Domenico Seminerio, già insegnante di Italiano nel liceo della sua città, Caltagirone, dove vive, ha pubblicato alcuni saggi di carattere storico e archeologico, frutto della sua collaborazione con la Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale, i due poemetti Parole come chewing-gum e Ghirigori e parabole con l’editore Tringale di Catania, ed infine con Sellerio editore i tre romanzi Senza re né regno (2004), Il cammello e la corda (2006), Il manoscritto di Shakespeare (2008). Una sua novella, Il nero dell’Etna è stata inserita nell’antologia Delitti in provincia di Guanda Editore. Ha vinto con i tre romanzi numerosi premi letterari, tra cui il “Domenico Rea”, il “Corrado Alvaro”, il “Premier roman” di Chambery, il “Primo romanzo” Città di Cuneo, il “Città di Viagrande”, ed è stato finalista a “Un libro per l’estate 2006” e al “Giuseppe Dessì”
Una storia fra realtà e leggenda, quella raccontata ne Il volo di Fifina.
La storia comincia ai giorni nostri ed è riportata indietro nel 1936 con continui flashback attraverso le parole dello zio del protagonista.
Tutto inizia con il ritorno in Sicilia, nella terra del padre, di Gerlando Montevago, un travet milanese inconsapevolmente stanco della vita che ha condotto fino a quel momento. Chiamato insistentemente da un vecchio zio per una misteriosa questione ereditaria, lascia il suo tran tran per qualche giorno.
La svolta nella vita di Gerlando avverrà, e totale, a contatto con una terra carica di colori, odori e traboccante sensualità. La magia, insieme a tutto ciò che varca il confine labile dell’irrazionalità, erompe nella vita del razionale Gerlando e lo travolgeranno in un vortice.
Attraverso le parole dello zio rivivranno stupefacenti storie familiari intrecciate a quelle del paese, tutte legate all’attualità da un doppio filo: quello del mistero e della stregoneria.
Ne esce un racconto fantastico e corale di una Sicilia mitologica che non c’è più, e forse che non è mai esistita.
Proprio di miti si tratta, non quelli classici della Magna Grecia, ma le credenze popolari frutto del connubio fra religiosità cristiana e paganesimo. La storia della strega Fifina, del suo volo in mongolfiera e della sua misteriosa ricomparsa settanta anni dopo, affascinano e stupiscono il lettore. Ma non è finita: a ingarbugliare la matassa ci si mettono di mezzo somiglianze inverosimili, il numero satanico 666 che riaffiora nelle circostanze più imprevedibili e strane voci e tremori si trasmettono a chi si avvicina a una vecchia pianta.
In un gioco di specchi e di rimandi borgesiani, persone e ombre affiorano dal passato, scompaiono per poi tornare sotto altre forme, in una sorta di circolarità della storia.
“Forse, in un processo non accessibile alla comprensione umana, al di là di ogni elegante e sterile disputa teologica, bisogna semplicemente ammettere che il passato non passa. Mai.” (p. 205)
Lo stile è scorrevole; qualche pagina di troppo sulle descrizioni minuziose dell’attività della strega Fifina e delle sue fatture “a sciogliere” e “a legare”, per guarire dai vermi e per rendere sterili o impotenti.
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