Inserita all’interno di “Vidocq”, la nuova collana di Baldini Castoldi Dalai, Mano Nera comincia a Sarajevo, col sangue: la strage provocata dal sequestro di Sanja Karahasan, figlia di un ministro bosgnacco, cui segue, a breve, il rapimento della cugina Nadira. E soprattutto, il furto del tesoro più prezioso della Bosnia-Erzegovina: l’Haggadah di Sarajevo, un antichissimo manoscritto sefardita custodito al Museo Nazionale, pregno di valori non solo valutari.
Mano Nera è un gran bel libro, che scorre via piacevolmente grazie ad azioni avvincenti, personaggi riusciti, mescolati da nazionalità non sempre in convivenza pacifica: serbi, croati, bosgnacchi, ognuno col suo credo: musulmani, ortodossi, cattolici e integralisti. Abbiamo rivolto ad Al Custerlina qualche domanda su questa nuova avventura.
In “Mano Nera” (Baldini Castoldi Dalai) c’è lo stesso mood di “Balkan Bang!” (Perdisa Pop e rist.Mondadori) e la stessa ambientazione balcanica. Com’è stato, professionalmente parlando, il passaggio dal primo al secondo romanzo?
Il passaggio al secondo romanzo è stato assolutamente indolore: stesura veloce, ottimo supporto da parte della casa editrice, nessuna crisi del foglio bianco. Avevo molte idee da mettere sulla carta e sono partito come un razzo.
In cosa ti consideri maturato, come scrittore? Cosa senti di avere in più rispetto agli inizi? E cosa in meno?
Credo di essere maturato a livello di sintesi. Balkan bang! era mediamente prolisso, Mano Nera, invece, è molto più misurato, più essenziale. E poi, con il primo ho scaricato un sacco di roba (personaggi, scene, battute) che mi girava in testa da troppo tempo e che ora non mi assilla più.
In meno ho solo i soldi, in quanto ho cominciato a ridurre il mio impegno professionale per dedicare più tempo alla scrittura.
L'intervista integrale a cura di Marilù Oliva la trovate in rubriche/10169
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