«Il Bibliofilo si diletta de’ libri buoni e rari e ne fa collezioni con amore intelligente. - Il Bibliomane, ha la mania, la pazzia de’ libri, e tira a ammassarli, o buoni o cattivi, pur che sian libri»: così scriveva G. Frizzi in un Vocabolario dei sinonimi di metà Ottocento. E chiudeva: «Un Bibliofilo può col tempo ammalarsi di Bibliomania; con la Bibliofilia il Bibliomane non ci ha nulla che vedere: egli sta meglio nel manicomio che in biblioteca.»
Malgrado la si conosca da quando esistono i libri, la bibliomania solo in tempi recenti è divenuta materia da romanzo, elemento importante di una storia “gialla”. Uccidere per vendetta, per amore o per odio è un meccanismo accettabile ed accettato; usare l’intelligenza e la furbizia per indagare è naturale per un protagonista positivo. Ma uccidere per dei libri, o usare questi per risolvere un caso? Si rischia di esser poco credibili...
Per fortuna ci sono stati - e ci sono - autori intelligenti e coraggiosi che hanno deciso di infarcire i propri romanzi con bibliofilia, se non addirittura con la più pericolosa bibliomania. Per sapere come sono nate e sviluppate queste due all’interno della letteratura (di genere e non) dall’Ottocento ad oggi, basta lasciarsi guidare dal nuovo saggio di Mario Baudino: Ne uccide più la penna.
Con uno stile leggero ed accattivante, lo scrittore e giornalista illustra in modo spumeggiante il frutto di ricerche certosine e sicuramente faticose. È un viaggio che tocca lidi inaspettati e ci fa incontrare personaggi sconosciuti anche se a noi familiari.
La figura dell’investigatore colto ed intellettuale è comune a molte detective stories, così come quella del rude e manesco uomo d’azione in seguito: indipendentemente dalla pasta del personaggio, l’amore per i libri nasce e cresce spontaneamente.
Dal fine ed altolocato Lord Peter Wimsey di Dorothy L. Sayers al libraio hard boiled Cliff Janeway di John Dunning; dal posato e riflessivo Nero Wolfe di Rex Stout al duro Philip Marlowe di Raymond Chandler (che alla sua prima apparizione indaga in una biblioteca!); passando per gli italiani De Vincenzi di Augusto De Angelis e il commissario Melis di Hans Tuzzi (Adriano Bon), ma non dimenticando i capisaldi come Anatole France e Charles Nodier, il saggio di Baudino chiude un affascinante cerchio intorno all’amore per i libri che i personaggi più inaspettati hanno saputo dimostrare dalle pagine scritte dei loro autori.
Può un libro uccidere? E si può uccidere per un libro? Malgrado il grande fascino di queste due domande, non sono molti i romanzi che ne parlino: bisogna essere dei veri segugi per stanarli. Anzi, dei cacciatori di libri: personaggi questi ammantati di fascino ma fin troppo sottovalutati a livello letterario.
“Ne uccide più la penna” è un libro da leggere tutto d’un fiato ma che poi va digerito con calma e riletto più volte. Va ingurgitato subito e poi spiluccato in seguito, va posto bene in vista negli scaffali di casa anche perché la grafica di copertina ha un fascino innegabile. In una parola, è uno di quei libri che diventano parte di noi stessi, trasformandoci nel Prospero della Tempesta shakespeariana: di lui Calibano dice «Senza quei libri, è un povero sciocco come me».
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