Gli occhi della tipa mi guardavano ancora come se avessi le antenne e quattro mani.

«Ma basta parlare di me e dei miei hobby», tagliai corto. «Parliamo di te: perché stai cercando me?»

Dopo un attimo, in cui probabilmente valutò la possibilità di darsela a gambe levate, la ragazza si decise a svuotare il sacco. «Io mi chiamo Vanessa, e ho bisogno di aiuto per ritrovare un mio amico scrittore, che da tempo non dà più notizie di sé.»

«Ti fermo subito, tesoro. Per questo c’è la polizia: io cerco libri, non persone.»

La donna si imbronciò. «C’è proprio bisogno di chiamarmi “tesoro”? Ok, il suo nome è Marlowe, ma non è che deve per forza parlare con questo simil-slang maschilista pulp. Io le sto dando educatamente del lei, non può fare lo stesso?»

«Credo che ora “lei” capisca perché mi dedico ai libri, anche bagnati: non mi tocca sentire le loro lamentele», tirai fuori una matita e la misi in bocca a mo’ di sigaretta. «Mi dica, signorina, si è rivolta alla signora? Capisce il gioco di parole? La polizia, la madama, la signora...»

Non stavo certo guadagnando punti con lei. «Mi sembra ovvio che già ho informato le autorità, ma non è stata aperta alcuna indagine. Quello che ancora non le ho detto, infatti, è che il mio amico scrittore dopo essere scomparso... ha cominciato a scrivere!»

Lo disse con un’enfasi del tutto fuori luogo. «Uno scrittore che scrive... dove andremo a finire di questo passo?» Bofonchiai con la matita in bocca.

«Quello che intendo», grugnì Vanessa, «è che il mio amico prima di scomparire aveva un forte blocco dello scrittore, quella paura della pagina bianca che se ti prende non ti fa più scrivere una riga. Poi scompare, e qualche giorno dopo - come per magia - appaiono articoli e interviste sui giornali e addirittura una testata letteraria annuncia l’imminente uscita di un suo nuovo romanzo... Ma quale romanzo, che non scrive una riga da almeno un anno!»

Mi passai la matita da una parte all’altra della bocca, mugugnando. «E se il suo amico si fosse ritirato da qualche parte per poter scrivere meglio, più concentrato? Magari interrompendo i contatti con lei gli si è sbloccata la penna.»

«Guardi che non sono mai stata io il suo problema, anzi: sono stata sua ispiratrice e lo sa Dio quante volte l’ho spronato a scrivere.»

«Dio lo saprà», dissi alzandomi, «ma non io. Ammettiamo pure che non sia stata lei il problema, rimane il fatto che il suo amico scrittore a quanto pare abbia superato il blocco: l’unico neo - a quanto mi pare di capire - è che non si fa sentire con lei. Strano, in effetti, lei è così simpatica...»

Vanessa non replicò - al massimo avrà fatto qualche gestaccio, ma io ero di spalle e non me ne accorsi. «Cosa mai potrei fare io, signorina?» dissi mentre guardavo come si stava asciugando una vecchia copia della Lilith di Salvator Gotta.

«Capire chi sta realmente scrivendo i testi con la firma del mio amico, e fargli sputare cosa ne ha fatto di lui.»

Mi girai a guardarla: «“Sputare”? Lei può parlare pulp e io no?» Sorrisi poi tornai al libro che avevo sotto mano. Lessi: “Io nacqui il giorno in cui cessai d’essere semplice, ossia il giorno in cui m’apparve la prima donna mandata da Dio a complicare la mia anima e i miei sensi”. Come diavolo potevo spiegare a chi non capiva il gusto di trovare frasi del genere nella poltiglia delle cantine?

«Allora, Marlowe, accetta il caso?» il tono di Vanessa era ormai sferzante. Si era alzata e mi fissava dritta negli occhi: non mi guardava più come un matto, ma come un insetto. Posai delicatamente Lilith e la guardai strafottente. «Non dico mai di no ad una pupa. Ma devo sapere almeno come si chiama il suo amico scrittore, che non scriveva e che adesso scrive.»

Vanessa chinò la testa, allungò una mano e indicò un libro sul tavolo, arricciando il naso per il cattivo odore. «Si chiama Cornelio Bizzarro. Questo che ha qui è il suo primo libro, Il club della paura, roba vecchiotta ma sempre buona. Pare che sia imminente l’uscita di 4 salti nel buio, che io sono sicura non abbia scritto lui.»

Fissai il libro che mi aveva indicato. «Per la barba di quell’Omar che leggenda vuole abbia dato l’ordine di distruggere la Biblioteca di Alessandria!»

«Ma le fa sempre così lunghe le imprecazioni?»

Non le badai. «Avevo letto solo Cornelio e credevo fosse un testo latino, o di magia - tipo Cornelio Agrippa. Se sapevo che era una roba del genere lo lasciavo in quella cantina fangosa.»