“Stai bene, Charlie?”. E’ l’alba ed è arrivata Wendy.

“No, accidenti, Wendy, non sto bene. Non sto bene per niente”. Il sudore mi si è gelato sulla fronte e sulla schiena. Possibile che abbia sbagliato tutto? “Ascoltami, Wendy, devi sentire Buchmann, chiedergli chi ha lavorato là dopo di me. E devi ottenere la libertà su cauzione, perché devo andare in un posto con te, devo uscire almeno per un giorno. C’è una cosa che devo cercare...” Wendy non mi ha mai visto così agitato. Mi guarda con quell’espressione febbrile negli occhi che tanto la fa assomigliare a Ingrid Bergman in “Io ti salverò”.

E adesso mi ritrovo sulla porta della casa di Barbara, a cercare conferma di ciò che non avrei voluto sapere mai. Le colonnine bianche del portico mi circondano come le sbarre della prigione. E non smette mai di far caldo. C’è una probabilità su mille di trovare quello che spero di non trovare, ma frugo dappertutto come un dannato e sento Wendy tremare dietro di me. E alla fine getto all’aria un cassetto: Barbara ci ha buttato dentro di tutto, la 38 del padre, i suoi strass che rimbalzano la luce, i gioielli veri e c’è anche la testina d’avorio del guerriero. Barbara non si è neppure preoccupata di gettarla via, tanto si sentiva sicura.

“Avevano progettato tutto da chissà quanto tempo – dice Wendy – Avevano saputo da Buchmann della tua abilità nel falsificare i documenti e facevi al caso loro. Barbara era sicura che avresti scritto quella lettera per lei.” “Poteva essere una coincidenza...” “Non esistono le coincidenze. Sapevano che in giro ti chiamano Charlie il Santo perché non abbandoneresti mai una donna in difficoltà. Hanno giocato su questa tua debolezza fin dall’inizio. Barbara era sicura che ti saresti accusato al suo posto”. “Non lo sapeva ancora...” “Non ti ha conosciuto per caso. E’ stato Fred a farvi conoscere. Ripensaci.”

E ripensandoci non pareva possibile che Fred si fosse ritirato in buon ordine e che Barbara si fosse gettata con tanta facilità nelle mie braccia. C’è sempre un motivo per le cose. Anche il bicchiere: se c’erano due bicchieri sul tavolo era perché Barbara si era fermata a bere con Constantin, quindi non lo aveva trovato già morto, e non c’era stata nessuna telefonata. Lui le aveva detto che intendeva farla fuori dalla Simpkin Corporation e nominare Freida al suo posto, ma questo Barbara lo sapeva già. Le donne come Barbara non uccidono per un attacco di nervi, progettano tutto prima, nei minimi dettagli. Barbara sapeva dove avrebbe trovato il bastone e gli era arrivata alle spalle, così il ciccione non aveva fatto neppure in tempo ad accorgersi che lei aveva estratto la lama e gliela stava ficcando in gola. Ma con calma. E sempre con calma aveva ripulito il manico d’avorio, senza accorgersi che un pezzetto si era staccato e le era rimasto nel fazzoletto (doveva averci messo una bella foga nel lucidare quell’arma!). Ma questo era un errore insignificante, perché quando l’aveva scoperto c’era già l'imbecille che si era autoaccusato di tutto per lei. Così aveva gettato quella prova sul fondo del cassetto e non se ne era preoccupata più. “Le persone controllate non sanno soffrire”. Che assurdità: mi viene perfino da ammirarla per il controllo che ha sempre avuto sui suoi nervi. Non si era curata di parcheggiare altrove la macchina, né di lasciare tracce o testimoni, tanto era sicura che sarebbe uscita da quegli uffici con le spalle coperte. Dopo il delitto mi aveva chiamato, aveva imbastito la storia della telefonata tranello, preoccupandosi solo di rendere un po’ tremante la voce, ed era rimasta lì ad aspettarmi, probabilmente finendo di sorseggiare il suo drink. Aveva addirittura scelto un vestito bianco per l’occasione, per rendere più drammatico l’impatto. Sapeva che se Charlie il Santo l’avesse vista con quella macchia di sangue sul vestito sarebbe corso armato di scudo in sua difesa.

Credo che non mi abbia mai odiato, semplicemente mi sono trovato sulla sua strada con tutti i requisiti giusti per la parte. “Niente di personale, Charlie” mi avrebbe detto tranquillamente. Non è facile incontrare due volte gente nobile e fessa come Charlie il Santo e bisognava cogliere al volo l’occasione. E come ciliegina sulla torta ero anche un abile falsificatore di documenti, così ci avrei messo cinque minuti a scrivere le ultime volontà di Constantin e a completare il suo trionfo. In confronto a lei, come arrampicatrice sociale, Freida era una piccola dilettante. E così era iniziato il ballo: Fred ci aveva fatti conoscere casualmente, Barbara mi aveva fatto gli occhioni dolci promettendogli la sua fetta di torta e io avevo fatto il resto. “Le donne portano guai” avrebbe commentato saggiamente quel vecchio irlandese di O’Shea.