Da ieri in edicola il film che ha consacrato Brandon Lee, il figlio di Bruce Lee con cui ha condiviso lo stesso triste destino: una prematura morte. La Gazzetta dello Sport e Stefano Di Marino, all’interno della collana “Bruce Lee e il grande cinema delle arti marziali”, presentano “Drago d’acciaio” (Rapid Fire, 1992), film d’azione sicuramente non memorabile ma che ha due grandi pregi: un ottimo livello di marzialità e (purtroppo) uno dei rari film del giovane e sfortunato Brandon, che si pone a metà fra l’esordio in “Resa dei conti a Little Tokyo” (1991) e il successo de “Il Corvo” (1993).

La regia è affidata a Dwight H. Little, regista televisivo (X-Files, Millennium, The Practice, Bones e molti altri) prestato spesso al cinema con film come “Il fantasma dell’Opera” (1989) con Robert Englund e “Programmato per uccidere” (1990) con Steven Seagal. Recentemente è tornato in grande stile al cinema marziale con “Tekken” (2010), tratto dal celebre videogioco “picchia-duro”.

 

Jake Lo è un giovane sino-americano un po’ ribelle. Il padre è morto negli scontri di piazza Tien’anmen a Pechino, e lui non sembra prendere la vita molto sul serio. Dovrà invece cambiare velocemente atteggiamento quando per caso sarà testimone di un omicidio di mafia: finirà nel

Brandon Lee
Brandon Lee
programma di protezione testimoni ma ben presto dovrà usare le sue sole forze per affrontare i boss locali che lo vogliono morto.

Il film di Little può ricollegarsi allo stesso filone del suo precedente “Programmato per uccidere”: storie di criminalità organizzata e di vendetta condite con una buona dose di arti marziali. Non sono certo film che scalano le classifiche dei botteghini o che ricevono attenzione dalla critica, ma sono prodotti onesti di puro intrattenimento che raggiungono egregiamente il loro obiettivo.

Alla coreografia dei combattimenti di “Drago d’acciaio” troviamo un vero esperto del settore come il californiano Jeff Imada, stuntman di più di 150 film e che dopo questa collaborazione tornerà a lavorare a fianco di Lee ne “Il Corvo”. Sue altre coreografie, lo ricordiamo, sono quelle di “Fight Club” (1999) e “Daredevil” (2003).

Nei crediti, al fianco di Imada, troviamo anche il nome di Brandon Lee e l’attore stesso, nella sua “Last Interview” dell’agosto 1993 - intervista rilasciata solo undici giorni prima della morte - afferma di aver voluto usare la coreografia per definire il suo personaggio. «[Il protagonista di “Drago d’acciaio”] è un giovane che ha avuto un addestramento marziale di alta qualità ma, proprio come me e molta altra gente, non si trova a proprio agio nella vita violenta o in situazioni rischiose. Questo è un aspetto del personaggio che volevo mostrare attraverso la coreografia. Combatte solo per salvarsi la vita, ed in ogni situazione cerca la fuga più che il conflitto.»

Ci permettiamo di dubitare che il giovane attore, ancora acerbo dal punto di vista cinematografico-marziale, abbia partecipato attivamente ad un complesso compito come quello della coreografia dei combattimenti: è più facile che il suo nome, legato ovviamente a quello del padre, sia stato inserito per puro merito onorario, senza per questo nulla togliere alla sua bravura.

 

Troviamo nel film grandi caratteristi del genere come il grande caratterista Tsi Ma, il cattivo del film, e l’attore-stuntman di lunga data Al Leong (il cui “marchio di fabbrica” è costituito da un folto paio di baffi neri) con cui Brandon si scontra in solitaria, quasi a voler pagare il tributo dovuto ad una vera icona del genere marziale.

Unico nome celebre al di là dei generi è quello del co-protagonista Powers Boothe, interprete di decine di pellicole nonché di parti in telefilm come “Deadwood”.

Un film, si diceva, di puro e onesto intrattenimento, con ottime sequenze marziali e buone scene d’azione. Forse se l’attore protagonista non fosse stato Brandon Lee, con tutto ciò che questo comporta e la fama legata poi al suo triste destino, il film non avrebbe avuto neanche il già tiepido successo riscosso, però lo stesso rimane fra i prodotto i migliori del filone marziale statunitense che proprio in quegli anni stava nascendo.