L'incontro con Dario Mantovani, il nostro autore alla sua prima volta editoriale di questo mese, avviene in un luogo decisamente lontano dal nostro salotto letterario. Siamo, infatti, in un poligono, dove l'autore si allena a sparare i suoi colpi. Impugna una Colt M1911, precisamente una variante argentina, la Ballester Molina. La pistola gli è stata prestata da Ramon Passavanti, il protagonista del suo romanzo, Alla tempia Ramon, (libri/10280). Il ferro in questione è stato utilizzato dall'esercito argentino durante la guerra delle Falklands del 1982 e tende a fare dei buchi piuttosto grossi. Ramon ha avuto la pistola in regalo nei primi anni '90: a fargliene dono un'infermiera argentina, ex ribelle montoneros, fuggita da Buenos Aires nel tardo '78, in piena dittatura Videla.
Il nostro autore ha, perciò, sette colpi nel caricatore e uno in canna e noi siamo pronti a farglieli sparare e a vedere se e dove colpirà il bersaglio.
Primo colpo: secondo te, Dario, quanti "colpi" ha a disposizione un autore per farsi "ascoltare"?
Beh, questa domanda, per cominciare, è difficile. In teoria ha tutti i colpi che vuole, anche se nella sostanza delle cose non è vero. Perché? Innanzitutto per una questione di tempo: si ha il desiderio di scrivere ma anche la necessità di campare, e le due cose non quasi mai in relazione.
Poi ci sono alcune considerazione di merito, che vanno aldilà del desiderio (e talvolta dell'esigenza…) di scrivere: un autore desidera la pubblicazione perché vuole confrontarsi con i lettori. Ma la pubblicazione non è un fenomeno democratico, ed è un bene che sia così: deve (in certi casi dovrebbe) andare avanti ciò che ha un valore. Li entra in campo l'editore, o chi per lui, che opera una selezione.
Tutto questo per dire cosa? Se un autore ha le carte in regola, avrà il caricatore sempre pieno. Anzi, avrà necessità di pochi colpi per andare a bersaglio. Se un autore invece non ha niente da dire, può avere a disposizione tutto il tempo che vuole, ma sparerà sempre a salve. Anzi, si finisce per diventare le vittime designate dell'editoria a pagamento. Pecchiamo un po' tutti di presunzione, ma di Proust ce ne sono pochi (anzi, di Proust c'è solo Proust).
In definitiva, penso che un autore sia mosso da due esigenze: il piacere della scrittura come momento personale e, inutile negarlo, il desiderio di arrivare a una discussione sui contenuti. Questo può arrivare solo con la pubblicazione. Il passaggio dalla prima fase alla seconda può portare a molte delusioni: comunque vada a finire, ritengo sempre utile esplodere le proprie cartucce. Da un giudizio di merito, ancorchè negativo, si possono comunque trarre indicazioni utili. Sempre meglio provarci.
Secondo colpo: la trama. Prova a riassumere la trama del tuo romanzo, come se ne dovessi creare un trailer cinematografico.
Farei un lungo piano sequenza su Ramon che cammina per le strade di Ferrara. La città è poco illuminata, deserta, non c'è un'anima viva. Ha la barba sfatta, le scarpe cosumate e fuma sigarette turche di una marca improbabile. Poi rapida inquadratura del palazzo in cui lavora il Maltese: la sua finestra è l'unica illuminata, peraltro da una luce piuttosto tenue, in tutto il palazzo. Inquadratura su Ramon che guarda la finestra.
Poi: il rumore di uno sparo, una coppia esce dal palazzo impaurita. Ramon butta per terra la sigaretta e comincia a correre verso l'edificio.
C'è già tutto: il protagonista, il contesto cioè la città (e soprattutto l'immagine che di questa si vuole dare), il mistero (rappresentato dallo sparo), forse una vittima. Se qualcuno volesse mai fare un film ha la sceneggiatura del trailer pronta. Per il cast non saprei dare indicazioni, almeno per Ramon: troppo vicino a me perché possa essere obiettivo. Uno come Guy Pearce sarebbe un buon Maltese. E Terry O'Quinn un Santamaria incredibile.
Terzo colpo: i personaggi. Chi è Ramon? Chi sono i co-protagonisti? C'è una componente autobiografica?
Ramon Passavanti è il classico investigatore privato che esce pari pari dalla tradizione letteraria/cinematografica hard-boiled. Poi però è chiaro che facendolo lavorare a Ferrara non si può far finta che sia Los Angeles. Se vogliamo trovare delle fonti in ogni caso, basta mettere le mani dove poi ce le mettono tutti: il Marlowe di Chandler, la capacità di risolvere i problemi fisicamente del Pete Bondurant di American Tabloid, qualcosa di 100 bullets e di Sin City. Molto di Dylan Dog. Aver letto tutta questa roba è come aver studiato dai gesuiti:alla fine qualcosa salta sempre fuori.
Poi è abbastanza chiaro che molto di quello che caratterizza il lato umano di Ramon è preso dalla vita personale dell'autore: entrambi siamo stropicciati (capelli un po' così, barba incolta, pessimo dopobarba), entrambi dormiamo poco e soffriamo di terribili emicranie. Ramon ha inoltre tutti i miei vizi: fuma sigari e beve gin-tonic. Ed entrambi abbiamo il senso pratico di mettere le mani nelle situazioni in cui la merda sta salendo velocemente oltre il collo. E poi Ramon è un perdente che non si arrende, che è la sua dote migliore.
Gli altri protagonisti hanno tutti qualcosa presa a prestito da personaggi reali o miei conoscenti. Naturalmente su questo argomento, la mia bocca rimarrà cucita.
Quarto colpo: l'amicizia tra Ramon e il Maltese. Un legame che ha radici lontane, nonostante i cambiamenti della vita.
Ramon e il Maltese sono stati giovani negli anni '80. Avevo già stabilito a tavolino la necessità che i due avessero un'estrazione sociale e culturale diversa. Creare un rapporto tra due personaggi con un retroterra culturale simile mi pareva sterile. Detto questo: cosa faceva un ventenne negli anni '80? Parlava di politica, parlava di calcio, ascoltava pessima musica. Ma questo chiaramente non basta. Il legame che si sviluppa tra Ramon e il Maltese è incentrato su una considerazione di fondo che entrambi sviluppano nel corso del capitolo centrale, il Purgatorio: i tempi stanno per cambiare, probabilmente in peggio, alla faccia della canzone di Bob Dylan. Questa lettura funziona in virtù del fatto che i due ci arrivano da percorsi diversi, come dicevamo prima. Poi crescono, diventano adulti, cinici e disincantati: ma è una reazione alla spinta idealista che avevano da giovani e che è stata indubbiamente tradita. Poi, contravvenendo a una mia autoimposizione, potrei spingermi a suggerire un'interpretazione (l'autore non dovrebbe mai darne, per lasciare libero il lettore di trarre le proprie conclusioni) per il Purgatorio: il futuro negativo che entrambi i personaggi vedono all'orizzonte, non è causato dalla fine dell'ideologia (siamo nell'84, ne mancano solo cinque all'89) che già nel libro viene presa giustamente a calci, ma bensì dall'incapacità di sostituirla con qualche altra cosa che sappia fare da propellente. E' il cambiamento generatosi nella società a partire dalla fine dei '70: il serbatoio è vuoto, e non forse non esiste più la benzina.
Quinto colpo: la struttura narrativa. Di fatto il filo conduttore della storia è unico e lineare, ma diviso in tre, chiamiamoli così, macro capitoli.
Il numero dei macro capitoli mi è sembrato funzionale. E poi si è prestato ad un paio di giochini che avevo in mente. A esempio la scansione Inferno/Purgatorio/Paradiso, oltre a strizzare l'occhio a Dante che con il noir non c'entra niente (ma l'accostamento tra due generi non confinanti suscita pur sempre un effetto imprevedibile. Quale? Questo lo può sapere solo il lettore…), diventa una metafora dell'avvicinamento graduale di Ramon alla verità. Una metafora rimarcata dal fatto che la storia si sviluppa in piena notte, ma il bandolo della matassa viene districato inevitabilmente all'alba. E quindi abbiamo: Paradiso/Alba/Soluzione del caso, e di contro Inferno/Notte/Delitto. Sono naturalmente dei cliché. Anche la figura dell'investigatore privato lo è: la difficoltà sta nel farli convivere tutti insieme in una cornice funzionale.
Poi mi piaceva lo schema simmetrico Presente/Passato/Presente dei tre macrocapitoli. D'altronde mi serviva un lungo flash-back centrale perché volevo dare una dimensione più umana ai personaggi. Potevo farlo stando nel presente? Direi di no, perché a quel punto dell racconto avevo già fatto sparire qualche personaggio sotto il tappeto, e mi serviva interazione. Anche per spiegare il rapporto Ramon/Maltese. Quindi: che fare? Il passato, mi sono detto. Andiamo indietro di una ventina d'anni: anche lì non ho saputo resistere al fascino della citazione. Quindi il 1984. E si poteva parlare del 1984 in Italia senza parlare anche d'altro? Non si poteva. C'è la politica, certo, ma c'è anche "il Declino dell'impero americano" di Arcand e American Psycho di Bret Easton Ellis. Alla fine i debiti si pagano.
Sesto colpo: l'ambientazione. Dove si svolge la vicenda?
La vicenda si svolge a Ferrara per questioni pratiche. Mi serviva un posto di cui avessi una conoscenza approfondita: non per una funzione descrittiva, ma per una motivazione logistica. Di descrivere la facciata del Duomo non mi interessa niente, a meno che non sia utile allo sviluppo della trama. Mi interessa sapere quanto ci vuole per attraversare le piazza, con il duomo in mezzo. Secondi, minuti, ore: questo era importante. D'altronde la trama ha un arco narrativo di una sola notte, il che si sovrappone al fatto che il libro possa essere letto in poche ore. Da qui una scelta molto precisa: dare alla narrazione dei tempi cinematografici. Quando faccio muovere Ramon da una parte all'altra della città, il tempo di lettura coincide con il tempo che realmente necessita quello spostamento:avrei potuto scrivere con la mappa di Ferrara sott'occhio, ma non mi serviva. Sono gli spostamenti che ho fatto per una vita, e che talvolta continuo a fare. Magari, proprio come Ramon, appesantito da un Gin-tonic di troppo…
Settimo colpo: la pubblicazione. Come sei arrivato alla pubblicazione? Problemi, consigli, esperienza personale…. Lo rifaresti?
Certo che lo rifarei: io scrivo sia per mio piacere personale che per generare un effetto in chi legge. Si può generare qualcosa nel lettore solo attraverso la pubblicazione. Poi, naturalmente, pubblicare è un gran casino. Bisogna riuscire a rendere presentabile il proprio lavoro e spedirlo, a quante più case editrici possibili tra quelle che pubblicano il "proprio" genere letterario. Naturalmente a questo punto possono succedere anche cose sgradevoli: capita che si abbia la certificazione che il proprio lavoro non vale una mezza tacca, poiché nessuno vuole pubblicarlo. Non è una sentenza definitiva ma è sicuramente un segnale che dovrebbe generare una riflessione in chi scrive. Ancora peggio è quando il proprio lavoro non vale una mezza tacca e arriva un fantomatico editore che fa la classica proposta indecente: ti pubblica il libro in "cambio" di un contributo in denaro sonante. Nell'ordine di qualche migliaio di euro. E' un fenomeno fin troppo diffuso nella piccola editoria.
Io con Eclissi ho avuto la fortuna di lavorare con un editore che accetta il rischio d'impresa e che nel progetto mette il grano di tasca sua. Persone serie, quindi. In definitiva il consiglio è questo: non pubblicate a pagamento ragazzi, anche (e soprattutto) se è la vostra prima esperienza. Vi stanno fregando facendo leva sul vostro ego: componente che nella categoria scrittori e aspiranti tali tende a essere abnorme. Ma voi non cascateci.
Ottavo colpo: progetti?
Sì, qualcosa ho in mente. Due progetti per la verità. Il primo è legato al tentativo di dare una serialità al personaggio di Ramon. Il rischio è quello di ripetersi, quindi sto pensando a una gabbia narrativa completamente differente. E sto pensando anche a un cambio di ambientazione, soprattutto temporale: non un seguito, ma più probabilmente un prequel. Una sorta di "Ramon:gli anni perduti" in cui veranno raccontati nel dettaglio le prime esperienze di Ramon come investigatore: a occhio e croce dovremmo essere nei primi anni '90. E forse si capirà anche qualcosa di più sulla sua vita privata e perché si sono determinate alcune situazioni che troviamo già in essere nel primo libro.
Il secondo progetto è in fase ancora più embrionale: una vicenda, seppur ambientata in Italia, legata a dei reduci della guerra civile Jugoslava. Sto pensando a tre personaggi principali: due serbi e un croato. Vorrei prendere la situazione jugoslava di inizio anni '90, metterla in un frullatore con Il buono, il brutto e il cattivo e Non è un paese per vecchi di Mc Carthy, agitare bene e servire con una storia ambientata nell'attualità. Ma mi devo documentare: prevedo di cominciare a buttare giù qualcosa nel 2011.
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