Arriva al fatidico numero 20, a metà dell’opera, la collana “Bruce Lee e il grande cinema delle arti marziali”, impegno che la Gazzetta dello Sport e Stefano Di Marino portano avanti per promuovere finalmente il cinema marziale di qualità, troppo spesso rimasto appannaggio di pochi appassionati. Per questa uscita è sato scelto un titolo che ha scritto una fra le più luminose pagine del gongfupian, del cinema marziale: “The Five Deadly Venoms” (Wu du), film di Chang Cheh del 1978 che in Italia viene purtroppo ribattezzato con il titolo di dubbio gusto “Le furie umane del kung fu”.
In punto di morte un vecchio maestro di kung fu rivela al giovane e promettente allievo Yang (Chiang Sheng) di aver fatto in passato parte della Setta degli Spietati e di aver allenato cinque fenomenali assassini, ognuno dei quali si è specializzato nello stile di un animale velenoso: Lucertola, Centopiedi, Serpente, Scorpione e Rospo.
Per eseguire le ultime volontà del maestro morente Yang dovrà trovare questi cinque uomini, le cui vere identità sono segrete, e scoprire se sono rimasti onesti o se hanno intrapreso vie malvage: nel qual caso, il giovane allievo dovrà ucciderli.
La ricerca non è facile, perché durante tutto il periodo di allenamento gli uomini hanno portato indosso una maschera dell’animale scelto a nascondere il viso. Yang prima osserverà il comportamento di alcuni uomini della città, poi si farà aiutare dal poliziotto He Yuan-xin (Philip Kwok)... ma siamo sicuri che egli non sia uno dei cinque veleni?
Fra intrighi e giudici corrotti, combattimenti all’ultimo sangue e omicidi efferati, fino all’ultimo nessuno saprà di chi fidarsi, perché dietro ogni uomo della città può celarsi un appartenente alla Setta degli Spietati.
“Le furie umane del kung fu”, a più di trent’anni dalla sua uscita nelle sale di Hong Kong, rimane un grande classico del gongfupian oltre che un altro ottimo film del regista Chang Cheh. Anche se la storia è priva dell’aspetto epico e di temi storici che hanno caratterizzato l’opera del regista, la forte componente drammatica e la consueta amicizia virile dei protagonisti (quasi del tutto assente la presenza femminle!) è sicuramente un marchio di fabbrica. Inoltre, per mere ragioni commerciali, sono state inserite sequenze di estrema e compiaciuta violenza che hanno dato problemi con la censura: malgrado non facciano parte del background del regista, lo stesso anche in questo caso Cheh ha saputo essere all’altezza della situazione.
Cinque degli attori protagonisti - quattro “veleni” più l’allievo Yang - hanno interpretato insieme ben 14 film, sempre diretti da Chang Cheh: sebbene la loro collaborazione inizi nel 1977 con “Il padrino di Chinatown” (The Chinatown Kid), l’eccezionale successo de “Le furie umane...” ha fatto sì che questo gruppo di attori sia da allora conosciuto come “The Five Deadly Venoms”, proprio come il titolo inglese della pellicola. I “Venome Films”, come tuttora vengono chiamati, sono caratterizzati da roboanti sequenze di combattimento acrobatico, grazie al fatto che tre dei cinque Venoms provengono dal duro allenamento della Scuola dell’Opera di Pechino, che ha forgiato star come Jackie Chan, Sammo Hung, Corey Yuen e tanti altri.
Fra i rari “Venome Films” arrivati in Italia, oltre ai titoli già citati vanno aggiunti l’ottimo “I due campioni dello Shaolin” (Shao Lin yu Wu Dang, 1978) e “La mano violenta del karatè” (1978), che in realtà è solo un’indigesta fusione italiana dei film del ciclo di Brave Archer.
Con la morte per infarto di Chiang Sheng (che in questo film interpreta l’allievo) finisce l’epoca dei Deadly Venoms. L’unico del gruppo che continuerà a lavorare nel cinema è Philip Kwok, anche se in pochi ma mirati ruoli. Dopo film come “Hard Boiled” (1992) e “Treasure Hunt” (1994) - quest’ultimo in un piccolo ruolo al fianco di “mostri sacri” come Chow Yun-fat e Gordon Liu - prova la carriera statunitense partecipando con il piccolo ruolo del Generale Chang a “007 - Il domani non muore mai” (1997). In realtà sin dagli anni Ottanta Kwok è molto attivo nel campo delle coreografie marziali e negli stunt, partecipando anche a produzioni europee, come “Il patto dei lupi” (2001), e statunitensi, come la miniserie televisiva “La principessa e la magia del drago” (2006).
“Le furie umane del kung fu” quindi rimane un’occasione eccezionale per vedere cinque grandi atleti e attori marziali all’apice della loro carriera, fermo restando che la pellicola vanta anche altri grandi caratteristi del genere, come Wang Lung Wei nel ruolo del giudice.
Nel 2008 per la prima volta il film vede un’ottima edizione digitale, grazie alla collaborazione della nostrana AVO Film con la Celestial Pictures di Hong Kong che ha provveduto alla rimasterizzazione di tanti grandi classici del genere.
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