La criminologia è quella scienza che studia il fenomeno criminale nel suo complesso, dai reati, agli autori dei reati, alle vittime e ai tipi di condotta criminale. La nascita della criminologia risale al 1876, in quell'anno, infatti, fu pubblicato "Uomo delinquente", di Cesare Lombroso, psichiatra veronese che individuò le metodologie dell'analisi che indagavano per l'appunto i fenomeni legati al crimine. Fin dall’antichità gli studi di psicoterapia hanno cercato di trovare una soluzione a quel male che colpisce “l’emotività” di un individuo e dei derivanti disturbi psichici che possono portare a commettere un atto delittuoso. Per alcuni psicoanalisti del passato come Stekel, Staube e Alexander l’uomo è “universalmente criminale” mentre per Freud ogni uomo è responsabile di se stesso. Diceva “chi se non il sognatore stesso è responsabile dei suoi sogni?” Seguire tutte le teorie sarebbe un percorso lungo e complesso che sarebbe difficile trattare se non all’interno di un saggio, per cui ci limitiamo a fornire solo alcuni elementi della discussione per rendere più accessibile la figura di chi opera dietro il crimine, crimine analizzato utilizzando come riferimenti teorici la psicopatologia, la psicologia giuridica e conoscendo meglio un esperto del settore e autore di diversi testi che studiano gli atteggiamenti “disordinati” di certi individui.
Angelo Zappalà è psicologo, specialista in psicoterapia cognitiva, criminologo clinico, direttore del centro scienze forensi di Torino, gli chiediamo:
Quali sono le motivazioni psicologiche che spingono l’individuo a commettere un crimine?
Domandona… dipende dal crimine, alcuni hanno una commissione mentale diretta con il crimine, ovvero si trovano nella condizione di passare all’atto criminale per un impulso d’ansia, di angoscia, come può essere per esempio con la schizofrenia. Oppure il sentire delle voci nella propria testa, può portare un individuo a commette atti delittuosi, questo aspetto rientra nel disturbo della personalità. Si riscontrano spesso cause contingenti come sentimenti di forte stress e di ansia come abbiamo detto, le persone così dette “normali” superano le difficoltà senza esplosioni emotive, altri non ci riescono. Siamo talmente abituati a vedere le persone vivere nelle medesime condizioni: famiglia, lavoro, amici… ma se queste cambiano nella dinamica quotidiana, possono esserci atteggiamenti e comportamenti inaspettati anche da parte di individui ritenuti “normali”.
Siamo quindi tutti dei potenziali delinquenti?
Se ci fosse un black out ci sarebbe sicuramente un aumento della violenza, il 70% delle persone ammette che se non fosse per la paura di essere scoperto, commetterebbe un crimine, se avessimo ognuno una pistola ci sarebbe un omicidio al giorno, anche solo per autodifesa ci sentiremmo autorizzati a togliere la vita ad un altro individuo. Più il mondo è complesso, più bisogna organizzarsi. Bisogna rispettare le regole in maniera costante e questo può sviluppare aggressività in quei soggetti che non hanno ricevuto una buona dose di educazione.
Una personalità violenta è socialmente incompatibile?
L’incompatibilità può essere di diverso tipo, sono tante le persone che vivono in maniera normale e che di punto in bianco tirano fuori il loro lato violento, magari per la scoperta di una malattia, per la perdita di un lavoro, per il tradimento della propria moglie. Ne parlo approfonditamente nel testo “Gli sterminatori” che consiglio di leggere a tutti coloro che sono interessati a questo tipo di argomento.
Ci faccia un caso di esclusione dell’imputabilità di un individuo secondo il codice penale vigente…
Esagero… se sono cleptomane e rubo tante cose, il mio comportamento emerge dai colloqui con lo psicologo che mi sta seguendo, se si accerta la patologia per quel tipo di reato, sono escluso dall’imputabilità… se però appicco un incendio in un bosco la diagnosi precedente non giustifica tale reazione, perché quel reato non è espresso nella mia diagnosi, per cui in questo caso vengo incriminato. Ovviamente quando si parla di malato di mente si deve fare riferimento alla persona che non è in grado di intendere e di volere.
Il disturbo psicologico più difficile da gestire in ambito criminoso?
Molti omicidi avvengono nell’ambito familiare e sono quelli più difficili da trattare, quando per esempio il soggetto uccide i familiari e poi se stesso è perché crede che gli altri non possano vivere senza la sua presenza. Il più delle volte questi omicidi si commettono nei confronti delle persone che si hanno intorno, con cui si ha appunto un legame.
La psicanalisi può considerarsi uno strumento valido contro le attività delittuose?
A volte i farmaci certo riescono a compensare alcuni disturbi mentali, vi sono però anche quei disturbi che non portano a commettere delitti come per esempio la pulsione a contare o a pulire gli oggetti. Alcuni individui invece, hanno un disturbo amplificato che non riescono a controllare. La psicanalisi riesce a stabilire per esempio, qual è il soggetto depresso che si chiude in se stesso, a quello che manifesta una depressione psicotica che può portare a commettere atti delittuosi. Alcuni farmaci sono dei veri strumenti in grado di regolare le emozioni dell’individuo, anche se il farmaco non incide invece, sui crimini premeditati, ovvero, decido di rubare in una banca perché voglio diventare ricco, quel tipo di delinquente continuerà a essere tale.
Vi è una parte buona nella mente del serial killer?
Dipende dall’omicidio seriale, come parte buona possiamo intendere quella parte che “funziona”, vi sono assassini spietati che hanno una famiglia, amano il proprio figlio, e quindi possono accedere alle emozioni, altri non provano affatto empatia, non distinguono cioè le emozioni sul viso di un altro individuo. Veniamo al mondo biologicamente programmati, ma è indispensabile l’insegnamento che ci viene impartito fin da bambini. Pensate ai bambini soldato, non sono stati allenati a provare emozioni, a loro viene insegnato solo la cattiveria, alcuni arrivano a uccidere persino i propri genitori senza provare nessun sentimento. La maggior parte dei criminali ha una vita disgregata: abusi, padri violenti, è raro trovare un killer che abbia alle spalle una vita serena.
Parliamo del caso di Donato Bilancia che risparmiò una vittima perché questa dichiarò di avere un figlio, ci spiega questa dinamica?
E’ molto Holliwoodiana come storia e personalmente non la conosco, ma se così è… questo è un chiaro esempio di come quella persona, l’ipotetica vittima, sia riuscita ad avere accesso alla parte emotiva del killer facendogli sperimentare il sentimento della compassione.
La violenza attrae? Pensiamo ai film violenti, ai videogiochi…
La società non è violenta, un individuo può decidere di vivere tutta la propria vita senza fare aggressioni, senza andare in guerra. Siamo purtroppo una società spaventata, vi sono famiglie monoparentali, si vive più a lungo e si invecchia da soli, questi elementi ci fanno a volte perdere il controllo, cercare i cosiddetti “mostri” ci fa pensare di poterli avvicinare in maniera del tutto sicura, tanto dalla tv non spuntano! Se ci fosse una guerra non saremmo tanto interessati alla cronaca nera, se ci fosse un terremoto con duemila morti non si parlerebbe del caso di Garlasco!
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