Mettiamo il mitico Sarti Antonio, sergente, mettiamo una Bologna nera e i suoi colli, mettiamo tematiche attuali come immigrazione clandestina e sfruttamento minorile, mettiamo una sinergia tra giallo e fumetto, la narrazione di Loriano Macchiavelli unita alla matita di Otto Gabos (aka Mario Rivelli): eccoli gli ingredienti di base di Come cavare un ragno dal buco, edito dalla Leonardo Publishing. Un giallo narrato magistralmente e disegnato in grigio misterioso, che parte dalla scomparsa di tre ragazzi: Ipod, Elmo e Bambinamia, tre facce diverse di una fanciullezza che s’incontra oggi e che Macchiavelli riproduce con l’immediatezza delle sue pennellate sapienti. Ipod, alias Luca, è così soprannominato per la mania, ereditata per imitazione dai genitori, di tenere le orecchie sempre occupate dalla musica o dal telefonino. Bambinamia è una ragazzina tosta abituata a riferirsi a sé solo in terza persona, il suo vero nome è Francesca. Poi c’è Anselmo, detto Elmo, divoratore di romanzi, innamorato delle storie di Edgar Alan Poe. Dove sono finiti? I loro genitori non ne hanno idea e, più che aiutare la polizia nelle ricerche, fanno ostruzionismo con l’arroganza e con la convinzione, tipica di alcune figure genitoriali, della sincerità dei loro bambini. Sarti Antonio si mette sulle loro tracce e non è solo: tornano i suoi compagni di ventura Rosas, l’ispettore capo Raimondi Cesare, il collega Felice Cantoni alla guida della volante 28. Come farà il questurino a cavare il ragno dal buco? Il suggerimento di Rosas giunge poco prima del sonno, ragionando con la metafora aracnide:
«Se fosse il buco giusto, avresti almeno intravisto il ragno. L’hai intravisto?» [...]
«No, non ho intravisto nessun ragno.»
«Lo sapevo.» [...] «In questi casi sarebbe utile ricreare la situazione che ha dato luogo al verificarsi dell’evento.»
Un romanzo illustrato, perfetto sia per adulti che per ragazzi, lo stile limpido di Macchiavelli è complementare alle tavole lunari di Otto Gabos. La luce e il buio si intersecano mentre il mistero prende il sopravvento e, quando si puntano i riflettori sulla letteratura, sono i libri stessi a condurre il gioco. Chiaroscuri che dominano le scene, sia che si tratti di un primo piano, che di un ambiente interno, che di un paesaggio a volo d’uccello. Sarti Antonio, fronte corrugata, mani in tasca e sguardo pensoso, è proprio lui: serio, concentrato, anche affascinante, rispondente, comunque, all’immaginario del lettore. E che dire di Settepaltò, della sua bicicletta sgangherata, della cianfrusaglie che gli riempiono lo spazio? Otto Gabos riesce a restituire, grigio su bianco, la paura di questo reietto, paura verso la vita. E lo fa attraverso occhi dal luccichio spaventato, o attraverso uno sguardo furtivo o anche solo dal modo in cui disegna Setteplatò rannicchiato. Ma questo è solo un esempio del riuscitissimo lavoro dei due artisti. Leggete questo bellissimo libro, vi regalerà tante cose: emozioni, inquietudini, sorrisi, pizzichi di letteratura, macchie di cronaca, spunti di riflessione, voglia di evasione. E soprattutto vi insegnerà che magari va rivisto il metodo, magari ci vuole tenacia e pazienza, magari dovrete dedicarci più tempo del previsto ma... c’è sempre il modo di cavare un ragno dal buco.
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