“Quando ho cominciato a scrivere Aquila di sangue, mi sono dato alcune regole. La prima era quella di agganciare l’attenzione del lettore entro le prime dieci pagine, e poi di mantenere un ritmo tale da spingerlo a continuare a girare le pagine. La seconda era quella di ottenere tutto ciò senza scendere a compromessi sulla qualità della scrittura…” Sono le parole con cui lo scozzese Craig Russell, 49 anni,  parla di sé e del suo lavoro in un articolo per il sito britannico Shots Magazine.

Beh, non si può dire che Russell non rispetti le regole: ben prima delle 10 pagine la nostra attenzione è catturata, e via via che si avanza, non vediamo l’ora di sapere come va a finire. Ed è pure scritto bene…

Amburgo, oggi. Il commissario capo Jan Fabel è impegnato nella caccia a un presunto assassino seriale che si fa chiamare "Figlio di Sven": un criminale che preannuncia con moderne mail delitti che si richiamano invece ad antichi rituali vichinghi. Come quello dell’Aquila di Sangue, in cui alla vittima viene aperto il torace ed estratti i polmoni, per mimare orrendamente un paio di ali… Scene in grado di mettere a dura prova l’equilibrio dei pur rodati poliziotti della Mordkommission (la Squadra Omicidi). La solita storia di serial killer, dunque? Forse… Ma se è così, come mai la seconda vittima aveva legami poco chiari con un ex-agente dei corpi speciali della polizia tedesca, radiato dai ranghi, che ora si guadagna da vivere come tirapiedi di un boss della mafia turca di Amburgo? Senza dimenticare che il mondo del crimine organizzato della città anseatica è in subbuglio: pare che in città si sia insediato un nuovo gruppo criminale, che sta assumendo il controllo sugli altri clan semplicemente decapitandone i vertici. E i nuovi arrivati non conoscono mezze misure… Per Fabel e i suoi l’indagine si presenta difficile, tutt’altro che priva di rischi personali, e ricca di sorprese, perché gli avversari non sono sempre dove te lo aspetti. Killer sanguinari, corruzione ad alti livelli, agenti segreti, l’ombra del terrorismo…

Non vogliamo assolutamente svelare nulla della trama, sarebbe un crimine, ma questo Aquila di sangue è uno dei migliori thriller che ci sia capitato di leggere da qualche tempo a questa parte, che non delude (cosa che spesso accade) neppure nel finale, un po’ diverso da come ce lo aspetteremmo.

Un esordio da brivido, una scrittura tagliente e controllata (ben resa da un’ottima traduzione) e un gruppo di personaggi umanissimi e credibili, che non mollano anche se ogni tanto le prendono, e che non vediamo l’ora di ritrovare; il tutto in un’ambientazione originale, molto più vicina a noi di Los Angeles o New York, eppure poco "vista" .

Una ulteriore dimostrazione, se mai ce ne fosse bisogno, che il thriller europeo è grande, vaccinato e cammina con le sue gambe. Peccato che per il seguito bisognerà aspettare fino a marzo 2006…

Solo un appunto, anche se non di sostanza: va bene lasciare in lingua originale gli acronimi, i gradi e i nomi dei vari dipartimenti della polizia tedesca, ma un glossarietto finale aiuterebbe forse il comune lettore a districarsi in questa piccola "selva oscura".