Finalmente dopo anni di attesa troviamo Ruggine sugli scaffali delle librerie.
Uno squarcio della Milano passata a fondersi con il presente. Un punto di vista infantile a invadere e farsi strada nel mondo degli adulti. La trama non complessa aiuta l’immersione del lettore all’interno della storia. Sembra di sentire gli odori, di vedere i colori e trovarsi nelle pagine del romanzo. Cinzia e Sandro. Due bambini. I loro occhi. I loro sensi. I ricordi che violentano la loro mente una volta cresciuti. Qualcosa che non può cadere nel pozzo del dimenticatoio. Un medico e la sua perversione. Una telecamera a seguirne i pensieri. Coinvolgimento e assuefazione. Pugni violenti nello stomaco che riescono anche a bloccare il respiro talvolta.
Lo scrivere di Stefano Massaron segue il flusso della mente umana, ci entra, la esplora senza averne timore portando il lettore persino a tremare.
E’ l’orrore della malattia mischiata alla normalità. Viene voglia di fermarsi. Di riflettere. Ma la tecnica narrativa non dà pace, non da respiro, tutto di corsa, tutto un susseguirsi che a fine lettura lascia spossati.
Ed era proprio questo forse l’intento dello scrittore lasciare un film nei labirinti mentali di ogni persona. Fare diventare cannibali e divoratrici non solo le parole ma anche le immagini che lasciano strisce di rosso ruggine nel cervello.
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