C’è il cadavere di una donna uccisa in modo violento; c’è un sergente disilluso e dal cuore duro che indaga; c’è una scena del delitto con tracce da seguire. Un classico del genere, insomma, se non fosse per un elemento che di solito non si trova in questo tipo di storie poliziesche: un libro di poesie insanguinato.
Il sergente Lloyd Hopkins, studiando la camera da letto dov’è stata ritrovata barbaramente uccisa Julia Lynn Niemeyer, si imbatte in «una grande brossura intitolata “La furia in seno: Antologia di prosa femminista”. «Aprì alla pagina dell’indice, e si sentì mancare quando vide delle macchie brune sulla copertina interna. Continuando a sfogliare il libro, trovò le pagine incollate di sangue raggrumato e sbavature insanguinate che si affievolivano a mano a mano che arrivava alla fine del libro. Quando arrivò alla quarta di copertina patinata, diede un ansito. C’erano due impronte digitali parziali sanguinolente, nettamente delineate sulla carta bianca. Indice e mignolo, quanto bastava per fare un controllo».
Il brano è tratto dal romanzo “Le strade dell’innocenza” (Blood on the Moon, 1984) dello scrittore statunitense James Ellroy, di certo poco interessato agli pseudobiblia ma che ha condito la sua storia cupa con un libro di poesie davvero particolare. Malgrado non abbia molta importanza ai fini della storia, è proprio “La furia del seno” che spinge il sergente Hopkins sulla pista della poesia («Sulla scena del delitto ho trovato un libro, “La furia in seno”. Sono sicuro che l’assassino si interessi di poesia, forse di poesia femminista in particolare. È per questo che sono qui»): chiederà infatti aiuto a Kathleen McCarthy, poetessa ma anche femminista d’assalto e curatrice di una libreria specializzata nell’argomento. Sarà lei, più che lo pseudobiblion a risolvere l’enigma di un impressionante numero di donne uccise e un serial killer che da anni sfugge alla giustizia.
Dolendoci che “La furia del seno” (in cui «una poetessa lesbica descriveva la sua amante come una serie di “pieghe d’umidore pluriunite”») sia uno pseudobiblion quasi del tutto ignorato dal suo autore, rimarchiamo il fatto che invece il newyorkese James B. Harris ha saputo riportarlo a nuova vita. Egli è il regista e sceneggiatore di “Indagine ad alto rischio” (Cop, 1988), pellicola che rimaneggia ed adatta per lo schermo il romanzo di Ellroy, con uno sfavillante James Woods nel ruolo del sergente Hopkins ed una affascinante Lesley Ann Warren in quello della McCarthy.
Harris dona maggior risalto allo pseudobiblion e lo trasforma: “La furia in seno” di Ellroy diventa “Furia nell’utero” (Rage in the Womb) di Pamela Van Dyke. (Non staremo a sottolineare come curiosamente il cognome della falsa autrice femminista ricordi quel “dick” che nello slang americano indica il membro maschile!) Il film presenta tanto di copertina, di foto dell’autrice e di deliziosi commenti nella quarta di copertina: «This “womb” has teeth!», questo utero ha i denti...
«Voglio informazioni su questo “Furia nell'utero” - chiede il sergente Hopkins cinematografico, - di cosa parla, che genere di libro è? Nel suo negozio è mai entrato qualche tipo strano (penso a degli uomini sulla trentina) che ha acquistato libri femministi? Che aveva atteggiamento aggressivo, o in ogni caso anormale?»
«“Furia nell’utero” è un libro arrabbiato - spiega la McCarthy, - è una polemica, una denuncia contro varie situazioni. La violenza che colpisce le donne, in modo particolare. Non ne ho mai venduto una copia ad un uomo. Per la verità io credo che qua dentro non sia mai entrato un uomo sulla trentina. Mai.»
La “furia” di questo pseudobiblion - che sia in seno o nell’utero - è ben poca cosa: è solo un indizio in una storia gialla, una pista da seguire... Sarebbe diverso se fosse il libro in sé ad uccidere, come è invece il prossimo titolo..
Lo scrittore statunitense Chuck Palahniuk non dà l’idea di voler far parte del grande gioco degli pseudobiblia: come sempre le apparenze ingannano, visto che invece nel suo “Ninna nanna” (Lullaby, 2002) regala ai lettori un terribile libro di poesie... che uccidono!
Il protagonista del romanzo è un giornalista che si trova a raccogliere informazioni per un articolo sulla «sindrome della morte improvvisa del neonato». Già nel primo caso che si trova a studiare si accorge di qualcosa di strano: ricostruendo infatti l’aspetto della camera di un bambino trovato morto, nota che «sulla cassettiera c’era un libro aperto a pagina 27. [...] Il libro aperto si intitolava “Poesie e filastrocche di tutto il mondo” ed era stato preso in prestito dalla biblioteca della contea». Un particolare insignificante, a prima vista.
Poi arriva il secondo caso di neonato morto. «Sul mobile accanto al lavandino c’era un libro della biblioteca. “Poesie e filastrocche di tutto il mondo” [...] aperto a pagina 27. E io ci ho fatto un segnetto a margine con la matita». Si arriva al quarto e al quinto caso, e l’unica costante è che «c’è il libro “Poesie e filastrocche”... Aperto a pagina 27. Ed è lo stesso libro della biblioteca su cui ho fatto il segno a matita». Comincia ad essere troppo strana per essere una coincidenza: sul luogo di morte di ogni bambino è stato trovato lo “stesso” libro aperto alla “stessa” pagina...
I bambini continuano a morire, e intanto «alla biblioteca della contea, sezione libri per ragazzi, il libro è tornato sul suo scaffale, e aspetta. “Poesie e filastrocche di tutto il mondo”. E a pagina 27 c’è una poesia. Una poesia tradizionale africana, dice il libro. È lunga otto righe». Ma che poesia è?
«Il libro lo definisce un “canto della dolce morte”. In certe culture lo si canta ai bambini in tempo di carestia o siccità, quando la tribù diventa troppo numerosa per le risorse a disposizione. Lo si canta ai guerrieri feriti gravemente in battaglia e alla gente colpita da malattie, a tutti coloro per cui la morte non può che essere un sollievo. Per porre fine alle loro pene. È una ninna nanna».
Si capisce bene che è un libro molto pericoloso. Ne è convinta Helen Hoover Boyle, e difatti ha comprato dalla casa editrice addirittura le lastre di stampa del libro, e da tre anni sta cercando ogni copia esistente per bruciarla, ma ne mancano ancora almeno duecento: duecento copie in giro di un libro capace di uccidere!
Chi è l’autore di questa raccolta di filastrocche? «Si chiamava Basil Frankie, ed era una persona assolutamente normale. Ricercava materiale appartenente al patrimonio comune che nessuno stampava più da tempo, e lo usava per compilare delle antologie. Antichi sonetti medievali, poesie licenziose, filastrocche per bambini. Alcune le rubava da vecchi libri, altre le tirava giù da Internet. Non era molto selettivo. Nei suoi libri ci ficcava qualsiasi cosa riuscisse ad avere gratis»: non sembra una persona pericolosa. Eppure c’è bisogno di correre ai ripari, così il protagonista e la Boyle decidono di girare tutte le biblioteche pubbliche in possesso di quel libro e... far sparire almeno la pagina 27!
Fra i testi che Frankie ha assemblato, però, ci sono anche degli estratti da alcuni grimoire, antichi testi che contengono istruzioni per incantesimi, più o meno pericolosi, e quindi forse non è il caso di bruciare proprio tutte le copie delle “Poesie e filastrocche di tutto il mondo”...
Fino alla fine il lettore prova il malsano e morboso desiderio di poter leggere la “poesia che uccide”, ma Palahniuk lo delude: questa non viene svelata, e forse è un bene... vista la fine che subisce chi la legge!
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