Morta una modella se ne fa un’altra, ma che nessuno tocchi la famiglia (tradizionale o meno non fa poi tanta differenza…) e la mamma (che si sa ce n’è una sola…).
Nel cosmo- atelier dei Vanzina si muovono stilisti gay (Richard E. Grant), amanti bisex, bellezze nordiche (il che fa molto anni 60-70), commissari in procinto di diventare padri (l’ispettore Vincenzo Malerba/Francesco Montanari), giornalisti maniaci-feticisti (Ernesto Mahieux), altri stilisti invidiosi del successo altrui.
Tolto il commissariato, ogni casa è una reggia (stile Versace …), ogni scorcio, dal lago di Como alla Svezia alla Svizzera, da cartolina, mentre i delitti, giacché Sotto il vestito niente – L’ultima sfilata sequel dichiarato di Sotto il vestito niente (1985), pare nelle intenzioni un thriller à la Sei donne per l’assassino sono in fondo la cosa meno importante come svela ampiamente la dinamica dei delitti, tutti inevitabilmente poco cruenti, perfino un po’ buffi (vedi il primo con la prima vittima che sembra nuotare nell’aria stile dorso…), senza nessun lascito sadico, senza neppure l’abbozzo di un meccanismo dilatatorio con al centro la vittima mentre l’assassino (abbiamo detto assassino…?) se la spassa al gioco del gatto col topo.
Insomma, il risultato finale è elegante, controllato, scontato, anzi scontatissimo, eppure non respingente come si potrebbe pensare.
Comunque l’impressione prevalente è che si tratti dell’apologia della famiglia declinata nei suoi aspetti più edificanti: maternità, paternità, eredi.
Senza dubbio per i Vanzina (Carlo alla regia) questo è il migliore dei mondi possibili ed è così che va immortalato…
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