G.K. Chesterton immaginò che ai confini occidentali del mondo vi fosse un albero che è più e meno di un albero, «un albero posseduto da uno spirito», e che ai confini orientali ci fosse un’«altra cosa non precisamente uguale a se stessa, una torre per esempio, dalla forma malignamente deformata»: queste figure «violente e inesplicabili» chiudono il nostro mondo.
Danilo Arona ha fuso queste due figure in un unico terribile luogo: Malapunta è più e meno di un’isola, è posseduta da uno spirito, non è precisamente uguale a se stessa e soprattutto la sua forma malignamente deformata è violenta e inesplicabile.
La lettura di Malapunta cambierà la vostra realtà... a cominciare dal nome dell’autore!
Non pago dei molti pseudobiblia creati, Arona stavolta esplora il mondo degli pseudoepigrapha: libri attribuiti ad altri autori... di solito esistenti! Per saperne di più, e per svelare i segreti di Malapunta, abbiamo incontrato l’autore.
Personalmente ritengo “Malapunta” un capolavoro: a chi li devo rivolgere questi complimenti? Chi ha scritto il libro?
Il libro lo ha scritto Danilo, uomo colpito dalla ben nota sindrome di Personalità Multipla, sulla quale penso di non dovermi dilungare (ci sono anche degli ottimi film che la spiegano, da “Identity” all’ultimo Carpenter, “The Ward”...). A differenza di qualche suo collega che ritiene di non esserne affetto, Danilo - io principale e dominante - ne è cosciente e la “esprime” nella scrittura. Di volta in volta ci sono più “io narranti” a puntualizzare il cosiddetto “focus”. Tra gli ultimi arrivati, e decisamente più pericoloso e sovvertitore, c’è Morgan Perdinka. I complimenti vanno poi estesi a un piccolo team di amici, importanti per me a prescindere dal testo: in primis Andrea G. Colombo, che mi passò all’inizio del millennio un progetto intitolato “Rune” in cui erano già ben delineati elementi quali l’isola druidica, i monaci senza volto (Gutuater e soci), le rune in quanto “chiavi” per leggere il futuro. Volevamo farne un serial da proporre in giro, poi come sempre succede, non capitò nulla e allora chiesi ad Andrea se mi faceva ficcare un po’ di quel progetto, ambientato ai tempi di Nerone, dentro una storia moderna in cui volevo proporre un Robinson Crusoe dei giorni nostri, mentre il pianeta fa i conti con l’Apocalisse. Ovvio, nessun problema, anche se all’occhio non distratto non sfugge come l’antico progetto si sia poi sviluppato per Andrea ne Il Diacono. A seguire, Giacomo Cacciatore, amico fraterno e straordinario scrittore (a tutti gli effetti un “pezzo reale” di Morgan Perdinka) che nel 2004 lavorò da par suo sul testo. Ancora: Daniele Bonfanti e Simone Corà, per l’editing accurato a dir poco, le mappe e la consulenza scientifica. E Chiara Bordoni, biografa ufficiale “autorizzata” di Perdinka. Ah, la straordinaria cover di Diramazioni... I complimenti vanno estesi a tutti costoro. E una postilla tecnica: i ringraziamenti a Colombo e a Cacciatore per una svista sono purtroppo saltati alla fine del libro. Mi scuso a nome dei XII. Anche loro, nonostante le apparenze, sono umani.
Se Perdinka non esistesse, bisognerebbe inventarlo: quand’è che l’hai conosciuto? (I maligni direbbero “inventato”)
Scrivendo L’estate di Montebuio. In tutta la prima parte, ambientata nell’estate del 1963, totalmente e seriamente autobiografica, mi serviva un personaggio in terza persona nel quale calarmi. Ero sempre io, ma non potevo chiamarmi con i miei veri dati anagrafici. E allora mi sono inventato un personaggio di ascendenze greche (questo per dargli poi un cognome “da scrittore”...), totalmente credibile - due persone di origine greca le conosco anche ad Alessandria e hanno cognomi ancora più “invasivi”. Superficialmente i maligni hanno ragione: appunto, l’ho inventato. Ma nei reami della psicanalisi Perdinka se ne stava al buio, accucciato nel profondo, da qualche parte.
“Malapunta” scava nel profondo e crea davvero sensazioni inquietanti durante la lettura: qual è il segreto del suo autore?
La sincerità. Non esiste altro se non mettersi in gioco al 100%. Tutta la storia d’amore tra Nico e Gabry è la mia storia con Fabiana, mia moglie da trent’anni. Ovvio, esclusa la parte dell’incidente e delle sue conseguenze. Ed esclusa quella iniziale, in cui l’infermiera Gabry prende l’iniziativa con il paziente Marcalli. Ma la parte dell’incidente esiste perennemente come fantasma quotidiano. Lo insegnano Stephen King in letteratura e Paul Virilio nella saggistica: viviamo 24 ore al giorno nel terrore dell’incidente, quale che sia. Chi lo nega, mente a sé stesso. La società di oggi è una società “panica”, dalla borsa alle catastrofi. Ma sto scantonando, scusa. Tornando al segreto (di Pulcinella), confermo: per scavare nel profondo ed entrare in connessione con chi ti legge, devi scendere nel tuo profondo e tirar fuori le “Cose” che non si vogliono vedere. Questo per me è l’orrore. O l’horror, virando in letteratura.
Un giorno i tuoi pseudobiblia saranno tema di uno speciale, ma per ora mi limito a chiederti: cosa ti attira di più del grande gioco letterario dei “libri falsi”?
Come saprai, il peccato originale si chiama H.P. Lovecraft. Da ragazzino impazzivo per i suoi continui, occulti riferimenti al “Necronomicon” o al “De Vermis Myisteriis”. In seguito scoprii che il “Necronomicon” riusciva ad esistere, grazie a un gioco letterario dei discepoli di HPL. Personalmente ne possiedo più copie. Il meccanismo creativo dell’inesistente è qualcosa di magico, inafferrabile, ma anche di terribile. Come non esserne attratti? Negli anni Novanta, scrivendo un libro sul satanismo moderno, ho messo il naso in questa stramba realtà sotterranea in cui la pratica del satanismo “alto” si basa su libri, appunto, occulti e/o “maledetti”, che nessuno ha mai visto e tra i quali fa, appunto, capolino il “Necronomicon”. È certo, assodato, che esistono gruppi che utilizzano copie apocrife del tomo lovecraftiano per evocare entità, sostenendo che quel libro funziona. Ti cito un passo da “L’ombra del dio alato”: «Nel mondo dell’occultismo contemporaneo, tutti gli “addetti ai lavori” sono ormai convinti che, per quanto prodotto di fantasia, il “Necronomicon” sia dotato di una sua sinistra e autonoma forma di esistenza e in grado di aprire quella porta e consentire agli esseri mostruosi dell’Altra Realtà di penetrare nel nostro mondo. In pratica, dicono, Lovecraft ne avrebbe intuito i contenuti in seguito a suggestioni inconsce da parte di entità ultraterrene, che avrebbero agito sulla sua mente senza che lui neppure ne fosse consapevole. All’origine di questa convinzione c’è soprattutto il famoso occultista inglese Kenneth Grant, uno degli eredi del pensiero magico di Aleister Crowley». Da qui i gruppi magici sono partiti per concretizzare l’invisibile, al proposito del quale ti posso garantire l’esistenza di un Necronomicon custodito nelle biblioteche del Vaticano e del quale mi è transitata una copia apocrifa tra le mani. (Necronomicon. Magia nera in un manoscritto della Biblioteca Vaticana, a cura di Pietro Pizzari, Atanor, Roma 1993) Insomma, il terreno è affascinante e anche minato, manna per uno scrittore.
Se qualcuno scrivesse un romanzo e lo firmasse Morgan Perdinka, come reagiresti? Al di là delle ovvie questioni di diritti d’autore, ti farebbe piacere se qualcun altro si unisse al tuo gioco degli pseudoepigrapha? (Vonnegut odiò per sempre Farmer quando questi si firmò Kilgore Trout...)
Ne sarei lusingato. Peraltro non esisterebbero problematiche di diritti d’autore. Perdinka è un fantasma. È morto nel 2007 in un’altra dimensione (non parallela, ma in qualche modo “fusa” con la nostra) e “da questa parte” non ci sarebbe proprio modo di far valere progeniture artistiche.
E se qualcuno domani scrivesse un romanzo e lo attribuisse a Danilo Arona... come reagiresti?
Mah, non mi ritengo così appetibile nel gioco dell’impostura. Reagirei con una risata. Io, giuro, non ho problemi di sorta nella pratica del mestiere di scrittore. Mi hanno già “saccheggiato” un sacco di volte senza citare la fonte. Ma saccheggiare i miei dati anagrafici sarebbe una colossale scemenza. Non lo ritengo possibile. Con Perdinka, magari, potrebbe esistere una vaga possibilità...
Da appassionato e studioso di Stephen King, quale dei suoi libri falsi preferisci? Quelli del ciclo Misery? Quelli di George Stark? Azzardo un’ipotesi: quelli della serie “Dieci notti in” (case infestate, cimiteri infestati, ecc.) scritti da Enslin nel racconto “1408”...
Quelli di “Misery”. Hanno una concretezza maggiore rispetto agli altri che citi. Del resto sono il motore, pure sanguinoso, dell’autentico romanzo di King.
Userai ancora “libri falsi” nei tuoi romanzi e racconti?
Sì. Ce ne sono un paio nel libro che sto scrivendo con Edoardo Rosati e che al momento si chiama “Syndrome”, ma che forse cambierà titolo per non confondersi con altri similari. Uno è un saggio sulle “paure che vengono di notte” e l’autore è un greco. Beh, qui mi fermo... Comunque, confermo: userò ancora libri falsi e anche “altre” identità. Mio scopo recondito è quello di far scomparire lo scrittore Danilo Arona, da troppo tempo sulla scena. Ovvio, ne sorgerà un altro al posto suo. E non sarà Perdinka. Troppo scontato e smascherabile.
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