Non moltissimo tempo fa sono accaduti due eventi simili per i quali c’è una sola risposta.
Primo evento. Presentazione del Dizionoir a Milano. Presenti oltre una forte rappresentanza del Forum di Altieri, io, Giancarlo Narciso, Altieri, Ben Pastor, Mauro Smocovich e altri... Uno dei signori presenti (allora direttore di un’effimera rivista sul noir durata meno di un anno anche se sponsorizzata da un grosso editore...) ora responsabile di un certo spicco (non necessariamente valore) della narrativa di un altro editore si rivolge schifato a Jack e dice: ‘Ma qui c’è solo la serie B’.
Secondo episodio, qualche mese dopo in quel di Alessandria durante un incontro alla biblioteca in cui si parlava di Segretissimo, Altieri ci parla di un aspirante scrittore (uscito da un corso di scrittura di un figuro che, fortunatamente oggi nessuno di noi frequenta più e che non avrebbe alcun titolo per insegnare scrittura) che prima gli aveva proposto un testo per le collane da edicola Mondadori poi, evidentemente deluso dalle condizioni economiche, che per gli autori delle collane sono uguali per tutti (debuttanti e veterani e va bene così!), gli aveva detto: ‘Ma qui è come uscire in serie B’, alludendo al fatto che sia i Gialli che Urania e Segretissimo sono collane con diffusione in edicola e non in libreria e questo, evidentemente, dal nostro establishment culturale è considerato un peccato mortale. Sembra quasi che romanzi e racconti pubblicati sulle collane (da cui hanno copiato tutti portando poi in libreria un genere che prima non c’era e affossandolo con migliaia di titoli scritti senza la benché minima conoscenza della materia) siano merce di contrabbando, che circola sottobanco, con vergogna di chi ne fruisce e massimo disprezzo per chi la scrive. Vero è che per essere recensiti o anche ammessi a qualche premio aver pubblicato nei Gialli e in Segretissimo (con migliaia di copie vendute risultato che in libreria è tutt’altro che scontato) è inutile. Non li considerano neanche libri...
La risposta in entrambi i casi è: ‘Guarda che forse è una Serie B, ma qui si gioca durissimo. È un campionato dove hanno giocato gente come Agatha Christie, Eb McBain, Desmond Bagley, Edward S. Aarons, James Hadley Chase, Robert B.Parker, Kenneth Royce, John Tiger(che poi era Walter Wager) e moltissimi altri e che gli italiani che ci sono arrivati negli ultimi dieci anni pestano durissimo...”
In pratica, e questo lo dico io, non è roba per tutti. Adesso, tutto ciò mi suggerisce alcune riflessioni che so già possono non piacere ad alcuni e infastidire altri. Lo faccio perché ho pubblicato e pubblico (ancora...) sia in edicola e in libreria. Con soddisfazioni differenti in entrambi i campi ma consapevole e fiero di fare un ‘mestiere’ come il panettiere sforna focacce e il mobiliere monta le sedie. Con la dignità di uno che lavora tutti i giorni e svolge questa attività per passione ma anche per vivere e non è nella situazione abituale dello ‘scrittore di successo’ che non ha bisogno di lavorare e passa il suo tempo a fare pubbliche relazioni. Con la consapevolezza che la promozione della mia immagine e del mio lavoro la faccio sempre e solo a spese mie. Si parla tanto di cultura popolare. Vorrei dire che questa non è quella cosa trattata da certi ‘finti intellettuali’ che dal ‘popolo’ si tengono ben lontani se non per dichiarazioni politiche (di un verso o di un altro) ma intendono la cultura come qualcosa di elitario che presuppone soldi per un’educazione costosa e magari serve per ‘insegnare’ qualcosa alle masse. Nossignore, la cultura popolare è un intrattenimento che, logicamente, deve essere fruibile per tutti, a un prezzo equo. Che ci faccia divertire ma non sia sciatta. Che racconti delle storie e lo faccia bene e con mestiere perché se compro una macchina e le ruote sono fissate male e si staccano alla prima curva torno dal rivenditore e lo gonfio di botte...indi quando leggo un libro voglio leggere un racconto sensato, con una trama articolata e ben scritta. Non voglio che mi insegni nulla. Se qualcosa recepisco lo faccio perché ci arrivo con la mia intelligenza, non con quella dell’autore o, peggio, di chi manovra il marketing e mi ficca in testa le idee con lo stesso sistema del waterboarding che usano a Guantanamo o nelle prigioni nordcoreane, giusto per par condicio. La cultura popolare non dovrebbe essere neanche politicamente corretta. O appositamente politicamente scorretta, se tali concetti implicano l’adesione a un credo politico di qualche genere. Deve, al massimo stimolarmi, a formare un gusto mio, per quanto discutibile. Un gusto che di volta in volta mi aiuta a scegliere non la prima cosa che trovo sul bancale ma quella che veramente ha le caratteristiche per piacermi. Non è che sia semplicissimo. Siamo così bombardati di stimoli che, alla fine diventa difficile capire se quello che consumiamo (e paghiamo) ci piace veramente o è frutto di un processo di induzione.Il Pulp ( di cui le pubblicazioni da edicola come il Giallo e Segretissimo sono eredi al pari dei fumetti...) ha sempre avuto questa caratteristica. Intrattenimento intelligente, per tutti. Poi siete liberi di scegliere. E se pensate che quei volumetti che vedete emergere dal bailamme di offerte in edicola abbia meno valore di un libro messo a piramide perché imposto (o anche di uno infilato di costa perché l’autore ha pagato per farsi pubblicare) di una libreria, è un affare vostro. Ma se, come autori e lettori, scendete nell’Arena di questa ‘ serie B’ venite preparati. Qui regali non se ne fanno.
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