Sopporto i loro mugolii, le urla e i colpi violenti contro la testiera nel letto di ferro battuto. Subisco le loro descrizioni a squarciagola sulle copiose venute reciproche e sulle dilatazioni di sfintere e vagina. Patisco le godute urlate di lei, quando sventola al mondo intero le fantastiche dimensioni dell’uccello del suo amante. Mi rodo, brucio, scoppio. E sono morto. Vanno avanti per ore, questa sarebbe l’entità temporale, se potessi raccontare lo scorrere del tempo. Tutta quest’agonia, senza che il Signore mi faccia la grazia di una piccola pasqua personalizzata. Eppure chiedo soltanto mezz’ora: il tempo necessario per recarmi in cucina e afferrare la mannaia per la selvaggina. Mi trasformerò nella sorpresa contenuta dal più grande uovo di cioccolato che il Signore onnipotente dei pasticcieri abbia mai creato. Giusto il tempo per godere delle loro facce paralizzate sul principio d’infarto, causato dalla mia temporanea resurrezione, e mi scatenerò nel ruolo che ho sempre adorato: il principe dell’ammazzatoio pubblico. Mezzo giro di lancetta è più che sufficiente a ridurli in piccoli pezzi, da cucinare in fretta nel pentolone di mia madre. Quello nel quale preparava la conserva di pomodoro. Sarei velocissimo, lo giuro! Mi avanzerebbe persino il tempo per sedermi a tavola e cibarmi della carne dei due bastardi. Così andrei all’inferno con la pancia piena, alla faccia di Gesù Cristo o chi per lui. Invece no! Nessuna grazia mi è concessa. Ho la pressione alle stelle, riacquisto persino il colorito in volto. E sono senza cuore.

Da quanto tempo mi trovo in questa bara? Si perde la cognizione quando si è morti. Li sento, sono ancora nell’altra stanza, a letto. Fumano, parlano e ridono. Hanno un’intimità consolidata, si conoscono da qualche tempo, ne sono sicuro. Altro che saluto al re, il re sta andando in pezzi. Mi sto decomponendo alla velocità della luce, mentre secerno fiele e ingoio le bestemmie. Spero che qualcuno li senta. Vorrei che mia madre tornasse adesso e li beccasse in flagrante, mentre si sollazzano alla pecorina, alla faccia mia. Sudicia puttana! Mi hai ingannato. Sono stato uno stronzo a rivelarti dove avevo nascosto il malloppo.

Finalmente si sono stancati di scopare, maledetti. Fatti vedere in faccia. Voglio guardare chi sei. Chi è il tuo amichetto? Me lo presenti? Gli fanno impressione i morti? Non credo, vi ho sentito. Vi eccitava sapermi nella camera adiacente. Porci schifosi! Eccoli, sono nel corridoio... si sono fermati. Entrate, dai!

- Che vuoi fare? – E’ Lara a domandarlo.

- Voglio vederlo. - Risponde il bastardo.

- Sei scemo? Che ti piglia? –

- Solo un minuto. –

- Massimo, per favore, non andiamo oltre il seminato. –

- E dai, che ci cambia? E’ morto! –

- Un po’ di rispetto. –

L’uomo ride sguaiatamente. – Rispetto? Non mi pare che ti sia fatta tanti scrupoli ultimamente. Nemmeno adesso che ti sei fatta sbattere a un passo da lui. –

- Non essere stronzo. –

- Due minuti, un’occhiata e via. –

Massimo? Questa voce... io ti conosco, per Dio! La porta si apre completamente, Lara entra con gli occhi bassi. E’ ancora scapigliata, deve sistemarsi l’elastico delle autoreggenti. Lui le palpa il culo e la segue sorridendo. Con un fottuto ghigno da carta piglia tutto stampato sulla bocca. Brutto figlio di puttana! Maledetto sbirro! Commissario Massimo Argenti, schifoso indegno! E tu, troia sifilitica, come hai potuto, proprio con lui? Da quanto tempo? Ma certo... da quando mi arrestò un anno e mezzo fa. Altro che sguardo pudico e spaurito, te lo mangiavi con gli occhi. Ci scommetto che te lo scopavi, mentre mi trascinavano in questura e mi sminchiavano di botte.

- Eccolo qui... Baccaredda boy, il re della serenissima. Bianco e duro come un baccalà nella scatola di cartone. Chi è che non potevo permettermi? Lara è mia e tu sei crepato! –

- Smettila, ti prego... –

- Come vuoi, tanto mi fa pena. Povero idiota! –

- Ho paura Massimo. –

- E di cosa? –

- Se ci scoprono? –

- Cosa ti salta in testa? Non c’è pericolo, ho parlato col patologo, questo pomeriggio. Il dottor Ghezzi mi ha confermato che è tutto a posto. –

- Sicuro? Non è che... –

- Ascolta: cerca di calmarti. E’ tutto ok. Mi ha anticipato le conclusioni sull’autopsia. Morte per infarto al miocardio. –

- Allora non hanno trovato nulla... –

- Come avrebbero potuto, te l’ho detto, era un piano perfetto. Non avrebbero mai potuto scoprirci. –