Arriva in edicola il secondo episodio della saga di Tsui Hark dedicata al medico cinese Wong Fei-hung, a metà fra eroe nazionale e leggenda popolare, i cui panni tornano ad essere vestiti da un Jet Li in piena forma. La collana “Bruce Lee e il grande cinema delle arti marziali”, curata da Gazzetta dello Sport e Stefano Di Marino, presenta “Once Upon a Time in China II” (Wong Fei Hung II: Nam yi dong ji keung, 1992).

Si riunisce il cast del primo episodio per dar vita ad uno dei titoli migliori della cinematografia di Hong Kong.

Nel 1895 Wong Fei-hung si reca a Canton per un congresso di medicina tradizionale cinese, accompagnato dal fedele discepolo Leung Foon (Max Mok) e dalla donna a cui tiene con molta moderazione: Siu-kwan (Rosamund Kwan). L’evento però viene interrotto da membri fanatici della Società del Loto Bianco, violenta setta nazionalista guidata da Kung (Xin Xin Xiong) che vuole sollevare i cinesi contro l’invasione e relativa oppressione straniera e che si pone l’obiettivo di liberare Canton da ogni occidentale. Wong, conosciuti alcuni moderati appartenenti alla setta, decide di aiutare i ribelli, ma sulla sua strada incontra il temibile generale Nap-lan (Donnie Yen) del governo manchu. Questi deve difendere gli stranieri ma in realtà non fa che perseguire i propri loschi piani: sarà inevitabile uno scontro fra Wong e Nap-lan.

Lo scontro avviene e non è uno scontro da poco. Il combattimento finale di questo film è stato giudicato il migliore di Jet Li sullo schermo, ma non va solo a lui il merito: quando un grande interprete di gongfupian come Jet Li incontra un altrettanto grande interprete come Donnie Yen, il risultato non può che essere di altissimo livello. Purtroppo Yen è pressoché sconosciuto in Italia (tutti i suoi film da protagonista sono inediti) ma la sua celebrità nel mondo e bravura sullo schermo ha ben poco da invidiare a quella di Li.

Il film è immerso in un’epoca storica molto travagliata: la Cina è appena uscita dalla guerra con il Giappone ed è un paese infiammato dalla febbre nazionalista. Quello che nel film appare come una setta di invasati in realtà assomiglia molto al fenomeno Yihequan, che può essere tradotto con “Pugni di giustizia e concordia” e che gli inglesi ribattezzarono semplicemente “Boxer”. La rivolta dei Boxer fu un evento terribile che salutò l’inizio del Novecento inondandolo di sangue: centinaia di stranieri e decine di migliaia di cinesi cristiani persero la vita in un movimento che oggi la Cina vede come patriottico, ma che poco si discosta da scorribande di criminali assassini. Nel 1976 uno fra i registi più “epici” di Hong Kong, Chang Cheh, immortala gli eventi nel suo celebre “Boxer Rebellion” (Pa kuo lien chun), separando sapientemente il fervore nazionalistico contro lo straniero invasore dalla semplice volontà criminale.

Una curiosità: il capo del Loto Bianco, Kung, è interpretato da quel Xin Xin Xiong che dal terzo episodio sarà presenza fissa della saga. Xiong è un fenomenale coreografo marziale che Tsui Hark utilizzerà in modo quasi fisso per i propri film, e nel 2001 viene chiamato negli Stati Uniti per curare le scene d’azione del film “D’Artagnan” di Peter Hyams: per il combattimento finale Xiong attingerà proprio al primo episodio della saga di Wong Fei-hung, riproponendo la sfida all’interno di un granaio con tanto di scale volanti.

 

Once Upon a Time in China II” non è quindi un semplice film di arti marziali o un sequel sull’onda del successo del primo titolo: è un ottimo gongfupian (le cui coreografie curate da Yuen Woo-ping e Donnie Yen vinsero nel 1993 l’Hong Kong Film Awards) ma anche un documento storico (il personaggio di Suen Man si rifà a Sun Yat-sen, il fondatore della Cina moderna) di un Paese e di un’epoca lontani ma purtroppo sempre attuali: l’odio, la guerra e la violenza non conoscono infatti né limiti di età né di cultura né di barriere politiche.

Come contenuto speciale dell’edizione DVD è presente un breve documentario su Wong Fei-hung: la sua vita, la sua opera e cosa rappresenta per la Cina.