Vorrei partire da una considerazione per gli addetti ai lavori, ovvero la storia editoriale di Mary Terror di Robert R. McCammon, libro pubblicato per la prima volta in Italia in lingua originale, poi nel 1991 dalla casa editrice Interno Giallo, infine, ristampato nell’aprile di quest’anno da Gargoyle Books, con un’efficacissima traduzione di Simone De Crescenzo e un’interessante prefazione storico-letteraria di Antonella Beccaria.
Mary Terror, come dice il suo soprannome, storpiatura del cognome Terrell, è una donna che semina terrore per quella sua mania dei bambini, accondiscesa deturpando bambolotti e sublimata attraverso il sogno malato di dare un figlio a Lord Jack. Lord Jack è una vecchia storia. Vecchia ma non passata. Lui era stato, negli anni Sessanta, il leader dei membri rivoluzionari del gruppo terroristico Storm Front. Allora era suo compagno di lotta e di vita, poi perso di vista nei vent’anni trascorsi che avevano visto il disfacimento dei loro sogni e, con essi, anche dei loro corpi. Lei aspettava un bambino da Lord Jack ma la gravidanza non era andata a buon fine e questa batosta, unita ad altri fallimenti, aveva provocato un totale tracollo, in primis psicologico. Mary, senza un figlio né un uomo accanto, era passata dagli ideali più estremi alla follia pura, spesso potenziata da acidi. E il suo corpo di un metro e ottanta pallido e flaccido, col ventre molle, i seni come orecchie di un cocker e i capezzoli come due mozziconi di sigaretta, era diventato il contenitore sbrindellato di uno squilibrio pericoloso. La conferma che gli anni le avevano strappato, insieme a molte altre cose, la bellezza a morsi. Questa è Mary dopo la metamorfosi, con le sue spille inquietanti con lo Smile impresso, i fantasmi del passato sempre a bussare alle sue percezioni, le foto dei bambini alle pareti e il progetto terribile che le ronza in testa. Rapire un bambino. Un bambino che il lettore conosce quando è ancora in fase gestazionale, attraverso la situazione familiare un po’ critica della futura mamma Laura Clayborne e di un padre assente, coinvolto in una storiella extraconiugale, distante dall’evento dell’arrivo del nuovo figlio.
McCammon è un maestro nei passaggi introspettivi, nei dialoghi verosimili, a volte crudi, nel portare avanti una storia crudele, il kidnapping, il rapimento di un bambino, ma anche nel tratteggiare questi animi che – tutti – in qualche modo sono stati derubati di un qualcosa, di una speranza, di un’idea, di un disegno di vita. Subito i ruoli tra Mary e Laura s’impostano come da copione: diventano nemiche senza scampo, ognuna destinata al suo tributo di sofferenza, comunque si evolva una contesa che vede in palio il bambino.
Ma più di ogni altra cosa, è ammirevole la capacità dell’autore di descrivere le sensazioni fisiche, come nelle meravigliose pagine che seguono all’assunzione di acido, da parte di Mary e del suo spacciatore, in cui incubi, visioni, alterazioni sensoriali si fondono in magie quasi sinestetiche: «Avanzò verso di lui con le labbra protese, e un attimo dopo le loro bocche si fusero. Lo sentì scivolare dentro di sé, anima e corpo. Le pareti della stanza erano umide e rossicce, e pulsavano al ritmo dei Doors. Mary spalancò la bocca mentre lui entrava sempre più in lei, e ne fuoriuscì un lungo nastro d’argento. Le mani di lui si posavano sul suo corpo, unendosi alla sua pelle come carne fusa. Poi la sua lingua le entrò in bocca come la carica di un ariete, e le esplorò il palato fino a leccarle il cervello».
Degno di riflessione, poi, è il tema sociale, la disfatta generazionale, che lo scrittore affronta senza intenti moralistici né di condanna, riportando aspetti corrosivi sia dell’una che dell’altra parte, come la situazione matrimoniale della borghese Laura dimostra. E stupisce quanto McCammon si destreggi bene in questo balzo storico, perché, coma ha scritto Antonella Beccaria nella sua interessante prefazione, «Mary Terror è prima di tutto un romanzo politico dai tratti impietosi che non risparmia nessuno dei suoi personaggi. È il ritratto dell’America post-contestazione, di ciò che è rimasto una volta conclusisi gli anni in cui si lottava per una rivoluzione che cambiasse il pianeta, dal singolo essere umano alla più tecnologizzata delle società occidentali. È un romanzo sugli effetti dell’estremismo come unica risposta ritenuta possibile». (Marilù Oliva)
Mary Terrell, detta Mary Terror, è una disadattata che vive in un sudicio appartamento dalle pareti che sembrano di cartapesta, in cui non tacciono mai l’eco dei fantasmi del suo passato e gli strilli di neonati che solo la sua immaginazione allucinata può avvertire. Mary ha subito un trauma da cui non si è mai ripresa: ha perso il figlio che portava in grembo durante lo scontro a fuoco tra la polizia e il gruppo terroristico di cui faceva parte negli anni settanta, lo Storm front. Ha imparato a vivere come un animale braccato, e per anni ha coperto la sua vera identità, lavorando in un fast food e nascondendosi agli occhi delle autorità, conducendo una vita scandita dall’abuso di droghe e coltivando il suo rancore per la società e lo “stato stupratore di coscienze”.
Laura, dalla vita, ha avuto tutto quello che la società oggi può offrire: una vita agiata, un lavoro soddisfacente, una bella casa, un marito ricco e bugiardo che la tradisce. Due giorni dopo aver partorito suo figlio David, il piccolo viene rapito da Mary che, dopo aver letto un annuncio su Rolling stone, si è convinta che lo Storm front si stia riorganizzando e vorrebbe donare il suo nuovo figlio, ribattezzato Tamburino, a Lord Jack, il carismatico leader dello Storm front con cui aveva avuto una relazione, come gesto di riunificazione. Inizia così una caccia serrata attraverso gli Stati Uniti lungo una strada infinita e costellata di infinito dolore, ma anche grande umanità. Mary rappresenta il lato più oscuro e distorto di un sogno americano che somiglia a un incubo; il romanzo di Robert McCammon mette in scena una lotta per la sopravvivenza che non lascia un attimo di respiro. La scrittura è lucida, priva di fronzoli anche quando si inoltra nei meandri della follia di Mary, e descrive scenari quotidiani, urbani o rurali, dove l’orrore e la violenza possono piombarti addosso senza preavviso, in cui “un ardente desiderio di essere diversa” può portare verso una deriva distruttiva dagli effetti devastanti. McCammon scava nelle profondità delle aspirazioni umane, attraverso lo scontro tra due visioni dell’essere madre, attraverso la disperata ricerca di salvare la parte migliore della propria vita per trovare il coraggio di ricominciare. Un romanzo che, pur essendo stato scritto vent’anni fa, da un autore lontano migliaia di chilometri dalle nostre città, conserva intatto il suo potenziale deflagrante e la capacità di far riflettere su ciò che siamo noi, oggi. (Barbara Baraldi)
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