Cosa pensereste se una razza aliena di esseri superiori arrivasse sulla Terra e proponesse a tutta l’umanità di trasformare il pianeta in un vero paradiso? Che c’è sotto qualcosa!
La naturale propensione umana a pensar male - secondo cui, recita il vecchio adagio, ci si azzecca sempre - è alla base del delizioso racconto breve “Servire l’uomo” (To Serve Man, 1950) di Damon Knight, apparso originariamente su Galaxy Science Fiction nel novembre del ’50 e più volte ristampato in Italia dal ’64 in poi. Nel 1962 è stato poi scelto ed adattato da Rod Serling per l’omonimo 24° episodio della terza stagione del celebre programma televisivo “Ai confini della realtà” (The Twilight Zone).
Siamo nel futuro quando i kanamiti si manifestano al genere umano: si tratta di una civiltà incredibilmente progredita sotto ogni punto di vista che sta girando l’universo portando un messaggio di pace e di fratellanza, curando malattie e sistemando i problemi di vari mondi che incontrano. Non può esistere sul serio una tale civiltà, è la reazione umana: ci dev’essere qualcosa sotto.
Eppure i risultati sono di fronte a tutti: i kanamiti mantengono le loro promesse, sconfiggono la fame nelle zone povere della Terra, curano le malattie - compresi cancri e tumori vari - e risolvono ogni problema dell’umanità. L’unica soddisfazione che ne ricavano, dicono i kanamiti, è quello di portare pace e armonia nell’universo.
Questa risposta ad ogni interrogativo non basta a chi sta ancora cercando un motivo più “umano” a tutta questa beneficenza. Gli studiosi terrestri studiano un libro sottratto ai kanamiti ma, dopo tanta fatica, non riescono a leggere altro che il titolo: “Come servire l’uomo”. Sarà un manuale del buon samaritano spaziale? Sarà un saggio su come gli esseri stanno aiutando l’umanità rendendola pacifica?
La risposta arriva troppo tardi, quando cioè tantissimi terrestri sono già in viaggio verso il pianeta natale dei kanamiti per un viaggio in un mondo incantato e fatato. Troppo tardi i pingui terrestri, con le arterie ripulite dal colesterolo e le carni morbide e succose, capiscono che “Come servire l’uomo” è nient’altro che un libro di cucina...
«È un finale nel quale l’ultima frase o, se possibile, l’ultima parola, danno un aspetto completamente nuovo a un’intera storia - ha commentato Isaac Asimov quando il racconto è stato inserito nel numero 12 della collana di antologie “Le grandi storie della fantascienza”. - Anch’io ci ho provato di tanto in tanto, soltanto con modesto successo, ma suppongo che in tutti gli annali della fantascienza non sia mai stato fatto con tanto successo come in questo caso.»
Un racconto così stuzzicante non poteva essere ignorato da Rod Serling, che amava sì scrivere le sceneggiature degli episodi di “Ai confini della realtà” ma aveva anche l’intelligenza di utilizzare l’ottimo materiale di alcuni grandi firme (come Richard Matheson). Il 2 marzo 1962 portò sullo schermo la storia di Damon Knight rendendola più famosa di quanto già non fosse.
Venne posto molto l’accento sulla situazione politica in cui la vicenda veniva ambientata: la Guerra Fredda faceva sì che a tutti i concilianti capi di Stato venisse affiancato un russo sgradevole e maleducato, nella sana tradizione dell’irrisione del nemico del momento. Il rappresentante dei kanamiti viene caratterizzato in un modo oggi forse un po’ infantile, con un aspetto più da beota che da alieno, con pizzetto e occhiaie ma soprattutto con l’immancabile cervellone gigante, simbolo di grande intelligenza. In effetti gli alieni originali «parevano un po’ maiali, un po’ uomini», ma almeno non avevano l’aria idiota!
La storia viene comunque lasciata intatta, anche se la traduzione italiana trasforma lo pseudobiblion in “Per servire l’uomo”. Inoltre quello che nel romanzo era un libro rubato ai kanamiti, nell’episodio è da loro stranamente regalato: perché una razza aliena che si presenta come pacifica dovrebbe donare alle sue vittime un libro che spiega come le mangerà?
La storia ha anche vinto nel 2001 il particolare premio Retro Hugo per il miglior racconto del 1951, ma la versione di Serling non sarà certo l’ultima della storia: il terribile pseudobiblion fanta-culinario ha infatti avuto una certa fama nel mondo mediatico.
Nello primo speciale “La paura fa 90” (2x03) de I Simpson (25 ottobre 1990) un episodio (Hungry are the Damned) mostra Bart e Lisa che, rapiti dagli alieni Kang e Kodos, si accorgono che essi hanno un libro: “How to Cook for Forty Humans”.
Verso la fine di “Una pallottola spuntata 2½” (The Naked Gun 2½, 1991) durante una esilarante scena di panico appare inquadrato Lloyd Bochner (l'attore protagonista del citato episodio di “Ai confini della realtà”) con in mano il libro “To Serve Man” ed urla «It’s a cookbook!». Purtroppo il direttore del doppiaggio italiano non ha ritenuto il pubblico in grado di cogliere la citazione, così ha optato per un più sottile «Mi sto cagando sotto!»
In un episodio del 1994 della sit-com “Sposati... con figli” (8x14) il protagonista, parlando al telefono con la moglie, le dice che «“To Serve Man” is a cookbook!».
In un episodio grondante bibliofilia, “La setta fondamentalista” (Jose Chung's Doomsday Defense, 2x09) del telefilm “Millennium” (1997), Frank Black scopre che fra i libri scritti da un controverso autore ce n’è uno che parla della missione dell’Anticristo e che sembra stia mietendo vittime umane: il titolo? Ovvio: “Per servire l’uomo” (To Serve Man). La battuta del suo collega è obbligatoria: «Non dirmi che è un libro di cucina!»
Nella celebre serie fantascientifico-citazionista “Futurama” l'episodio “Il giorno della mamma” (Mother's Day, 2x14, 2000) il controllo remoto che usa il personaggio di Mamma ha due funzioni: “Serve Man (Regular)” e “Serve Man (Ironic)”.Sempre nel campo dell'animazione, il film “Madagascar” (id., 2005) presenta la variante “To Serve Lemur”, con relativa scena di panico dove viene gridato «È un libro di cucina!».
Chissà se Damon Knight era conscio di star creando uno pseudobiblion che avrebbe attraversato i decenni, ma soprattutto chissà cos’ha pensato del fatto che raramente il suo nome gli sarebbe stato affiancato. Ogni volta che viene gridato «È un libro di cucina!» si sta facendo infatti riferimento all’episodio di “Ai confini della realtà”, non al racconto dove la terribile frase viene semplicemente pronunciata. Come molte volte succede è il “libro falso” a divenire famoso, non l’autore: è anche questo il grande gioco degli pseudobiblia.
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