Un gelido inverno (ma lasciare il titolo originale Winter’s Bone no…?) di Debra Granik è parecchie cose insieme. Di certo si tratta del ritratto di un’altra America, rurale, selvaggia, dove l’unica legge che vale, è quella del clan (intesa come fedeltà assoluta…) è per chi non si adegua sono guai. Però c’è dell’altro in termini cinematografici, ossia un rifiuto talmente sistematico del climax (un anti-climax quindi…) troppo esplicito per non essere considerato come frutto di una scelta deliberata.
Gli elementi di un thriller ci sarebbero tutti, ad iniziare da una diciassettenne di nome Ree (Jennifer Lawrence) costretta oltre che a badare a madre e fratellini, anche a mettersi alla ricerca del padre scomparso alla vigilia di un processo che lo vede coinvolto per spaccio, processo quanto mai importante visto che per via di una cauzione già versata il non presentarsi da parte dell’uomo vorrebbe dire per Ree perdere la casa.
Tutto, dalla ricerca che avrà inizio e che non sarà una ricerca vera e propria visto che ci sarà poco da cercare e che tutto avrà inizio e fine all’interno di un ristretto cerchio di persone, alla soluzione del caso, come accennato sopra, sarà quanto di meno sottolineato si possa immaginare a dispetto della crudezza della vicenda e del modo in cui sarà risolta (la scena del lago…), quasi a volere segnalare che l’asprezza dei luoghi e la vita ai minimi termini che vi si vive non permette il minimo dispendio di energie oltre quelle necessarie a sopravvivere.
Chi lo vedrà come un thriller trattenuto, chi come un documentario, chi infine come entrambe le cose.
Avranno tutti ragione …
Candidato all'Oscar 2011 come miglior film, migliore attrice protagonista (Jennifer Lawrence), migliore attore non protagonista (John Hawkes), migliore sceneggiatura non originale.
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