“I sette giorni dell’arca” (The Noah’s Ark Quest, 2010) di Boyd Morrison appartiene alla new wave dell’editoria: è nato come eBook autoprodotto e solo dopo, grazie al passaparola e all’accoglienza massiccia dei lettori, è divenuto libro stampato.
La trama riprende uno dei grandi miti dell’archeologia: il ritrovamento dell’Arca di Noè come testimonianza che il Diluvio universale (e il Genesi in generale) non sia un mito bensì un’eco di fatti storici reali. In realtà è un normalissimo thriller avventuroso che con l’archeologia ha davvero poco a che spartire: c’è un’infarinatura sufficiente a condire la storia ma non si va più oltre. Anche perché la trovata del romanzo - stuzzicante, va ammesso - è che l’acqua diluviana in realtà fosse solo il vettore di un virus talmente letale da falcidiare ogni forma di vita... ad esclusione di Noè e dei suoi animali rinchiusi in una grotta, che poi traduttori distratti hanno trasformato in nave.
La ricerca di questa grotta non è certo più semplice di una nave sul monte Ararat, e quindi l’autore deve entrare nel grande gioco degli pseudobiblia. Il padre della protagonista, infatti, «era convinto che un misterioso manoscritto chiamato “Libro della caverna dei tesori” fosse la chiave per trovare l’Arca di Noè. Il rotolo custodiva un segreto esplosivo a cui nessuno avrebbe creduto, a meno che non fosse stata trovata la vera Arca». La caverna dei tesori a cui il titolo del libro si riferisce è ovviamente l’Arca stessa, ma cosa questo manoscritto antichissimo - seimila anni d’età! - contenga realmente non è indagato da Morrison: con la scusa che l’azione in cui si trovano i protagonisti è serrata e che non c’è tempo per studiare manoscritti, il povero pseudobiblion è trattato molto velocemente.
In che lingua è scritto questo testo? «Si tratta di protoebraico del periodo tannaitico; è la stessa lingua usata per il Rotolo di rame, uno dei Manoscritti del Mar Morto. Non la si incontra spesso, ed è difficilissima da tradurre. Solo poche persone al mondo sono in grado di comprenderla»: non c’è bisogno di aggiungere che la protagonista è fra le poche persone in grado di comprenderlo. «Non è carta. È papiro. Lo stesso usato dagli Egizi. Senza la procedura di datazione al carbonio è impossibile stabilirne con certezza l’età, ma direi che ha almeno tremila anni. È precedente anche ai Manoscritti del Mar Morto».
Di cosa parla? «Non accenna soltanto all’Arca - viene specificato. - C’è molto di più. Qui è riportato l’intero libro della “Genesi”. Deve essere la versione più antica di un documento biblico. Descrive la creazione dei cieli e della terra, il Paradiso Terrestre, Adamo ed Eva, ma il racconto è ancora più ricco di dettagli. Non ho mai visto nulla del genere. È straordinario!» Ma quello che davvero interessa è la presenza di coordinate e di una specie di filastrocca che servirà ad aprire passaggi segreti e a portare all’Arca.
“Libro della caverna dei tesori” è purtroppo un titolo davvero minore, in quanto malgrado il suo fascino è trattato in modo sommario dal romanzo che gli dona la luce.
Dopo tanti illustri personaggi del mondo scientifico che sono finiti in un thriller poco ispirato ma molto “furbetto”, tocca ora al celebre Albert Einstein. Il genio tedesco (naturalizzato svizzero) non è certo famoso per aver lasciato misteri nella sua attività, ma tutti hanno degli scheletri nell’armadio e qualche “mistero misterioso” non lo si nega a nessuno.
Il protagonista de “L’ultima risposta di Einstein” (La última respuesta, 2009) di Álex Rovira e Francesc Miralles scrive testi per la radio. Un giorno (anzi, una sera) finisce in trasmissione per sostituire un ospite e deve sostenere un dibattito con Juanjo Bonnín, autore del corposo saggio “Einstein relativamente chiaro”: un titolo che ovviamente strizza l’occhio alla Teoria della Relatività che più di un detrattore ha voluto vedere come troppo “ispirata” a teorie preesistenti se non addirittura contemporanee.
Il nervosismo fa sì che il nostro eroe faccia capire in trasmissione di essere a conoscenza di un mistero legato al geniale Albert, al che si metterà in moto un insieme di eventi che lo vedranno all’improvviso coinvolto nella sistemazione di una corposa biografia einsteiniana, “Biografia definitiva di Einstein”, scritta da un certo Yoshimura morto in circostanze misteriose.
Tramite l’elenco massiccio di dati, nozioni e aneddoti presi dalla vera vita di Einstein e un’entusiastica quanto acerba fantasia i due autori di Barcellona mettono in piedi un thriller ben poco appassionante. Il furbo escamotage di intrigare il lettore con il vero Einstein facendogli così sorvolare sulla pochezza della finta storia non convince ed anzi a volte infastidisce. Siamo d’accordo che una biografia di Einstein è lungi dal vendere quanto un thriller sullo scienziato, ma visto che la parte thriller è la meno convincente (esce fuori di nuovo la Quintessenza, incontrata ne “Il testamento di Gesù” di Eric van Lustbader: poteva mancare poi una Fratellanza?) possiamo ben sperare che “L’ultima risposta di Einstein” sia davvero l’ultima.
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