Bella l’idea di partenza di questo Cella 211 prison-movie spagnolo opera di Daniel Monzón, quella cioè di Juan (Alberto Ammann), un secondino che il giorno prima dell’assunzione ufficiale decide di visitare il futuro luogo di lavoro (un carcere di massima sicurezza) per vedere che aria tira.
Parcheggiato in una cella (quella del titolo, la 211…) perché ferito da un calcinaccio, lo sventurato si ritroverà nel bel mezzo di una rivolta di detenuti con tutto ciò che una situazione del genere comporta.
Però tutto il resto, lasciatecelo dire, fa acqua da tutte le parti. Alla situazione che parrebbe bastare ed avanzare (behind enemy lines, quindi lotta per la sopravvivenza in un ambiente altamente ostile…), la sceneggiatura a quattro mani pensa bene di aggiungere il più banale, il più farlocco, il più retorico, degli espedienti (secondo solo a quello del ragazzino con l’asma…), rappresentato dalla moglie incinta del secondino. Il cattivo di turn, Malamadre (Luis Tosar) è uno dei villain più inoffensivi mai visti sullo schermo.
Da disertare senza alcun rimpianto, dedicando invece tempo allo straordinario Un prophète.
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