David Peace, nato nel 1967 in Inghilterra nello West Yorkshire, vive ora a Tokyo. Nel 2003 la rivista Granta ha incluso Peace tra i venti migliori giovani scrittori della Gran Bretagna. E’ stato definito l’erede di James Ellroy ed uno dei migliori scrittori di “noir” degli ultimi anni. Millenovecento80 è il terzo romanzo del suo Red Riding Quartet ad essere tradotto in italiano dopo 1974 e 1977 pubblicati nel 2001 e 2003 dalla MeridianoZero. Tutti e quattro i romanzi gravitano attorno alle vicende reali dello squartatore dello Yorkshire che viveva a pochi chilometri dalla casa di Peace ragazzino e che è diventato per lui una sorta di ossessione.

La prima pagina di Millenovecento80 lascia un po’ turbati ed un po’ confusi. Per la scrittura, per i contenuti. Perché è una pagina, di parole scritte fitte fitte, senza punteggiatura e con continui cambi di soggetto, che racconta fatti raccapriccianti. Il tono della seconda pagina è diverso, è più tradizionale e più tranquillizzante. Alla quarta pagina si comincia a sprofondare. Ed aggrappati a Peter Hunter, vice capo della polizia della contea di Manchester, si continua a sprofondare per tutto il romanzo senza mai uscire dal nero. Dopo l’omicidio della tredicesima donna, a Peter Hunter ed alla sua squadra è affidato il compito di indagare su chi fino ad allora ha indagato sullo squartatore. Si trasferiscono a Leeds, dove è avvenuto l’ultimo omicidio, e vi stabiliscono il proprio quartier generale. Lì Hunter torna a lavorare con vecchi colleghi e ad indagare su di loro riportando alla luce vecchie storie e vecchi rancori. Lo chiamano “santo stronzo” e lo odiano perché sanno che scaverà e che scavando troverà il marcio. Quello che facciamo con il vice capo Hunter è un viaggio fatto di ossessioni, paure, solitudini in un mondo buio e corrotto: “E’ un grande mondo nero e schifoso pieno di milioni di inferni neri e schifosi, e quando questi inferni entrano in collisione ci conviene alzare il culo e tenerne molto ma molto conto.”

Quella che racconta Peace non è una semplice storia, non è solo la storia dello squartatore dello Yorkshire, sono un luogo, un tempo, tutta una nera realtà fatta di vittime, di paura, di poliziotti corrotti e anime disperate.

Lo stile di Peace è serrato, asciutto, incisivo. A tratti ossessivo nel trasmetterci le ossessioni del protagonista, raccapricciante nel descrivere le azioni dello squartatore, umano e disperato nel raccontare le vittime. E’ un romanzo incredibile che si legge tutto di un fiato e poi lascia in uno stato di allucinazione e vuoto. Si è trascinati nel suo mondo e si ha la sensazione di rimanere impantanati in tutto lo sporco che lo domina.