Un film particolarissimo e davvero indefinibile. Il fuorviante titolo italiano, diciamolo subito, mette fuori pista: qui non ci sono vendette, ma solo donne in cerca di redenzione.
La cerca Galia, ucraina che si ritrova prostituta ad Israele: oltre al dolore di aver abbandonato una famiglia in patria deve sopportare una vita di ulteriore dolore. Dopo l’ennesimo tentativo di fuga, la mafia ucraina - che gentilmente l’ha portata in quella città - le offre un patto: invece di prostituirsi può fare l’assassina su commissione. È sempre schiavitù, ma si fa del male invece di riceverlo.
Elinor è un’israeliana che ha una vita “normale”: viene picchiata regolarmente e quotidianamente dal marito senza poter dire nulla. Non c’è speranza nella sua vita... finché non arriva una nuova vicina di casa.
L’assassina della porta accanto - questo il titolo internazionale - già suona molto meglio di Vendetta assassina. Ma il titolo originale è Kirot, “pareti”: come le pareti che chiudono tutti i personaggi nel loro personale inferno, come le pareti che separano tutti in questo mondo, come la parete dove Galia disegna l’immagine della figlia che ha abbandonato, che invece può correre libera in un paesaggio senza pareti.
Il regista e sceneggiatore Danny Lerner fonde due film di Besson, Nikita e Léon, e li cuce addosso ai profondi e penetranti occhi dell’ucraina Olga Kurylenko, il cui ruolo da assassina probabilmente le valse la parte della selvaggia indomita protagonista del successivo Centurion (2010).
Non è un action movie, anche se si spara parecchio: è un vero noir con tanto di discesa all’inferno di entrambe le protagoniste. Perché l’una trova nell’altra una speranza di vita migliore, di redenzione. Ma si sa che, nei noir, la speranza si tinge sempre di nero...
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