In quanti modi si può uccidere? In tanti, e appropriarsi indebitamente dell’opera della vittima è uno di questi. Malgrado il titolo e la copertina ammiccanti rimandino a ben più truculenti delitti (“crimine” editoriale che nel libro stesso troviamo alla voce “Falsi titoli”), quelli raccontati in "Crimini letterari" sono reati di penna e di concetto, reati di idee e di stili: non si pensi però che questo sia un’attenuante.

Il saggio edito dalla palermitana duepunti edizioni è una sintesi ragionata dei brani migilori del più corposo “Questions de littérature légale”, sferzante e pungente indice che l’ottocentesco bibliofilo parigino Charles Nodier punta contro quanti hanno versato inchiostro colpevole su pagine innocenti sin dall’antichità. Nulla sfugge al pennino appuntito di Nodier del panorama “criminale” letterario: i plagi, le appropriazioni, le false attribuzioni, le presunzioni d’autore («I più grandi genî non si sono peritati di farvi ricorso»), i pastiches («le opere più eccellenti sono quelle che vi si prestano meno»), le interpolazioni («ma la malafede si tradisce sempre in qualche dettaglio, soprattutto quando si abbina all’ignoranza grossolana»), i cambi di titolo («mi è capitato di ricominciare tre o quattro volte con un nuovo titolo la lettura di un’opera che mi aveva già stufato in precedenza»), le scuole di stile («Il vero talento non fonda scuole. [...] Questa uniformità di maniere che costituisce le scuole non appartiene ad altro che alla mediocrità»).

Ogni aspetto di una scrittura men che onesta viene analizzato da un Nodier che non fa sconti a nessuno. Non si lascia infatti convincere da una certa consuetudine secondo cui «prendere dai connazionali è fare bottino, ma prendere dagli stranieri è fare conquiste»: Nodier non ha dubbi nei riguardi del plagio, «il genio ha altri mezzi, in verità.»

Camus disse che un criminale non è la persona migliore per descrivere un crimine, che cioè l’esperienza diretta non fornisce anche gli strumenti letterari per scriverne al meglio: spesso questo è vero, ma non certo nel caso di Nodier, che non disdegnò ricorrere più di una volta ai “crimini” di cui è andato accusando i propri colleghi scrittori. Come racconta l’Avvertenza che apre il libro - curata dal traduttore e da altre due sigle non identificate - pochi dei trucchi che Nodier biasima vennero disdegnati da egli stesso, la cui opera letteraria ha più d’un debito (illecito) con altri lavori di autori contemporanei o antichi. Peccato di penna che il tempo gli perdona, perché - nelle parole dei curatori dell’Avvertenza - «La Repubblica delle lettere è fatta soprattutto di criminali, perché anche il più originale degli autori ruba: fa man bassa dell’immaginario condiviso e se ne appropria, riscrive sempre ciò che non ricorda più di aver letto, ridice sempre ciò che non ricorda più di aver udito, dispone dell’altrui come se fosse suo. Ed è suo, ma non gli appartiene».

Il saggio è stato volutamente elaborato in forma enciclopedica dai curatori italiani: si ha l’idea che così facendo si perda il tono colloquiale voluto dall’autore, ma rimane comunque un saporito assaggio della scrittura speziata di Nodier e una panoramica sulle più biasimevoli abitudini di autori di ogni età e nazionalità.