Nonno Cunego si materializza all'improvviso. Aria da settantenne spudorato e pedalata da pistard in pensione, caracolla in sella alla sua bicicletta lungo le corsie dell'autostrada Venezia-Milano seminando il panico fra automobilisti e conducenti di Tir. Le prove generali le ha compiute una decina di giorni fa, scavalcando il guard rail della meno trafficata Valdastico, dove una pattuglia della Polstrada è riuscita, dopo ripetuti inseguimenti, a fermarlo, prenderne I dati e intimargli di non provarci mai più.
Tutto inutile: probabilmente galvanizzato dalle quotidiane telecronache del Giro d'Italia, Nonno Cunego, fan sfegatato del Damiano che punta alla Maglia Rosa, l'altra mattina si è fiondato come una furia in mezzo a colonne di autovetture e camion in transito dalle parti del casello di Montecchio Maggiore. Evidentemente elettrizzato dall'idea di dare scacco alla Polstrada, stavolta Nonno Cunego (descritto in tenuta da ciclista da alcuni testimoni) ha fatto perdere le sue tracce agli inseguitori in divisa, dando la netta impressione di una sfida solo agli inizi.
Di tutto ciò dà notizia Il Giornale di Vicenza dell'11 maggio ("A 70 anni sfreccia in autostrada in bicicletta"), riuscendo in qualche modo a regalare sorrisi di simpatia per un ribelle con Carta Argento negli stessi giorni in cui si ritrova costretto a mandare messaggi ben più raccapriccianti. "E' caccia ai pozzi da chiudere" titola Piero Erle un'apertura a sette colonne sull'edizione del 10 maggio, dove il tema è dato dallo studio commissionato alla ditta milanese Ecoappraisal dall'azienda farmaceutica Zambon. I rilievi riguardavano un'area dismessa oltre vent'anni fa dalla stessa Zambon in pieno centro abitato di Vicenza, e destinata dai piani urbanistici comunali a diventare zona residenziale. Fortuna ha voluto che, per i più svariati motivi, nessun cantiere sia stato avviato, visto che i rilievi odierni parlano di quantità di cloroformio decine di migliaia di volte superiori ai limiti di legge, e di un veleno come l'arsenico ben al di sopra della soglia di allarme.
Inoltre, a ottanta metri di profondità, la falda acquifera risulta inquinata da un'autentica peste chimica come il monoclorobenzene, con possibili contaminazioni nella rete dell'acqua potabile. E pozzi artesiani da analizzare in tutto il quartiere circostante. Esami assolutamente d'obbligo, dopo che la perizia riferisce testualmente di "materiali nerastri", "liquidi rossastri", e "tracce di solventi" rinvenute nei campioni monitorati.
Di blob in blob: "Alluminio nel Melma" si legge sulla Tribuna di Treviso del 12 maggio. D'altra parte quando si dà un nome del genere al fiumiciattolo che attraversa l'abitato di Carbonera, cosa ci si può aspettare di diverso da scorie metallurgiche in grado di uccidere quintali di pesci?
A proposito di domande, come a suo tempo riferito dalla seconda puntata di questa rubrica, quale poteva essere il movente che ha spinto M.A., ingegnere tunisino di 31 anni, a rubare centinaia di tombini dalle strade provinciali del Padovano (Gazzettino del 30 gennaio)? Una possible risposta è data dal mercato dei collezionisti. La suggerisce la stessa Tribuna di Treviso del 12 maggio, raccontando che a Conegliano sono stati rubati da ignoti tutti I tombini con marchio d'epoca Zoppas. "Li hanno sottratti dei collezionisti" ipotizza l'imprenditore Gino Pozzebon, rivelando che quegli stessi pozzetti erano destinati al nascente museo di archeologia industriale della zona.
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