Parallelamente al sorgere e al prender forma del noir statunitense il cinema francese si cimenta in modo autonomo, durante gli anni '30, con alcune pellicole che vanno nella stessa direzione ma con soggetti e ambientazioni differenti, perchè differente è la tradizione culturale e sociale francese.
Il realismo è una componente quasi costante di quello che è stato chiamato pre-noir francese, e se la città rimane lo sfondo prediletto, appaiono scenari fino ad allora poco approfonditi, come la provincia (i registi francesi diventeranno maestri nel raccontare il marcio che si nasconde dietro la patina banale della vita delle piccole comunità) e le colonie.
Le storie sono, come quelle dei noir americani, senza speranza e segnate da un profondo pessimismo, ma tracciate con una maggiore attenzione alle cause e alle ricadute sociali del crimine.
I protagonisti negativi sono spesso vittime di un sistema malato molto più grande e pericoloso di loro e non campioni di una cattiveria dovuta alla perversione individuale, come la matrice ideologica nordamericana tendeva a volte raffigurare i personaggi maledetti del noir.
La sessualità, sempre strisciante nei film di genere hollywoodiani, è qui più esplicita, mentre l'amore resta quello che è in ogni noir che si rispetti: la via principale per la dannazione e la morte o, quando va bene, semplicemente impossibile.
I film che meglio rappresentano questo aspetto dell'approccio francese al male di vivere, che con gli anni '40 e '50 si trasformerà in un filone noir vero e proprio, con un suo stile e una sua poetica ben precisi, sono soprattutto due e si concentrano verso la fine degli anni '30: Il bandito della Casbah (Pépé le Moko, 1937) di Julien Duvivier e L'angelo del male (La bete humaine, 1938) di Jean Renoir.
Gli elementi che caratterizzano il pre-noir, e che si perfezioneranno nel noir successivo, sono, per quanto riguarda i contenuti, l'ambientazione spesso proletaria, la messa in luce di realtà per lo più non considerate dal cinema tradizionale, come il mondo della malavita e degli emarginati, di chi nella vita è destinato ineluttabilmente a perdere, più per l'ipocrisia e la disumanità dell'organizzazione sociale che per le colpe e gli errori dell'individuo. Questo nuovo e grande interesse per la complessità tutta della società e della vita sono ben comprensibili alla luce della politica e della stagione che vive la Francia in quegli anni, con il trionfo elettorale del Front Populaire alle elezioni del 1936.
Lo stile invece ancora non si distacca dalla miglior tradizione del cinema d'oltralpe, fatta di capacità artigianale e inventiva tecnico-linguistica supportate dal diffuso talento registico. La valorizzazione dei luoghi marginali porta per forza di cose all'atmosfera cupa che contraddistingue il noir, ma uno stile caratterizzante prende forma solo nel decennio successivo con la maturità del genere. In ogni caso lo sfondo nero del cinema francese sarà sempre qualcosa di diverso e di più realistico, e quindi di più inquietante, dei "quadri" da incubo, grandi quadri certo ma più arte che vita, propri del cinema nord-americano.
Non bisogna dimenticare poi due opere come Il porto delle nebbie (Quai des brumes, 1938) e Alba tragica (Le jour se lève, 1939), entrambe dirette da Marcel Carné, che si pongono a metà strada tra il noir nascente e il dramma classico e che si avvalgono della fisionomia e del talento di un'icona come Jean Gabin. Così come è significativo che la prima riduzione cinematografica di un pilastro del genere come Il postino suona sempre due volte di James M. Cain, sia avvenuta proprio in Francia nel 1939 con il film Le dernier tournant di Pierre Chenal, in anticipo sulle due grandi versioni per lo schermo realizzate negli anni '40, in Italia con Luchino Visconti (Ossessione, 1943) e negli Stati Uniti con Tay Garnett (The postman always rings twice, 1946).
Quella del noir per la Francia non è una stagione passeggera, e non è solo il cinema a stuzzicare il lato oscuro dei francesi. La letteratura noir troveranno nella terra di Baudelaire la consacrazione come genere degno di rispetto e di stima quando ancora negli Stati Uniti, nonostante il grande successo di pubblico, gli autori e le storie maledette vengono trattati come prodotti di serie B, moralmente sconvenienti e artisticamente scadenti. La serie noir dell'editore Gallimard ne è l'esempio più lampante.
Fondamentale per una matura presa di coscienza di ciò che l'universo noir costituisce all'interno del paradigma culturale occidentale è poi il lavoro critico degli studiosi francesi, sia per la pagina scritta che per la pellicola impressionata. In questo settore rimane "fondante" il Panorama du cinema noir di Raymond Borde e Etienne Chaumenton.
Insomma, è la Francia l'altra patria del noir... ma siamo andati troppo avanti e questo sarà l'argomento di una futura puntata. Ora è tempo di tornare un poco indietro e ripassare dall'altra parte dell'oceano Atlantico...
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