È da poco uscito per Baldini Castoldi Dalai Editore l’ultimo romanzo di Raul Montanari, L’esordiente: Livio Aragona è uno scrittore noir cinquantennee la sua vita è scandita dalla scrittura. Ha una moglie, Silvia, con cui non sta più assieme e un’amante, un’allieva conosciuta a uno dei suoi corsi di scrittura: Veronica.

Preso fra l’ambizione di vincere il più prestigioso premio letterario italiano, l’amore per Veronica e la trama pericolosa che un criminale tesse intorno a lui, Livio vedrà le sue certezze andare in frantumi, in un crescendo tragicomico e visionario punteggiato di colpi di scena, fino a un finale pirotecnico.

L’esordiente di Raul Montanari (B.C. Dalai Editore, 2011) pag. 320 - € 18,00 - EAN: 9788860738363

Intervista all'autore in rubriche/10927.

Raul Montanari (Bergamo 1959) ha pubblicato i romanzi La perfezione (Feltrinelli 1994), Sei tu l’assassino, Dio ti sta sognando (marcos y marcos 1997 e 1998) e, per Dalai editore, Che cosa hai fatto (2001), Il buio divora la strada (2002), Chiudi gli occhi (2004), La verità bugiarda (2005), L’esistenza di dio (2006), La prima notte (2008), Strane cose, domani (2009), vincitore di diversi premi e considerato il capostipite del genere post-noir, che adotta i moduli del romanzo di suspense per raccontare storie lontanissime dai luoghi comuni del poliziesco.

In volume sono usciti anche i racconti di Un bacio al mondo (Rizzoli 1998), È di moda la morte (Perrone 2007), E poi la notte (Giallo Mondadori 2010). Con Aldo Nove e Tiziano Scarpa ha scritto Nelle galassie oggi come oggi (Einaudi 2001), insolito bestseller nel campo della poesia. Molti suoi racconti e articoli sono usciti in antologie e riviste.

Autore di sceneggiature e opere teatrali, ha pubblicato traduzioni dalle lingue classiche e moderne (Sofocle, Seneca, Shakespeare, Poe, Stevenson, Schnitzler, Wilde, Philip Roth e Cormac McCarthy fra gli altri). Insegna scrittura creativa a Milano.

Il sito web dell’autore www.raulmontanari.it

L’incipit del romanzo:

Faccio mezzo passo indietro perché la luce mi schiarisca le occhiaie e l’ombra sotto il naso si assottigli fino a scomparire. Ecco. Così. Alzo la fotocamera digitale davanti allo stomaco e la punto contro lo specchio. Cerco l’inclinazione giusta, provo ad abbassarmi e spiare dal mirino tenendola a mezz’aria, sempre alla stessa altezza. Torno dritto, guardo negli occhi la mia immagine riflessa. Irrigidisco i muscoli, faccio lo sguardo da cattivo che mi dona e scatto tre volte. Almeno una verrà bene!

Vado nel mio studio e collego la fotocamera al computer. Stampo subito le foto e le confronto. Come previsto: due sono da buttare, quella buona è la seconda. Mi siedo. Sulla scrivania sono sparse tutte le foto che mi sono fatto, nudo davanti a uno specchio, ogni primo di gennaio da trent’anni in qua: dai quasi venti ai quasi cinquanta, dunque, perché il mio compleanno cade il 19.

Lancio appena un’occhiata distratta alla faccia del ragazzotto che sono stato all’inizio, magro magro, con i capelli prima a cespuglio e poi ondulati. Dietro la foto c’è scritto: “Livio Aragona, 1 gennaio 1979“. Drammatico cambio di pettinatura dai ventiquattro ai venticinque: compare un caschetto ridicolo che sembra appoggiato sopra un teschio. Gli occhi sempre nerissimi, liquidi. I muscoli si gonfiano e i capelli si afflosciano man mano che le foto si arrampicano verso i trent’anni, ma l’impressione generale migliora.

Scompaiono quelle gote scarnificate, i lineamenti si arrotondano, la mascella più quadrata, le labbra sottili e piene di scherno per me stesso. A quota trentaquattro il cambiamento decisivo: capelli rasi stile marine. Non proprio a zero, ma un tappeto di crine alto non più di un centimetro. Le spalle, così, sembrano più larghe, i pettorali inspessiti dalle flessioni che facevo ogni giorno e che adesso ho ridotto a tre sessioni la settimana – ma i manubri con i dischi di ghisa scrostati sono sempre quelli, perché da sole le flessioni servono a poco.

La mia personale, privata perfezione intorno ai quaranta, come se la faccia e il corpo avessero trovato la loro vera forma, dopo averla cercata così a lungo. Questo sono io!, dice lo sguardo soddisfatto, spavaldo e assonnato, perché le regole del gioco vogliono che questa foto sia il rito di ogni risveglio a Capodanno, senza nemmeno lavarmela, la faccia. Da qui in avanti, un lungo plateau su cui cammino senza che succeda niente di particolare. Qualche punto grigio fra i capelli, ma il trucco di tenerli così corti tiene lontani angosce e traumi.

La mascella si appesantisce appena, di lato al mento la linea che corre verso l’orecchio è più morbida. Fra dieci anni sarà floscia e non mi piacerà; adesso è ancora presto. Le palpebre gonfie, la destra che copre le ciglia, e sotto gli occhi le borse che quindici anni fa mi hanno tanto preoccupato, mentre ora non le vedo nemmeno più. Una volta ero orgoglioso quando mi dicevano che dimostravo un buon decennio meno della mia età, e dispensavo formule e ricette.

Adesso invece dico a tutti che sono i geni, che mio padre era così e mia mamma, più vicina agli ottanta che ai settanta, fa ancora girare la testa agli uomini. Mi sento un aristocratico della giovinezza. Il corpo, in ogni caso, non comunica col mondo in linea retta, ma di rimbalzo. Non è il tuo corpo a piacere o dispiacere agli altri: sei tu. Se a te il tuo corpo piace, piacerà anche agli altri. Certo, se il tuo corpo è bello è più facile che piaccia a te, e quindi agli altri. Ma non sempre funziona così.