Provò alla contrada di S. Marco. Niente. A quella dei Leoni. Niente. Poi chiese a quelle di S. Antonio, dei Dragoni, di S. Martino e dei Delfini. Niente. Poi alla contrada di S. Francesco fece centro. Se lo ricordavano. Era un genovese che per un po’ si era allenato con loro per il Gioco, ma prima di giugno aveva dovuto rinunciare per problemi di ernia del disco. Si chiamava Christian Serrando, no, Ferrando. Sì, si chiamava proprio Christian Ferrando. Casali cercò sull’elenco telefonico se per caso avesse una casa in città, e fece di nuovo centro.

Doveva essere la sua giornata fortunata, ogni cosa filava liscia. Segnò l’indirizzo e il numero telefonico dell’uomo e si recò lì immediatamente. Parcheggiò la macchina come d’abitudine in una stradina poco distante dalla casa, di fronte a un passo carrabile, e raggiunse a piedi il portone del caseggiato. Suonò al citofono, ma non ebbe nessuna risposta.

La stanza che si intravedeva dalla finestra sulla strada era al buio. Il Bisonte non era in casa. Pazienza. Comunque era evidente che quella casa era abitata, le imposte delle finestre erano spalancate. Si nascose in un vicoletto da cui poteva tener d’occhio il portone, e si mise di sentinella.

Erano passate sei ore da quanto era di vedetta. Aveva fame, una fame che gli sembrava atavica, aveva freddo, e soprattutto, e più grave di tutto, doveva andare al bagno. Assolutamente. Saltellò un po’ in giro cercando di non pensarci, ma era una cosa che non poteva più essere rimandata. Stava per farsela addosso. Vide che un bar era ancora aperto, e decise che era il caso di andarci. Si sarebbe liberato la vescica e avrebbe bevuto qualcosa di caldo.

Si incamminò saltellando sul marciapiede verso il bar, quando una figura enorme con in mano due sacchetti di plastica pieni di generi alimentari sbucò dall’incrocio.

“Cazzo… è lui”. Anche l’altro l’aveva riconosciuto, e aveva mollato la spesa. L’investigatore non era impreparato, questa volta aveva portato con sé la sua pistola, una Heckler & Kock P7…

E che pistola è?

Veramente, di armi non ne capisco una mazza, l’ho presa dal racconto di un altro.

E allora, se di armi non ne capisci niente, tanto vale che mi fai impugnare una bella 44 Magnum come quella dell'ispettore Callaghan.

La pistola di “Dirty Harry”? E perché no?

…ma per l’occasione ne aveva con sé anche un'altra, una 44 Magnum che impugnò repentinamente.

«Stai fermo lì, scimmione!».

Ma lo scimmione non stette fermo e fece il movimento di infilare una mano sotto la giacca. Se l’era voluta. Casali schiacciò il grilletto, solo che l’arma non sparò, si era inceppata. L’altro non si lasciò sfuggire l’occasione, estrasse la sua pistola ed esplose due colpi. L’investigatore avvertì un dolore lancinante.

Ma allora me lo fai apposta! Mi fai anche sforacchiare come un gruviera. È un vero piacere esser protagonista delle tue storie… A parte che non vedo come una pistola a tamburo si possa inceppare, insomma non è mica un’automatica…

Sì, forse hai ragione, t’ho pure detto che non ne capisco niente di armi da fuoco, e in ogni caso faccio un po’ come mi pare.

No! Adesso questa parte tu la riscrivi…

Guarda, non ti sto neanche a sentire…

Casali si risvegliò il mattino dopo in un letto di ospedale. Era stato operato d’urgenza. Accanto a lui c’erano di nuovo la signora Martini e la signorina Zolden, che indossava questa volta un vestito a fiori. Stava diventando un’abitudine per lui svegliarsi attorniato da quelle due.

«Mi hai fatto prendere davvero un grosso spavento – disse la signora Martini – Bisogna che ti riguardi un po’, ragazzo mio!», lo rimproverò lei amorevolmente. Anche se da tempo in pensione, della maestra che fu, era ancora immutata in lei il temperamento dell’istitutrice; un’indole che cominciava un tantino a infastidire Casali.

Il dottor Giuseppe Sileo gli disse: «É stato davvero fortunato signor Casari, una delle pallottole le ha trapassato l’avambraccio destro, e l’altra la parte superiore del torace destro a pochi centimetri dal cuore».

Ma le vedi le fesserie che scrivi? Sarebbe stato pericoloso se mi avessero colpito a sinistra, il cuore sta là. Correggi subito.

Ormai è fatta. E poi è plausibile. Giuseppe non ha studiato medicina, ma ingegneria.

La spalla e il braccio destro erano bloccati da un tutore e da una robusta fasciatura, mentre una flebo era stata infilata nel suo braccio sinistro. Se l’era vista davvero brutta. Se quel bestione avesse saputo sparare, ora avrebbe ricevuto visite solo per il 2 di novembre.