Abbiamo scritto sempre insieme, ma poi ognuno di noi si è immedesimato di più in qualche personaggio. Magari di tanto in tanto qualcuno, a turno, impugnava il mestolo con maggiore decisione di altri, ma ci siamo sempre dati il cambio nella cottura.
Abbastanza. Giornalisti cialtroni, fotoricatti, scandali sessuali, carriere pilotate… Anche se forse non intenzionalmente, cos’è se non l’Italia berlusconiana? Per fortuna a salvare il tutto c’è l’ironia. Qualcuno scrisse che la Sicilia è una metafora del Paese. La nostra isola, Salina, però ha un attimo di tregua, per fortuna: arrivano l’inverno, il silenzio e il tempo di riflettere, prima o poi. In Italia non sappiamo. Ma ci speriamo.
Non abbiamo pensato “ci mettiamo il politico?” e poi abbiamo deciso di no. Non ci è proprio saltato in mente. L’ultima cosa che diverte di questi tempi sono i politici. Non si riesce a ironizzare. Ce ne sono già abbastanza ovunque, tutti i giorni. “Salina, la sabbia che resta” doveva essere una vacanza mentale da tutto quello che si legge sui quotidiani e che deprime. Però in una prossima puntata, chissà.
E se prendessimo il meglio di ognuno? La voglia di migliorarsi sul piano culturale, la forza di chiedere scusa quando si sbaglia, la capacità di diventare amici di chi ci sembra pregiudizialmente troppo diverso da noi, il desiderio di dare una svolta sana alla propria vita. C’è anche questo, nel romanzo. A parte le dovute eccezioni e i necessari chiaroscuri, ci sembra di essere stati abbastanza ottimisti nel creare il nostro scenario corale. Dopotutto, l’umanità raffigurata nel romanzo è più ridicola che cattiva e tutti hanno un grande desiderio di andare avanti. Sarà l’aria che tira, ma ci andava di trasmettere positività, almeno in un libro e almeno in questo caso.
Sotto la leggerezza del romanzo scorre, passatemi la formula, una moltitudine di solitudini, vero è?
E’ la solitudine del “dopo”. Del dopo estate, del dopo delitto, di ogni “dopo” che in qualche misura cambia la vita dei personaggi. Che alla fine si trovano a decifrare le tracce della sabbia che resta sul fondale, come dentro ognuno di loro, dopo un sommovimento inaspettato, un caos improvviso. Perché il subbuglio non è solo confusione, ma anche spinta alla riflessione. Ogni personaggio può essere letto pure come il riflesso del tema centrale del romanzo: l’insularità, il bello e il brutto di vivere in mezzo al mare. Concretamente e metaforicamente.
No. Non ci abbiamo mai pensato. Magari perché sono storie molto diverse, che non rimandano l’una all’altra.
Il nostro “strillo” di copertina è “L’estate non sarà più la stessa”. Quando una vita, una storia, una persona cambiano radicalmente, non credo che si possa parlare di pareggio. Forse di somma o di sottrazione, oppure di vittoria e sconfitta. Per il momento, nel mondo di “Salina, la sabbia che resta” non si possono segnare molti pareggi. Sono di più le sconfitte istruttive. Ma se dovesse esserci una seconda o una terza puntata, per qualcuno dei personaggi potrebbe arrivare anche il pari.
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