Con il tenente Guérin…
Sezione suicidi di Antonin Varenne, Einaudi 2011.
Vi sarà capitato certo anche a voi. Di leggere un libro e rimanere delusi, insoddisfatti. L’autore scrive anche bene, però il tutto è un po’ confuso, lento, appiccicoso…e insomma c’è qualcosa che non va. Almeno per una buona parte della vicenda. E almeno per me.
Vedi il libro di Varenne, sopraccitato. Praticamente una storia di suicidi e di uomini che cercano di scoprirne la verità. A partire da quella di Alan Mustgrave, un fachiro gay morto durante una sua performance (sospeso agli uncini). Una storia complessa che ci riporta ai suoi anni passati nell’esercito come torturatore, poi uso di droga e tortura a se stesso. Di mezzo l’amico John Nichols che deve pagare i suoi debiti e si dà da fare per vederci più chiaro in una morte piuttosto sospetta. E di mezzo pure (addirittura) l’FBI.
Nello stesso tempo abbiamo il duo Guérin-Lambert ad indagare per conto della polizia (siamo al quai des Orfèvres di Parigi). Il primo, il capo, “evanescente e muto” con un vecchio impermeabile troppo grande per lui; il secondo un biondino con scarpe da tennis mezze rotte e il passo strascicato che lo segue sempre dopo l’invito “Andiamo, Lambert, cocco!”. Ufficio all’ultimo piano sotto la soffitta dove ci piove pure tanto per completare l’atmosfera.
Guérin è un personaggio particolare, una “sagoma minuscola e una pancetta rotonda avvolta da un golfino di lana e da un pantalone di velluto”, testa idrocefala, corona di capelli neri, praticamente un burattino in carne e ossa. Vive da solo con il pappagallo Churchill che lo becca in testa e si strappa le penne (una bella coppia…).
Fissato con la Grande Teoria per cui tutto è legato e “nessun evento può essere concepito o compreso in modo isolato senza che se ne perdano il senso, la casualità e gli effetti”. Odiato da tutti per un fatto passato (suicidio di un collega) la sua vita diventa una fissazione e un lento disfacimento.
Più che la storia di Alan, dunque, colpisce (mi colpisce) questa di storie, di un uomo sempre più magro, con il capo grosso, la testa una piaga infetta, cappotto nero troppo grande che parla da solo nella sala degli archivi dove finirà dormire. Insieme a quella di Lambert preso per sciocco e finito tragicamente.
Tutti i segni o segnali posti lungo la loro strada (il soffitto macchiato di sangue, il pappagallo spennacchiato, il lento strascicare dei passi di Lambert, l’aspetto dimesso e sgualcito di Guérin, la “pazzia” eccetera, per terminare con la tremenda fine di Lambert) servono a creare una atmosfera di disfacimento, quasi di disgusto che ci prende per la gola.
Anche il ritmo lento, che riferito a tutto il romanzo è veramente pesante, accentua ancora di più il senso di disfacimento, di degrado e isolamento dei due personaggi.
Un libro riuscito solo in parte e troppo enfatizzato dalla pubblicità.
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