Come si dice...’gli splendidi cinquanta anni’... solo che per un agente segreto tra intrighi, agguati, femmine maliarde cinquanta anni di carriera sono un record. Per un agente d’assalto le speranze di sopravvivenza non sono così lunghe e, neppure, ammettiamolo, per una testata che invece è ancora lì, solida come una roccia e piena di smalto.
Segretissimo festeggia i suoi primi cinquant’anni con un piccolo mistero. I numeri in edicola nel 2010 celebrano realmente cinque decenni di spy-story letteraria o, nella più pura tradizione dell’intrigo spionistico, esiste un altro Segretissimo, con una diversa numerazione, che raggiungerà la data fatidica solo nel 2011? Per trovare una soluzione all’enigma non sono necessari gli occhi d’oro di Malko Linge, i muscoli di Sam Durell e neppure Ugo, Whilielmina e Pierre, i micidiali gadget che tante volte hanno salvato la vita a Nick Carter, basta ripescare i primi numeri quest’inossidabile collezione sopravvissuta persino alla fine della Guerra fredda. Quando, alla fine degli anni Cinquanta, Alberto Tedeschi e Laura Grimaldi furono chiamati a prendere in considerazione la possibilità di pubblicare anche in Italia una serie di aggressive avventure che in Francia facevano furore, ebbero parecchie perplessità. I romanzi di spionaggio di Jean Bruce erano troppo violenti, troppo espliciti nelle scene sesso, forse persino troppo rozzi nell’articolare la storia per poter trovare spazio sulle pagine del Giallo Mondadori, che, dal 1929, era un punto di riferimento per gli intenditori del Mystery. In verità le avventure di OSS117 non erano per nulla dei Mystery, i polizieschi all’inglese tutti deduzioni e atmosfera in cui si ammazzava con veleno e preferibilmente in una stanza chiusa dall’interno. Possedevano, tuttavia, un vigore, un’irriverente carica di energia che ben si adattava agli anni Sessanta, in pratica potevano costituire quel nuovo genere di roman d’aventure che il pubblico stava aspettando senza soddisfazione da un po’ di tempo. Si decise così di inaugurare con ‘Russia Missione A’ (OSS117 Top Secret) una serie di dodici romanzi di spionaggio per sondare i gusti del pubblico. Era l’ottobre del 1960. Il successo, forse favorito anche dalle copertine di Ferenc Pinter, felice abbinamento di dinamicità ed esotismo compressi in una fascia verticale che pareva esplodere sul campo nero, fu immediato e stimolò la nascita di un secondo Segretissimo che ricominciò dal numero 1 con un titolo di Bruce, ‘Le mani nel sacco’ (Gachis a Karachi), ma che avrebbe presto presentato altri autori e altri modi di intendere la spy-story, primi tra tutti giallisti di fama quali James Hadley Chase (‘Guerra di ombre’, Why Pick on Me?) e Wade Miller (‘L’ora del sicario’, Sinner Takes All). La grafica di copertina riprese il cerchio del Giallo inserendovi un cocktail di erotismo-esotismo-azione sviluppato dalla mano evocativa di Carlo Jacono, ma conservò la dominante cromatica nera, particolarmente adatta a una serie di romanzi duri, indiavolati nel ritmo e spregiudicati nel ritrarre un mondo cinico in continua evoluzione. Lo spionaggio si era conquistato un posto nel panorama thriller italiano, contraddistinto da tonalità oscure che richiamavano con aggressività lettori stanchi di arsenico e di vecchi merletti. Ma la spy-story non era un fuoco di paglia, una moda passeggera. Erano gli anni della Guerra fredda, del successo cinematografico di James Bond, del boom economico e della tecnologia, un’Era in cui paesi esotici fino ad allora remoti diventavano improvvisamente più vicini e le donnine con pistola ritratte da Jacono, così simili alle conigliette di Playboy, suggerivano pruriginose incursioni nella narrativa thriller. Gli ingredienti della spy-story si trovavano a ogni angolo di strada, alla TV, nelle agenzie di viaggio e sulle pagine dei giornali e trasformavano un filone narrativo snobbato dai critici in un fenomeno di costume. Il romanzo di spionaggio aveva già fatto capolino nella letteratura del mistero sin dagli esordi. Sherlock Holmes e Arsenio Lupin si erano trovati alle prese con intrighi internazionali e spie e, tra le due guerre, il genere era fiorito prospettando se non la nascita di un nuovo tipo di eroe, almeno di scenari inediti per il poliziesco. E’ tuttavia al termine della Seconda guerra mondiale con la divisione dei blocchi, la corsa agli armamenti e l’influsso della tecnologia nel quotidiano che si pongono le radici per l’evoluzione del genere. Celebri casi di spionaggio come quello dei Rosenberg diventano cronaca e i confini dell’immaginario si allargano, recuperando la tradizione del romanzo d’avventura tout court per proiettarlo nel thriller. Il detective della polizia e l’investigatore privato svolgono la loro attività in un universo cittadino, consueto, ma si avverte la necessità di un eroe capace di viaggiare, di cogliere le suggestioni dell’epoca moderna. E’ difficile stabilire se davvero Jean Bruce si sia ispirato a Lemmy Caution di Peter Cheyney, forse la prima vera spia letteraria che tanto piaceva a sua moglie, per creare Hubert Bonisseur de la Bath, OSS117, così com’è inutile tentare di sciogliere l’annosa questione se la figura dell’agente segreto nella sua concezione moderna sia frutto della fantasia dell’autore francese o del britannico Ian Fleming, il “papà” di 007. E’ evidente che, sul finire degli anni Cinquanta, il pubblico cercava un nuovo genere di eroe, più in linea con i tempi. Affascinante e atletico, arguto e intelligente, l’agente segreto dei romanzi ha ben poco della spia vera. Non corrisponde, anzi, si fa un punto d’onore di sfuggire allo stereotipo dell’omino grigio, il sottile tramator d’inganni che s’infiltra per anni negli oscuri meandri della burocrazia nemica per carpirne i segreti. L’eroe che abbiamo conosciuto sulle pagine di Segretissimo è, a ben vedere, una figura inesistente nella realtà, una sorta di investigatore incaricato di sbrogliare un “caso” sul campo, inserendosi in un ambiente fino al giorno prima ignoto a lui quanto al lettore. Nella realtà i funzionari delle agenzie di spionaggio sono analisti, topi d’ufficio o esperti di un particolare ambiente, più animali da biblioteca che detective. Oppure si tratta di assassini che si limitano a servirsi della “licenza di uccidere” per la ragion di stato, ma che non s’immischiano nelle indagini. L’agente segreto dei romanzi, invece, è brillante in ogni campo: indaga, sbroglia intricate matasse con la stessa dimestichezza con cui seduce una bella donna o fa saltare una base segreta. E’ Zorro e Sherlock Holmes uniti in un’unica persona, Sandokan e Phlip Marlowe, Hugh Hefner ed Einstein, una proiezione dei desideri di onnipotenza dell’uomo comune che accompagna la moglie impinguita quanto lui dal tram-tram quotidiano a far la spesa e sogna di conquistare la maliarda esotica; è una fantasia consolatoria per chi è costretto ad abbassare il capo di fronte agl’immancabili soprusi della vita aziendale e vorrebbe stendere capufficio e supercriminali dagli occhi a mandorla a colpi di Karate. L’individualità esasperata, il desiderio di uscire dal gruppo pur sfruttando appieno i frutti del consumismo, forse queste sono le vere caratteristiche che hanno avvicinato l’agente segreto all’uomo della strada, almeno nella fantasia. Proiezione di un mondo forse in troppo rapida evoluzione, l’eroe del romanzo di spionaggio non è, come si è voluto far credere, il servo del capitalismo reazionario, quanto una sua emanazione che, nella fantasia, si serve del consumismo ma, alla fine, ne rimane immune proprio perché è un eroe. Una creatura fantastica, appunto. E in questa formula va ricercata probabilmente la fortuna di Segretissimo in quegli anni. Non va dimenticato, tuttavia, che i romanzi proposti dalla collana possedevano una solida impalcatura narrativa. Bruce per primo, per quanto incline a numerose ingenuità stilistiche, possedeva un vigore capace di avvincere sin dalle prime battute. Attento fotografo di ambienti e situazioni costruì intorno al suo personaggio un plausibile universo di spie, attingendo dalla cronaca, ma con la capacità di elaborare sempre trame avvincenti, narrate con tono secco e incalzante. L’eroe, poi, riusciva sempre a conservare una sfumatura di cinismo e autoironia in grado di sottrarlo allo stereotipo reazionario del difensore dell’Occidente. OSS117 è un agente della CIA, ma vanta natali europei, un titolo blasonato acquisito da un antenato quasi per caso. L’avo di Hubert, infatti, era un merciaio della corte di Luigi XV chiamato a testimoniare in un processo da quattro soldi e registrato da un cancelliere distratto con l’appellativo di Bonisseur de la Bath che in gergo significava “testimone a favore”, invece che con il nome legittimo. Costretto a fuggire nelle Americhe durante la rivoluzione, il merciaio trovò divertente assumere quel nome che ai rozzi americani suonava nobile. Son queste le origini di un avventuriero scanzonato, sempre alla ricerca di donne e avventure, prima agente dell’Office of Strategic Services americano e poi della CIA. E se russi e cinesi sono, nelle pagine di Bruce, immancabilmente descritti come malvagi e cospiratori, gli alleati americani non sfuggono, con uno sciovinismo tutto francese, all’accusa di stupidità, un classico che Gérard de Villiers riprenderà nella caratterizzazione del mondo del suo S.A.S. qualche anno dopo. Una vita sempre di corsa quella di OSS117, proprio come quella del suo creatore, conclusasi con un pauroso incidente stradale. Ma Hubert era destinato a sopravvivere al suo autore, riportato in azione, anche se con minor verve, prima dalla vedova Josette negli anni Settanta e quindi dai figli, François e Martine, all’inizio dei Novanta. Ma OS117 non fu il solo ad appassionare i lettori di Segretissimo. James Bond, o meglio il suo autore, richiedeva l’edizione cartonata da libreria e quindi fu assente dal catalogo della collana nella sua versione originale per approdarvi con le serie apocrife di Gardner e di Benson negli anni Novanta, ma gli esordi di Segretissimo sono caratterizzati da una pletora di ardimentosi agenti segreti inguaribili “sciupafemmine”. Una caratterizzazione imposta dai tempi e dalle mode cinematografiche, ma di sicuro successo e a essa aderirono con abilità numerosi autori che riuscirono a impostare ciascuno una differente serie, pur attenendosi al modello originario. Sam Durell, Nick Carter, il Tigre, Sua Altezza Serenissima Malko Linge, l’agente Hawks, Phil Sherman e Matt Helm, solo per citare alcuni nomi di successo, sono riuscite dimostrazioni che un buon autore è in grado di personalizzare una formula, appropriandosene e sviluppandola in maniera originale e sempre divertente. Il piccolo esercito di superuomini d’azione che popolò le pagine di Segretissimo in quegli anni ha costituito l’ossatura della collana, creando consensi e modelli in grado di resistere nel tempo. Sam Durrell dell’ottimo Edward S. Aarons ( noto anche come Edward Ronns, specializzato questa volta in gialli classici) era un eroe a tutto tondo, finito quasi per caso negli intrighi dello spionaggio internazionale. Di origini cajun, Durrell lavorava per l’Agenzia K con il nom de guerre Caimano, un ricordo tangibile delle sue radici, sempre presenti nella rievocazione di un’infanzia vissuta nelle paludi sul battello a vapore del nonno. Durell era protagonista di spy-story esotiche, di stampo avventuroso classico dove i cattivi erano solo accidentalmente sovietici o cinesi, quasi che la connotazione politica non interessasse all’autore, preoccupato unicamente di tenere avvinto un lettore che chiedeva più colpi di scena che analisi politiche. Maggiormente legato alle tematiche della Guerra fredda era Nick Carter, erede di un nome già famoso. I suoi autori (che si firmavano con lo pseudonimo di Nick Carter e, in alcuni casi, erano direttamene finanziati dalla CIA in un’operazione di persuasione occulta degna della miglior tradizione letteraria del genere) si erano ispirati a un’icona americana, l’omonimo detective che già aveva animato i dime novel d’inizio secolo e che, nella finzione, era il nonno del protagonista. Questi era forse psicologicamente più rozzo di Durell e di OSS117, ma conservava il fascino del lupo solitario, dell’agente solo contro tutti, Sterminio di nome e di fatto, aiutato solo da una Luger, uno stiletto e una pallina di gas venefico infilata, pericolosamente, negli slip. Una leggenda… Carter e Durell furono realmente tra i pilastri portanti della collana, con il loro mondo esotico e pericoloso, le donne, i gadget, le organizzazioni di fanatici ansiosi di dominare il mondo, i nemici larger-than-life quali il criminale nazista Judas e il reverendo Moqueranna Sinn che già dal nome promettevano intrighi ed emozioni. Donald Hamilton, giallista di origini svedesi, creò il personaggio di Matt Helm, un agente americano più duro che simpatico impersonato prima da Dean Martin che lo rese “più simpatico che duro” in una fortunata serie di film e in seguito in televisione da Tony Franciosa. Ma non si tratta dell’unico caso di romanzi adattati al cinema. John Tiger firmò la serie Domino che ispirò lo show televisivo, ‘Partita a due’ (I, spy, con Robert Culp e Bing Cosby) che mescolava spionaggio e sport nelle avventure di un’inedita coppia interraziale di tennisti-spie. Mike Roote fu autore dell’ottimo ‘Skorpio’ (id.) del quale Michael Winner diresse la versione cinematografica con Burt Lancaster e Alain Delon. Da ‘Spionaggio d’autore’ (Hopscotch) di Brian Garfield venne realizzato il travolgente ‘In due sotto il divano’ con Walther Matthau nell’inedita veste di spia e anche il clownesco Agente Flint impersonato da James Coburn, fece capolino dalle pagine di Segretissimo con ‘Missione spaccatutto’ di Jack Pearl (Our Man Flint). Il serial sembra essere in quegli anni la formula più riuscita grazie alla ripetizione non solo dei canoni del genere ma anche quelli legati a un medesimo personaggio. Missioni in ogni angolo del mondo contro crudelissimi servi del comunismo ma anche contro ex nazisti, pazzi ansiosi di conquistare il mondo e sette di fanatici religiosi. Sfogliando il catalogo della collana riemergono nomi amati di autori e personaggi, Joe King di Paul Nick-Domus, William Martin lo Squalo Tigre di Ken Stanton, uno 007 formato sub, Sen Warner di Alain Jansen, il Comandante di G.S. Arnaud, perfino qualche volto femminile come l’intraprendente Sylviette di Sylviette Cabrisseau e Olivia di Jean Laborde. Non manca neppure una sfacciata parodia del genere, firmata da John Gardner con la serie dell’anti-Bond Boysie Oakes dei quali ricordiamo ‘Sicario Servizio Speciale’ (The Liquidator) e ‘Superagenzia Boysie Oakes’ & Co.’( Founder Member) che anticiparono le gesta irriverenti dell’agente senza nome di Len Deighton. E, naturalmente, dalla metà degli anni Sessanta fa la sua comparsa l’immarcescibile Malko Linge, Sua Altezza Serenissima, nato per raccogliere lo scettro di 007 il cui autore era morto nel ’65. Gerard De Villiers rappresenta sicuramente una pietra miliare non solo per Segretissimo, ma anche per tutta la spy-story letteraria perché in un’epoca ancora sfrontatamente “ bondiana” inserì nuovi canoni narrativi, spostando verso la cronaca il fulcro delle sue avventure. Con S.A.S. Segretissimo inserisce analisi politiche dettagliate e documentate, forse di parte ( un po’ reazionario e sciovinista De Villiers lo è di certo!), ma sempre perfettamente inserite nella vicenda. Malko Linge, principe autentico ma privato dalla Guerra fredda di gran parte dei possedimenti familiari, è un mercenario, rischia la vita per ricostruire il castello avito, simbolo di quella nobiltà così disperatamente assente dal mondo delle spie. Combatte il comunismo, ma si trova egli stesso braccato dai sicari della CIA quando scopre la verità sull’assassinio di Kennedy in ‘Il gioco dei potenti’ ( Le dossier Kennedy) e finisce addirittura nel mirino del Mossad israeliano, scambiato per criminale nazista in ‘Scusate ho sbagliato ussaro’ (Magie Noire a New York). E con l’intrigo politico ricavato dalla cronaca più stretta arrivano anche il sesso descritto con realismo da film hard-core e la violenza, le torture, insomma la faccia sporca dello spionaggio. Pur restando fedele alla formula dell’eroe ( “un samurai”, come ama definirlo il suo autore) S.A.S. apre una nuova strada al romanzo di spionaggio. Con anni Sessanta il genere subisce un cambiamento, lento ma regolare: diventa più adulto, grazie anche all’apporto di autori che restano fuori dal catalogo di Segretissimo ma che ne influenzano le scelte editoriali. Con ‘La Talpa’ John Le Carré inaugura una nuova stirpe di spie letterarie. Uomini tormentati dalla coscienza di essere solo pedine, guerrieri di un mondo oscuro, che di eroico non ha nulla, come Smiley che per sconfiggere il suo rivale Karla del KGB è costretto a fargli rapire la figlia minorata e che, smascherando una famigerata talpa nel servizio segreto inglese, si rende dolorosamente conto dei tradimenti della moglie. Il tramonto degli eroi? Forse, ma dopo i primi “anni d’oro” si affiancano ai personaggi classici anche protagonisti più tormentati, inseriti in vicende dove all’azione si preferisce l’intrigo, il mosaico di tasselli che si rivela solo all’ultima pagina, non di rado sconvolgente. “Il nemico siamo noi” diventa la nuova regola del gioco e la spavalderia di un tempo si tinge di amarezza. E’ il momento di autori come Kenneth Royce ( del quale ricordiamo ‘L’Uomo che visse due Y’ (The XYZ Man), e il magnifico ‘Per Hong Kong senza ritorno’, (A Single to Hong Kong), ma che vanta una nutrito carniere di titoli al suo attivo), Colin Forbes ( tra gli altri ‘C’è del marcio in Scandinavia’, The Stockholm Syndacate), Brian Freemantle ( ‘Un uomo, una spia’, The November Man), Howard Hunt, autore della serie Peter Ward ed ex consigliere alla Casa Bianca implicato nello scandalo Watergate e Adam Hall con il suo Quiller che molti ricorderanno con il viso sornione e malinconico di George Segal che lo interpretò al cinema (‘Quiller Memorandum’). Segretissimo perde forse un po’ di smalto, ma si avvia a intraprendere la strada del romanzo a tutto tondo, preferendola al semplice racconto di pura evasione. Insieme alla narrativa si evolve anche la situazione politica internazionale. Termina la guerra del Vietnam e, lentamente, la Distensione diventa una realtà pur passando attraverso gli Anni di Piombo del terrorismo. Sono tutti eventi che lasciano una traccia evidente sulle pagine della collana; le vecchie formule si rinnovano e ben presto la manichea divisione tra Est e Ovest diventa inaccettabile. Lo diventano anche le vicende alla Le Carré con il loro cupo pessimismo. Con il crollo del Muro di Berlino e la divisione dell’URSS, le sorti del romanzo di spionaggio vacillano, sembra che per professionisti della Guerra fredda dell’una e dell’altra parte non ci siano più prospettive. Ma il nostro è un mondo crudele e gli intrighi sono sempre dietro l’angolo… E’ sempre attraverso le pagine di Segretissimo che intuiamo il mutamento della situazione internazionale. Forse russi e cinesi non sono più i nemici tradizionali, la carne da cannone ideale per la spia alla moda. Terroristi arabi, dittatori sudamericani, narcotrafficanti, mafiosi russi ed ex agenti allo sbando diventano protagonisti della nuova frontiera dello spionaggio dove compare un nuovo genere di eroe, il soldato delle Spec. Op. ( Operazioni Speciali in gergo), super accessoriato e meno propenso alle avventure galanti dei suoi predecessori. E’ l’avvento dei superduri alla Marchinko, delle squadre d’azione di Gar Wilson ( la Phoenix Force) e dello Special Air Service britannico di Doug Armstrong (‘Contratto Coreano’, Korean Hit), combattenti nel vero senso del termine chiamati a risolvere situazioni che sconfinano dallo spionaggio al tecnothriller militare. In libreria i nomi di riferimento sono Tom Clancy e Larry Bond, autori di romanzi fiume infarciti di gergo operativo e anche su Segretissimo compaiono truppe d’élite e commandos antiterroristici di meno voluminose ambizioni, ma egualmente armati sino ai denti. E’ anche il momento della spy-story italiana, mai come in questi ultimi anni così florida e presente sulle pagine della rivista. Già dai primi anni Ottanta Segretissimo aveva ospitato serial italiani di discreto successo firmati da Remo Guerrini (‘Singapore: come fanno i marinai’ e ‘Mosca: il cielo in una stanza’) e da Andrea Santini (‘A volo di Falco’, ‘Una fame da Falco’ e ‘Falco spia l’ecologia’). Certo, Walfrido Pardi di Vignolo e Falco Rubens scimmiottano Malko Linge, ma l’esperienza giornalistica dei due autori sorregge a dovere trame scorrevoli ricche di emozioni, di sesso e di colpi di scena. Soprattutto si nota la prospettiva “da sinistra” certamente inedita per il filone e che il pubblico accetta di buon grado a ulteriore dimostrazione che sono il ritmo, la struttura delle vicende e non l’ideologia ad interessarlo. Dovranno tuttavia passare diversi anni prima di trovare presenze stabili italiane sulle pagine della collana. Louis Piazzano s’inventa Luc Della Rocca, agente della CIA dislocato a Firenze, ma pronto a partire per ogni angolo del mondo con i fidi Steiner, mercenario tedesco, e Gavini, spione italico. Della Rocca sino a oggi è stato coinvolto in una decina di avventure che spaziano dall’Afghanistan ( ‘Kabul, Kabul!’) all’Africa nera (‘Fuga dall’inferno’) e persino alla Santa Sede (‘Allarme Vaticano’). Quello di Piazzano è uno spionaggio avventuroso, molto “vecchio stile” ma arricchito da informazioni e insights di un autore che non nega contatti con il mondo dello spionaggio “vero”. Ma gli italiani non si esauriscono qui: Diego Zandel (‘Operazione Venere’), Piero Baroni (‘Operazione Anemone’), Mario Morelli ( ‘Ombre rosse su Tirana’) e Miro Barcellona (‘Filistin’ e ‘Operazione ragno’) fanno fuggevoli apparizioni nella collana assieme a Lorenzo Giusti, apprezzato autore per ragazzi ed esperto di preziosi, che si firma Lawrence P. Right ( ‘Codice 4458 Cobra’ e ‘ Il quinto diamante’). Fa capolino anche un ‘vero’ esperto di antiterrorismo, Osman Trecca con “Trappola esplosiva” che ci porta direttamente a contatto con le procedure e l’adrenalina degli sminatori in azione. La scelta di uno pseudonimo straniero può essere discutibile, ma non del tutto ingiustificata quando si raccontano vicende con ambientazioni e protagonisti stranieri. Il sottoscritto esordisce con ‘Sopravvivere alla notte’, una storia di ex terroristi in gran parte ambientata a Milano, firmandosi con il suo nome, ma preferisce ricorrere a vari pseudonimi quando batte la strada di avventure esotiche (Frederick Kaman in ‘Il sogno della Tigre’) o si cimenta in un serial ispirato all’epoca d’oro di Segretissimo quale ‘Il Professionista’che ha riscosso un lusinghiero successo arrivando ai 15 anni di vita accompagnato da un serial più breve intitolato Vlad ( sette episodi, ‘Il primo della lista’ quello più famoso e ‘ Tempesta sulla citta dei morti’, l’ultimo pubblicato, per ora....) e firmato... Xavier LeNormand.. Esterofilia? Un alter ego nato per scelta dell’editore e sviluppatosi quasi a dispetto della volontà dell’autore? Decidete voi, dopotutto i romanzi si impongono per il contenuto e non per il nome di chi li firma. Tutto italiano è invece il serial di Secondo Signoroni che schiera un apparentemente “normale” maresciallo dell’Arma in conflitti e intrighi di portata eroica e internazionale. Autore di consapevole professionalità (firmò anni orsono una bella serie su Joe Petrosino), Signoroni traccia con il suo maresciallo Costa ( ‘Scarlet’, ‘L’Armata del silenzio’, ‘Sotto gli occhi del mondo’, ‘Missione confidenziale’’Messaggi di fuoco’, ‘Il paese delle ombre’, ‘Lo specchio oscuro’, ‘La lega degli Innocenti, ‘Oltre la verità’ sino a ‘Le sabbie di Chrnobyl’ in pubblicazione ad aprile) un ritratto inedito di spia italiana molto diversa dal bombarolo golpista cui, purtroppo, ci hanno abituato le cronache dei giornali. Nella compagine degli italiani c’è anche una donna, Carmen Iarrera (‘Guantanamera’ e ‘Jhiad 1999’) che abbina a ben calibrate trame spionistiche un tocco sentimentale che, dopo tanto maschilismo, di certo non guasta. Un gradito ospite, in trasferta da più monumentali escursioni nel thriller bellico, è stato Sergio “Alan D.” Altieri, ingegnere e judoka, autore della serie Sniper, (‘Campo di fuoco’, ‘L’Ultimo muro’ e ‘ Victoria Cross’ nonché una nutrita serie di racconti), ispirata al protagonista del film da lui stesso sceneggiato qualche anno fa in America, ‘Silent Trigger.’ Oggi Sergio Altieri è direttore editoriale delle collane da edicola Mondadori ma, soprattutto in Segretissimo, ha attuato una piccola rivoluzione incoraggiando quella che è diventata la tendenza dominante. Ormai la spy story italiana è stata sdoganata. E se autori di valore quali Andrea Carlo Cappi ( con la serie Nightshade, ‘Missione Cuba’, ‘Progetto Lovelace’, ‘Obiettivo Sickrose’, ‘Babilonia connection’, ‘Destinazione Halong’ e prossimamente con il ciclo di avventure con il suo personaggio più personale Carlo Medina, già protagonista di ‘LadyKill’) ha iniziato come me a pubblicare con uno pseudonimo (Paco Torrent) come Giancarlo Narciso (che si firma Jack Morisco nella serie Banshee giunta al quarto episodio ‘Furia a Lombok’, Le tigri e il Leone’, ‘L’arma birmana’ e ‘Manila sunrise’) e Gianfranco Nerozzi (Ian Lancaster Nero con Hydra Crisis,’L’occhio della tenebra’, ‘La coda dello scorpione’ e ‘Il terrore corre sull’acqua’) e Massimo Mazzoni ( Frank Ross con Quantum Agency ?Acquarius’, ‘Golpe’, ‘Ultima Thule’) nuovi e talentuosi autori si aggiungono alla lista con il loro vero nome. Franco Forte firma la serie Stal (‘Operazione Copernico’) e riesce nel ‘ colpaccio’ di vendere i diritti del personaggio alla Universal americana e Claudia Salvatori, un’importante presenza femminile già nota per romanzi di suspense, thriller e romanzi storci propone il personaggio di Kira von Durcheim Walkiria nera, (’La genesi del male’,’Golden Down’) un riuscito mix di ricostruzione storica e di quel filone spionistico ambientato prima e durante la Seconda guerra mondiale che da sempre ha un gran numero di sostenitori. Entra a far parte di quella che ormai viene chiamata la Italian Foreign Legion degli italiani arruolati a scrivere in una collana che ha visto per decenni la predominanza di firme straniere, anche Al Custerlina con ‘Balkan Bang’, straordinario affresco di una Sarajevo criminale. All’IFL è stato anche dedicato un Supersegretissimo intitolato appunto ‘Legion’ curato da Fabio Novel che con certosina abilità ha ricostruito le carriere e il percorso di tutti gli autori italiani. Un panorama variegato, quello della spy-story italiana che va dal tecnothriller, all’avventura, all’intrigo preso dalle pagine dei giornali ma che conserva una freschezza, una voglia di raccontare che forse possono aprire nuove strade al genere. Persino il formato, dall’inizio degli anni Novanta, è cambiato. Abbandonata la formula a “quaderno” in doppia colonna, Segretissimo propone tascabili più compatti, più “libri” se vogliamo, di volta in volta illustrati da tavole originali, elaborazioni computerizzate di fotografie per poi tornare al classico cerchio nero. La spy-story sta cambiando, si contamina con il noir ( ne è un esempio il Celta di Robert Morcet), con l’avventura glamour (Largo Winch di Wan Hamme) e persino con l’horror ( ‘La croce sulle labbra’ di Arona-Rosati )insomma non si vergogna di cercare nuove strade, come del resto sempre ha fatto. Si tratta comunque di un contenitore per una narrativa ancora estremamente vitale e in grado di offrire proposte diversificate, in barba a quanti, dalla caduta del Muro, ne hanno auspicato la fine. Ne è dimostrazione il successo di autori come Brent Ghelfi con la serie Volk che sposta la focale sulla Russia di oggi, il ritorno di Terence Strong un solido narratore britannico e di Mark Abernethy che ci illumina sulla spy australiana. Nel frattempo Segretissimo è... tornato a esse quindicinale con la collana dedicata esclusivamente a SAS e illustrata dal grande Victor Togliani vero erede di Jacono del quale ha saputo cogliere lo spirito con una sua personalissima e moderna interpretazione della spy story.
Segretissimo compie cinquant’anni, ma ha tutte le intenzioni di rinnovare la sfida, promettendo ai suoi lettori una dose massiccia di emozioni.
Stay tuned, come si dice, restate sintonizzati, ne vedrete delle belle… parola di spia.
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