Gli articoli di questa rubrica dedicati alla letteratura fantastica hanno dimostrato l’esistenza di un fortissimo legame fra gli pseudobiblia e i mondi demoniaci, se non proprio con il diavolo in persona. Nella pièce teatrale di Christopher Marlowe di “La tragica storia del Dottor Faust” (1590 circa), Mefistofele in persona offre al protagonista un libro da studiare attentamente, un libro che controlla le tempeste e i turbini, che porta oro a chi lo legga. Faust però non è soddisfatto: vuole anche un libro con incantesimi, e un libro per scoprire i segreti dei cieli, e uno per controllare gli spiriti. Mefistofele indica lo stesso libro di prima e dice che tutto ciò che Faust cerca è là. «Ah, è falso!» grida indignato l’uomo: «No, è la verità» risponde il diavolo. Questo dialogo sembra essere alla base dell’opera degli scrittori del fantastico: la verità è sempre contenuta in un libro falso...
Varo Borja è come Faust: ha per le mani un testo demoniaco, ma ha paura che sia un falso... più falso cioè di quanto non sia, visto che si tratta dell’espediente d’un romanzo. Stiamo parlando del “Libro delle Nove Porte”, contenuto in un romanzo molto particolare e ad alta densità bibliofila: “Il Club Dumas, o l’ombra di Richelieu” (El club Dumas, 1993). Già dal titolo si capisce quale sia uno dei grandi protagonisti del romanzo scritto dallo spagnolo Arturo Pérez-Reverte: la letteratura d’appendice, il feuilleton ottocentesco che solo dopo sarebbe stata considerato “letteratura alta”.
Specifichiamo subito che il romanzo di Pérez-Reverte ha solo un esile rapporto con il film “La nona porta” (The Ninth Gate, 1999) che ne è stato tratto: la pellicola diretta da Roman Polanski ha preso solo la parte esteriore, la patina del romanzo per creare un thriller satanico che poco ha a che vedere con l’opera dello scrittore spagnolo. Non ce ne voglia quindi il lettore se si evita accuratamente di parlare dell’esile pellicola (cinematografica) per concentrarci sul denso succo (del romanzo).
Il romanzo “Il Club Dumas” è un delizioso divertissement letterario che gioca con i canoni di varie letterature, dal thriller alla letteratura fantastica a quella avventurosa d’appendice. L’autore fa subito capire quale sarà il registro della narrazione presentando l’io narrante, Boris Balkan, come scrittore e traduttore di non lucente fama, il cui campo d’azione è il feuilleton ottocentesco: alcuni titoli di suoi saggi (pseudobiblia di tutto rispetto, va specificato) sono “Lupin, Raffles, Rocambole, Holmes” e “Dumas: l’impronta di un gigante”. Egli ha conosciuto di persona Lucas Corso, «un mercenario della bibliofilia», e ne racconta la storia e le avventure fino alla fine. L’esca del “romanzo nel romanzo” è lanciata...
Lucas Corso è un “cacciatore di libri” (cazador de libros), anche se nella versione inglese (nonché cinematografica) diventa un “detective di libri” (book-detective). «È un mestiere che implica le dita sporche e la parola facile - ci spiega Pérez-Reverte - buoni riflessi, pazienza e molta fortuna. E anche una memoria prodigiosa, capace di ricordare in quale angolo polveroso di un negozio di libri usati riposa quell’esemplare per cui qualcuno è disposto a pagare una fortuna.»
L’incarico di Corso di autenticare un manoscritto originale di Alexandre Dumas padre («Il vino d’Angiò: capitolo quaranta e rotti, mi sembra di ricordare, dei Tre moschettieri.») è affiancato da quello di verificare l’autenticità di un testo posseduto da un grande collezionista, Varo Borja. Questi possiede una delle uniche tre copie esistenti di un libro considerato eretico, ma è convinto che solo una di queste sia autentica: incarica Corso di indagare in proposito. Lasciamo all’autore presentare il libro eretico in questione.
«Epoca: metà del Seicento. Scenario: Venezia. Protagonista: un tipografo di nome Aristide Torchia, a cui viene in mente di ristampare il cosiddetto “Libro delle Nove Porte del Regno delle Ombre”, una specie di manuale per invocare il diavolo... I tempi non sono adatti a questo genere di letteratura: il Santo Uffizio riesce, senza grande sforzo, a farsi consegnare Torchia. Imputazioni: arti diaboliche con annessi e connessi, aggravate dal fatto, dicono, di avere riprodotto nove incisioni del famoso “Delomelanicon”, il più classico dei libri neri, che la tradizione attribuisce alla mano di Lucifero in persona...»
La storia prosegue secondo i dettami del thriller, con le avventure di Corso in tutta Europa alla ricerca delle copie del “Libro delle Nove Porte”, l’aiuto di una donna misteriosa quanto provvidenziale e la scoperta che le incisioni presenti in questo pseudobiblion... potrebbero provenire da Lucifero in persona!
Dietro a tutto questo, però, c’è l’ombra di Richelieu... un secondo strato di lettura che gioca secondo dettami del “romanzo nel romanzo”: chi è il narrante e chi il narrato? E se la vita non fosse altro che uno scadente feuilleton? «Tento di decifrare il romanzo d’appendice che qualcuno sta scrivendo a mie spese» dirà Corso.
C’è poi la bibliofilia, quella esasperata, quella che come una droga pervade ogni fibra: per questa passione devastante si può dilapidare un patrimonio in opere rarissime, vivendo solo per loro, e morendo un po’ per volta quando ci si ritrova costretti a venderle per evitare la bancarotta. «I libri giocano questo tipo di scherzi. E ciascuno ha il diavolo che si merita.» Ma c’è anche la versione più leggera della bibliofilia, quella che porta Pérez-Reverte ad infarcire il suo romanzo di citazioni e rimandi, di titoli di libri quasi sempre veri, in una squisita operazione letteraria.
La stessa donna misteriosa che aiuta Corso durante il suo cammino, è una deliziosa reincarnazione della Biondetta de “Il diavolo innamorato” (1772) di Jacques Cazotte: Pérez-Reverte addirittura immagina che questo scrittore, ghigliottinato nel 1792 per una falsa accusa di cospirazione, abbia posseduto il “Libro delle Nove Porte”. Nel romanzo di Cazotte il diavolo prende sembianze femminili per impossessarsi dell’anima del protagonista, ma finisce vittima del proprio inganno e si innamora dell’uomo: la maschera diventa il volto. L’operazione si ripete con la donna che aiuta Corso, novello diable amoureux, che sembra condividere in pieno le passioni del cacciatore di libri.
“Le Nove Porte” è un libro che dovrebbe evocare il diavolo, forse addirittura Lucifero stesso ha partecipato alla sua stesura: agli amanti del mistero e dell’esoterico, può bastare questo, ed è a loro che si rivolge Roman Polanski con la sua versione cinematografica.
Per gli altri, c’è l’ombra di Richelieu: c’è il gioco della finzione letteraria, c’è l’autore che lascia indizi per far capire al lettore che è tutto falso, che è solo un feuilleton... Ma forse, come il Faust marlowiano citato all’inizio, è proprio da un libro falso che nasce la verità... forse tutta la storia umana non è altro che un enorme romanzo d’appendice... ma questa è un’altra storia: una storia dell’Accademia Pessoa...
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