radici che s’aggrovigliano ad altre radici, in un mondo fatto di competizione sì, ma anche di enormi pressioni e paure. Di debolezze non prive di motivazioni, perlopiù legate alla società contemporanea. Una confessione che finirà per gettare un significativo ponte tra inquisitore e inquisito.
Il bello delle antologie riuscite è l’equilibrio tra la varietà di generi, di soggetti, di stili, con il tema cardine, che non deve essere tradito. Ebbene, in Drugs il filo conduttore promesso al lettore nel risvolto di copertina viene sostanzialmente rispettato, e pure in termini di ecletticità il libro vanta un’apprezzabile diversità di contenuti ed espressione narrativa.
Una buona antologia, quindi, di cui il curatore può sentirsi soddisfatto. Così come il lettore.
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