Dopo tanti film che hanno scritto la storia del cinema marziale asiatico, la collana “Bruce Lee e il grande cinema delle arti marziali”, curata da Gazzetta dello Sport e Stefano Di Marino, porta nelle edicole uno dei capisaldi della cinematografia marziale occidentale, uno dei titoli che sul finire degli anni Ottanta decretò il risorgere della febbre marziale: stiamo parlando di “Kickboxer - Il nuovo guerriero” (1989) di David Worth e Mark DiSalle.
Dopo il successo di “Senza esclusione di colpi!” (Bloodsport), torna sullo schermo un attore marziale in splendida forma, Jean-Claude Van Damme, che dal punto di vista professionale è in piena ascesa, ma da quello marziale è già all’apice.
I fratelli Kurt e Eric Sloan (della cui “caduta” si è trattato in un precedente articolo di questa rubrica) si recano in Thailandia per raccogliere premi sportivi anche lì. Eric (Dennis Alexio) è infatti campione di kickboxing negli USA e il fratello Kurt (Van Damme) è il suo secondo. Ma la kickboxing sportiva americana non è la dura muay thai, e ben presto Eric scopre che il suo avversario Tong Po (Michel Qissi) è un osso molto duro: questi atterra con facilità il campione americano e gli infligge una tecnica proibita che gli spezza la schiena. Visto il proprio fratello inchiodato su una sedia a rotelle, Kurt vuole vendicarsi e convince il maestro Chau (Dennis Chan) ad allenarlo nel muay thai. Dopo uno percorso fisico e spirituale, Kurt sarà in grado di affrontare il temibile Tong Po e vendicare il proprio fratello.
Girato in 36 giorni fra Hong Kong e Thailandia, “Kickboxer” non brilla certo per l’originalità della trama (un critico dell’epoca lo paragonò ad un «Karate Kid in miniatura»), ma il successo della pellicola è dovuto all’insieme fortunato di molti fattori. Dalle affascinanti location thailandesi alle fresche coreografie che Van Damme cura in prima persona, e soprattutto dal fatto che film di questo tipo - malgrado oggi possa sembrare banale - all’epoca era un genere ormai dimenticato. L’unica star marziale occidentale celebre dell’epoca, Chuck Norris, non concedeva se non un minimo spazio alla marzialità nei propri film: la quantità di scene di combattimento presenti in “Kickboxer” è altissima anche per gli standard odierni, e quindi i fan di tutto il mondo poterono rifarsi gli occhi con una star che sapeva rendere in modo eccezionale le tecniche acrobatiche sullo schermo.
Ogni “buono” dello schermo ha bisogno di un “cattivo” alla sua altezza, e così Van Damme volle al suo fianco il fidato amico e collega Michel Qissi, con il quale anni prima aveva abbandonato Bruxelles per conquistare gli Stati Uniti. Dopo ruoli di contorno (come Paredes in “Senza esclusione di colpi!”) e tecnici (è allenatore di Van Damme in “Cyborg”) finalmente arriva per l’attore di origini turche un grande ruolo di villain: il granitico Tong Po... anche se nei titoli di coda il personaggio viene indicato come interpretato da “himself”, se stesso!
Lo spietato lottatore di muay thai piacque a tal punto che Qissi venne chiamato ad interpretarlo nel sequel “Kickboxer 2”, anche se con uno stile diverso (#): resosi indisponibile, nel film “Kickboxer 4 - L’aggressore” Tong Po viene interpretato da un altro amico di Van Damme, Kamel Krifa... con un’orribile trucco per renderlo asiatico!
Alla sua apparizione la critica non fu certo tenera con il film. Il critico Chris Willman scrive l’11 settembre 1989: «Questo potrebbe non essere il più stupido film d’azione dell’anno, comunque ci prova lo stesso. Assurdità nella sceneggiatura, stereotipi razziali, nudità superflue ed esagerata violenza al di là delle possibilità umane: “Kickboxer” ha tutto questo.»
Al di là dei molti giudizi negativi della critica, il film rimane un punto di riferimento per gli appassionati del cinema marziale, che magari sono disposti a chiudere un occhio sui difetti per godersi i pregi, consci di aver assistito ad una delle migliori espressioni del talento fisico di Van Damme, all’epoca star nascente e promettente di un genere che in realtà poi ha fatto di tutto per abbandonare. Inoltre va sottolineato che “Kickboxer” (in coppia con “Senza esclusione di colpi!”) ha rilanciato la passione per il cinema di genere in Occidente, aprendo le porte ad un fiume di film che per quasi un decennio ha invaso il mercato, dando spazio a star marziali come Jeff Wincott e Loren Avedon, o facendo passare veri campioni del ring ai set cinematografici: Don “The Dragon” Wilson, Benny “The Jet” Urquidez o maestri di stile come Jeff Speakman non sarebbero esistiti al cinema se Van Damme non avesse aperto loro la strada.
A quanto pare esistono varie scene tagliate dal film ma nessuna intenzione da parte dei distributori di rilasciare una versione definitiva.
In occasione dell’uscita in blu-ray del film, il sito VanDammeFan.net intervista il regista David Worth, oggi professore del distaccamento di Singapore della Chapman University e regista solo nel periodo estivo. Worth racconta di aver lavorato gratis a tutta la pre-produzione del film “Kickboxer” prima di esserne nominato regista.
Il film nasce sotto una buona stella. «Per i cinesi, infatti, il numero 8 è molto fortunato - racconta il regista - e il copione definitivo portava la data 8 agosto 1988 (8-8-88): tutti sapevano che sarebbe stata una produzione fortunata. [...] È uno script molto buono, che originariamente Chuck Norris voleva interpretare e fu seccato che invece venne scelto Van Damme.»
«Kickboxer è stata la mia prima produzione internazionale come regista - chiude il regista - avrà sempre un posto speciale nel mio cuore.» Sentiamo di doverci unire a questo giudizio, noi fan che abbiamo ancora negli occhi il ventinovenne Van Damme che vola al rallentatore nella sua celebre tecnica di gambe...
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