Qualche anno fa scrivevo sul Dizionoir a proposito di inquietudine: "L’etimologia e il significato: in-quieto, in- inteso come negazione nĕ, usato per rendere l’alfa negativo dei Greci; non-quieto, una condizione di non-quiescenza, di movimento interiore, di agitazione, di ansia.
Se ipoteticamente prendessimo questa parola e la accostassimo, a caso, a singoli autori della letteratura mondiale, ci si troverebbero in molti: Dostoevskij era a suo modo inquieto e/o inquietante, come anche Kafka, Leopardi, Faulkner, Poe, Pirandello. E la lista potrebbe continuare ed estendersi a molti, senza che tuttavia nessuno degli autori citati si riconosca completamente nella definizione di inquietudine come poetica fondante della sua opera.
Se poi prendiamo l’inquietudine e la accostiamo alla letteratura di genere accade uno strano fenomeno di chimica letteraria: la letteratura di genere quasi abbandona i suoi schemi e diventa letteratura a tutto tondo e, viceversa, in alcuni casi, la letteratura tout court diventa letteratura di genere, mandando per aria in definitiva entrambe le definizioni".
Data la sede, ovvio che per letteratura di genere mi riferissi soprattutto al giallo-noir. In quell'occasione, portavo come esempio Friedrich Dürrenmatt, Leonardo Sciascia e Paul Auster: tutti autori che sono transitati nel noir dell'inquitudine: il primo facendone strumento di ricerca (anche letteraria), il secondo sfruttandola a favore di una letteratura civile e l'ultimo come sensazione prima nel disgregamento dell'identità dell'uomo moderno. Leggendo La verità, romanzo breve di Robert Reed pubblicato dalla collana Odissea Fantascienza della Delos Books nella traduzione di Salvatore Proietti, il meccanismo letteraria individuato per il noir - l'inquietudine come spinta o trampolino di lancio verso la letteratura tout court - funziona benissimo anche per la fantascienza, ammesso che qualcuno ancora debba esser convinto del fatto che la letteratura popolare possa eguagliare le vette di quella, diciamo così, "ufficiale".
La fantascienza non è certo nuova a essere vettore di inquietudine d'inchiostro. Il precedente più illustre è senz'altro Philip K. Dick con romanzi quali La penultima verità, come confermato dallo stesso Proietti nell'introduzione al testo di Reed: "Nagli anni post-9/11 (la caduta del muro di Berlino), Robert Reed ci racconta una storia che ha molto in comune con quella di Dick, a partire dall'atmosfera di ossessione paranoica. Il mondo sotterraneo è una prigione segreta, che ha molto in comune con la Guantanamo dell'America reale. I personaggi sono un prigioniero dall'origine misteriosa e minacciosa, incarcerato da oltre un decennio, e la funzionaria FBI che lo interroga e cerca di giungere alla «verità» che riguarda lui e i suoi progetti, indagando anche sul suicidio del suo precedessore, che aveva dato inizio agli interrogatori dopo aver interrotto la gratuita spirale della tortura. Nel confronto, Reed non sfigura: la catena di verità e trame passate presenti e future si rivela altrettanto sfuggente, anche dopo lo scioglimento".
Non è ancora abbastanza inquietante? Allora aggiungete che il protagonista/prigioniero fa parte di un falange di jihadisti che viaggiano nel tempo disseminando terrore in tutto il mondo e su diverse linee temporali per cambiare il corso del futuro intervenendo sul passato. Fantascienza, mistero e un pizzico di spy story al servizio della riflessione sulla politica contemporanea. Almeno sotto questo punto di vista, l'aderenza con l'uso che fece Leonardo Sciascia della letteratura di genere è più che una semplice idea suggerita: "Il potenti tessono fitte ragnatele di interessi e favori che non possono essere districate né dalla polizia né tantomeno dall’uomo comune, che di questa fine trappola è la vittima inconsapevole. Una ragnatela inestricabile, anche quando lo stesso ragno vi rimane ucciso. Al lettore rimane un senso di impotenza. Di inquietudine" (Dizionoir, 2006).
A Robert Reed va il merito di continuare a battere il terreno della letteratura di genere - all'apparenza easy, d'intrattenimento - al servizio della ricerca civile, sospendendo ogni giudizio di parte per consegnare al lettore gli strumenti critici di cui ha bisogno per farsi la sua opinione sul presente e sul futuro che lo attende.
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