Ora segnata, l’ultimo romanzo di Angelo Marenzana pubblicato con la casa editrice romana Iris 4, segna il ritorno letterario del commissario Augusto Bendicò, dopo la sua prima apparizione nel precedente Legami di morte (Dario Flaccovio Editore, 2008). Siamo ancora a spasso tra le pagine del ventennio, ma questa volta (visto che gli anni passano per tutti e quindi il nostro commissario non è indenne dai segni dell’invecchiamento) la storia narrata fa un balzo dall’epopea imperiale del 1936 di Legami di morte, per vivere il clima dei primi giorni dell’entrata in guerra dell’Italia. Già lo stesso titolo rievoca il celeberrimo discordo del Duce, tenuto con foga oratoria dal balcone di piazza Venezia il 10 giugno del 1940, e da quel momento rimandato alla storia come il giorno delle decisioni irrevocabili.
È questa l’atmosfera che respira Augusto Bendicò mentre svolge il suo compito di poliziotto quando la quiete di una cittadina di provincia come Alessandria (e non dissimile da tante altre piccole realtà geografiche di quel periodo), viene sconvolta da un omicidio. La vittima è Vittorio Torre, fotografo, cittadino perbene e dal comportamento irreprensibile, come tutti dicono. Come spesso succede però, un omicidio rivela sempre un lato oscuro, e questo accade anche per il malcapitato fotografo custode di un torbido segreto che rende la sua esistenza tutt’altro che irreprensibile candidando di conseguenza una serie di persone al ruolo di possibili omicidi. Ma si sa, le persone perbene hanno amici che non sono da meno, e allora, per proteggere il nome un cittadino amico del regime, ma soprattutto per non scoperchiare vasi di Pandora, si scomoda finanche l’Ovra (potente polizia segreta fascista con compiti di vigilanza e repressione di organizzazioni sovversive) che tenta di ostacolare l’operato del commissario.
Benedicò non si scompone e inizia a indaga con lentezza e pazienza, sa cogliere nei volti delle persone quell’attimo di smarrimento rivelatore e ha l’intuizione dei grandi detective. Non è un super eroe però, non ha sguardi ammalianti né colpi da ko, è il poliziotto buono e cattivo al tempo stesso. È solo, nelle indagini come nella vita, poliziotto senza alter ego, se si eccettua l’amico medico legale che però non è il classico collega da pattuglia, e vedovo inconsolabile che cerca riparo tra le braccia di una prostituta di un bordello che si rivelerà parte della matassa legata all’assassinio del fotografo.
L’omicidio verrà svelato alla fine, come in tutti i gialli, ma senza colpi di scena. È un finale malinconico quello di Ora segnata. È infatti la malinconia ad accompagnare il romanzo, una malinconia che l’autore rende benissimo e che non disturba: la malinconia per l’amore prematuramente scomparso che attanaglia l’esistenza di Bendicò e che solo con una professionista può provare a mascherare. Ma si può leggere anche la malinconia per una patria che opprime e sopprime, che non lascia pensare e agire liberamente, che crea una cappa di costrizioni che sembrano però svanire con l’arrivo di un fumoso piatto di baccalà con patate accompagnato da un immancabile bicchiere di barbera. L’autore sembra volerci dire che il cibo e il vino, serviti in un fumoso locale, dove nessuno vede, ma dove tutti, abbiano la capacità di creare un luogo neutro, uno spazio di libertà, in cui Bendicò può trovare la forza e gli elementi per svelare l’arcano.
È un bel romanzo, questo di Angelo Marenzana. Ora segnata è consigliato soprattutto per chi leggendo vuole scoprire profumi e luoghi del passato, un romanzo grigio, il colore di Alessandria, che non sta per scialbo ma per nero e bianco che si combinano insieme. Ma che sono anche e soprattutto colori indipendenti, autonomi, in grado di essere distinti tra di loro, perché la penna sapiente dell’autore riesce a farceli vedere tutti e tre. Con l’augurio, come ha modo di scrivere nell’introduzione al romanzo Ernesto G. Laura che “l’autore riprenda ancora in altri romanzi la figura di questo commissario disilluso e nondimeno ligio al dovere. Un personaggio destinato a rimanere.”
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