Il ciclo sugli psicobiblia si chiude con un personaggio che di solito non si pensa legato alla psichiatria. Catherine Tramell (il ruolo che ha lanciato l’attrice Sharon Stone) non è una psichiatra, ma è comunque laureata in psicologia, oltre che in letteratura. Il motivo del suo corso di studi è chiaro: aspirando sin da giovane a diventare una scrittrice, voleva essere in grado di analizzare e capire tutti i “tipi umani”, soprattutto quelli criminali.
Questo personaggio tiene in piedi il thriller “Basic Instinct” (1992), diretto da Paul Verhoen e scritto dall’ungherese Joe Eszterhas: le infinite polemiche sulle scene di sesso esplicite (che in realtà sono pochissime e oltremodo “caste”, anche per i canoni dell’epoca!), sull’immagine negativa attribuita agli omosessuali e la “scena calda” con Sharon Stone che mostra un accenno di nudità inguinale, hanno fatto sì un grande servizio alla pellicola decretandone il successo mondiale, ma hanno fatto passare in secondo piano un livello di lettura differente del film: quello pseudobiblico!
La Tramell è un’ereditiera e quindi non deve lavorare per vivere. Scrive per piacere, ma lo stesso i suoi libri - firmati con lo pseudonimo Catherine Woolf - sono bestseller a livello internazionale. Questi romanzi hanno una particolarità inquietante: i complessi delitti che vi vengono raccontati sono tutti realmente avvenuti... ma dopo l’uscita dei libri! Malgrado la donna menta a riguardo, in un suo vecchio romanzo (“The First Time”) la scrittrice aveva parlato di «un ragazzo che ammazza i suoi genitori. Hanno un aereo e lo fa sembrare un incidente.» Alla domanda del motivo di questo omicidio, la risposta è «Per vedere se riesce a farla franca.» Sarà un caso, ma il romanzo racconta esattamente il modo in cui la donna ha perso i genitori in un incidente aereo, diventando ricca ereditiera...
Il detective Nick Curran (Michael Douglas) sta indagando su uno spinoso omicidio, la cui dinamica si scopre corrispondere esattamente a “Love Hurts”, l’ultimo libro della Tramell: una ex star musicale viene trovata uccisa a letto con un rompighiaccio, e tutta la scena la si ritrova a pagina 67 del romanzo citato. Il fatto stesso in sé può risultare un alibi: potrebbe la donna essere così stupida da mettere in atto i delitti che lei stessa ha inserito nei propri romanzi? D’altro canto è buona cosa per uno in gamba fingersi stupido...
Viene chiamato uno psichiatra per stilare il profilo della scrittrice. «Vedo due possibilità - è il suo risultato. - Una, la persona che ha scritto questo libro è il vostro assassino e ha messo in pratica l’omicidio descritto con precisi dettagli rituali. Due, qualcuno che vuole colpire la scrittrice ha letto il libro e ha attuato l’omicidio per incriminarla.» Serviva un costoso psichiatra per giungere a queste conclusioni?
L’omicidio che apre il film, però, passa subito in secondo piano: il vero protagonista della storia è il nuovo romanzo che la Tramell ha iniziato a scrivere subito dopo l’inizio delle indagini. Di cosa tratta questo futuro bestseller? «Di un detective. Si innamora della donna sbagliata... E lei lo uccide.» Solo ora può iniziare il fulcro della storia, con la scrittrice e il detective che si rincorrono in un gioco di seduzioni e provocazioni, con uno che studia l’altra: il detective per capire se ha di fronte un’assassina, la scrittrice per studiare il personaggio che dovrà inserire nel proprio romanzo.
In un thriller che si rispetti, «Qualcuno deve morire. Muore sempre qualcuno», e qualcuno deve indagare: tutto questo avviene nella realtà, anche se sembra tutto pilotato, quasi come se il mondo fosse ai comandi della Tramell. «Sono una scrittrice: uso la gente per scrivere. Che il modo stia attento. [...] Ti sto usando per il detective del mio libro: non ti dispiace, spero.» Malgrado lei sia onesta, Curran lo stesso non capisce in pieno il suo gioco, e cade dalle nuvole quando la donna ad un certo punto lo respinge brutalmente. Cos’è successo? Semplice: il romanzo è finito.
Curran subisce il triste destino conosciuto dal Graham di “Da mezzogiorno alle tre” (From Noon Till Three), testo teatrale portato al cinema e interpretato da Charles Bronson (di cui si è precedentemente parlato in questa rubrica): è una persona che viene trasformata in personaggio letterario e quindi perde ogni diritto ad un qualsiasi attributo “umano”. La Tramell è più interessata al Curran-personaggio - il giustiziere (the shooter) come viene chiamato dopo un suo passato scontro a fuoco - che al detective in carne e ossa. L’ultimo libro è in suo onore, “The Shooter”, ma la realtà deve scomparire di fronte alla fiction...
È così che si apre “Basic Instinct 2” (2006): il romanzo “The Shooter” - solo citato dal precedente film ma mai mostrato se non in bozza - è nelle vetrine di tutte le librerie mentre del detective Curran, che l’ha ispirato, non c’è traccia. La sostituzione si è compiuta.
La Tramell continua ad essere un’ereditiera spregiudicata che ama lanciarsi in ridicole imprese con la scusa di raccogliere materiale per i propri romanzi. La scena stavolta si sposta dall’America bacchettona e perbenista - dove una donna dalla sessualità disinibita è vista come qualcosa di disturbante - a quell’Inghilterra stereotipata che corrisponde a quello che gli americani credono sia il mondo britannico.
Michael Glass (David Morrissey), il protagonista, è uno psicoanalista che corrisponde pienamente alla concezione che gli americani hanno del britannico medio: impettito, serioso e frustrato sessualmente. Egli infatti rimane subito turbato dalle sedute con la sua nuova cliente, la nostra Tramell, e sente risvegliarsi in sé pulsioni represse, in un crescendo di situazioni che sembrano quasi scimmiottare le atmosfere del primo film.
La parte che interessa a noi è quella pseudobiblica.
«Il giustiziere aveva una ex moglie, era dipendente da alcol e droga, aveva un complicato problema sessuale di cui a malapena si rendeva conto. Un’incredibile quantità di rabbia in corpo: in sostanza, era un agente. Uno di quelli bravi.» Così si apre il romanzo “The Shooter”, e Micheal conosce il protagonista del film precedente. Rimane turbato dallo stile narrativo della Tramell e da lei in persona, ma soprattutto dal fatto che nuovi omicidi vengono compiuti e - come nel primo film - ispirati ai romanzi della scrittrice.
Che la donna sia tornata a giocare con la psiche dei protagonisti è subito chiaro, e così il povero psicoanalista si ritrova a sua volta analizzato sotto il microscopio, mentre un nuovo romanzo prende forma. «Era ormai buio, e ancora prima che suonasse il campanello Kelly sapeva che dietro quella porta c’era il dottore...» Queste le prime frasi del nuovo romanzo della Tramell, “The Analyst”. Il dottore ha sostituito il giustiziere. «Era venuto ad accusarla di altri crimini. Avrebbero litigato, poi avrebbero fatto sesso e tutto sarebbe tornato come prima. A meno che lui non avesse perso la fiducia in lei.»
Michael intanto rimane sempre più invischiato nella fitta trama di omicidi e tradimenti che sembra avvolgere la Tramell, la quale pare cibarsi della paura del dottore per trarne nuova ispirazione. Sottopone al povero dottore la stesura finale del nuovo romanzo, ma il comportamento di quest’ultimo la spingerà a dare alle stampe un testo con un finale alternativo: per non rovinare il colpo di scena finale, non sveliamo oltre...
Merita una citazione però la dedica che la Tramell scrive sulla copia del libro stampato per il dottore: «A Michael. Non ce l’avrei fatta senza di te...»
Una curiosità. Il titolo di lavorazione del film era Risk Addiction, l’assuefazione al pericolo che è proprio la materia che Michael sta studiando, tanto da scriverci un libro: “Risk Addiction and the Omnipotent Patient. A Psychoanalytical Study”. Questo testo però è ancora in attesa di un editore...
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