L'orlo dell'abisso, dei danesi Christian Dorph e Simon Pasternak, è edito nella collana Romanzi e Racconti di Dalai editore. Gli autori hanno iniziato a scrivere a quattro mani nel 2005, con “Om et øjeblik i himlen” (Un attimo in Paradiso). Si tratta del primo romanzo della trilogia – che verrà pubblicata interamente da Dalai editore – che vede protagonisti i poliziotti Larsen, Rohde e Jensen. Sono poi seguiti in Danimarca “Afgrundens rand” (L'orlo dell'abisso) nel 2007 e “Jeg er ikke her” (Non sono qui) nel 2010.

Un mercato pedofilo e omosessuale di minorenni, un omicidio in un “luogo proibito”, una sauna detta La Stanza, e un poliziotto, Rohde, che, poco lucido e senza volerlo, ci si trova in mezzo. La vittima è un famoso imprenditore, Keld Borh, abituato ad abusare di ragazzini provenienti dal Medio Oriente e dalla Turchia, spesso anche insieme ad altri uomini.

L’intreccio è ben congeniato e si dipana con naturalezza, la storia, ambientata alla fine degli anni ’70, tiene sospeso il lettore, i tre poliziotti protagonisti – Larsen, Rohde e Jasen – sono ben caratterizzati, ciascuno col suo rovello interiore e le sue ombre esistenziali: Rhode, gay ma con nostalgie della precedente famiglia etero, è in piena crisi sentimentale (giusto nell’incipit del romanzo becca il suo compagno a letto con un altro), Larsen, suo caro amico, ha la moglie in ospedale in balìa di un brutto male e Jasen, assistente di Larsen, – poliziotta scrupolosa, impeccabile, indefessa – deve fare i conti con un ex-marito violento che attenta alla tranquillità sua e del loro bambino.

La scrittura è fluida ma importante e la sintassi varia adattandosi ai dialoghi e alle parti narrative (da segnalare l’ottima traduzione di Ingrid Basso). I sentimenti, le incertezze, i precipizi individuali si mescolano sapientemente alla storia investigativa, con la conseguenza che l’impianto regge e, anzi, si rafforza rivestendo il giallo di sfumature noir. Anche perché dal narrato trapelano, più o meno espliciti, accenni alla società: «Volevamo la “democrazia economica”. Avevamo in testa solo quello. Ma nessuno voleva lasciare tutto il potere ai sindacati. A parte i sindacati stessi, ovvio. Si era giunti a un punto morto. Era andato tutto al diavolo. La socialdemocrazia, il Paese e la bilancia dei pagamenti.»