L’Emilia mi attrae, da quasi dieci anni in qua, per motivi personali. La strada per raggiungere Modena è dritta, persino un po’ noiosa, tutta pianura. La provincia alessandrina ha un paesaggio più vario, ma la città d’Alessandria è padana. Poco possiede di certe piemontesità arroccate. Piana, ha sorelle emiliane, tanto che essere a Piacenza, a Parma, a Reggio o a Modena mi pare quasi com’essere a casa. Pregi e difetti simili…
Salgo in treno, unico mezzo di viaggio che mi garbi. Prima di tutto, non lo soffro, come invece mi accade con automobili e simili. Non devo guidarlo né parcheggiarlo, mi posso alzare in piedi e passeggiare. Posso leggere/mangiare/bere/pensare a tutto o nulla e guardare dal finestrino grosso come uno schermo panoramico. Insomma: posso muovermi come seduta nel salotto di casa,cosa che mi piace, per un motivo: odio viaggiare. Mi piacerebbe schioccare le dita ed essere prontamente in un luogo, così come da quel posto, spostarmi. Perché vado a Modena? C’è il Buk, Fiera della piccola e media editoria. Un’occasione per curiosare, sbirciare, ascoltare, incontrare. Presenta il suo libro l’amico Matteo Gambaro, che ho quasi “tenuto a battesimo” in Alessandria, con una teatrale presentazione di “Avorio” e soprattutto presenta “Le mille facce della morte” Enrico Gregori, il mitico giornalista dall’umorismo cinico, accompagnato dalla frizzante Cenciarelli. C’è Maria Giovanna Luini, inoltre, con un romanzo delicato ed intenso, che non voglio perdermi.
Non solo, devo incontrare l’amica di sempre: la bionda, energica, bella, dolcissima, indistruttibile Silvia Severi, la più cara sorella “di rete” che il caso potesse regalarmi, e caso non è. Ci conosciamo da dieci anni e non ci siamo ancora stancate l’una dell’altra. All’andata vedo crescere la neve. Quasi scomparsa nei campi alessandrini, conosce i confini regionali, sotto lo stesso sole aumenta. Da Piacenza in poi la neve non è sciolta. Nell’ordine vedo: una gallina sui binari, la guardo, non essendo di campagna, è una vita che non vedo una gallina dal vero, viva e cretina. Per fortuna è sui binari accanto, il treno non la spiana. Vedo volare in cielo un uccello tutto bianco. Mi dico: paloma a destra verso Alessandria e vedo nuotare in un rigagnolo sporco due germani reali, un maschio ed una femmina. Una coppia ignara di stare in un merdaio. Com’è bello, l’amore. Allento la cerniera degli stivali aderenti. La cerniera del sinistro s’incastra nella fodera di pelle. Tento di sistemarla, mi spezzo un’unghia e peggioro la situazione. In borsa ho anche le forbicine. Taglio la fodera, tiro su la cerniera, sistemo l’unghia e la ridipingo sotto lo sguardo stupito del tipo seduto di fronte. Cambio treno in automatico, seguendo i miei pensieri. Arrivo a Modena e mi accoglie uno sguardo biondo e verde con un fascio di rose e tulipani. E’ lei, Silvia. Che bello. Mangio qualcosa svelto al bar della stazione. Se devo viaggiare, di solito, sono troppo distratta per pranzare: vado a barrette.
Si va al Buk. Bene organizzato, pieno di gente, l’unica cosa che manca è un bar ( io adoro il bar come posto di per sé). Alla Sala Montanelli, eccoli tutti.
Maria Giovanna Luini sta presentando. E’ agile tra le parole e dolce. Non melassa, miele e che parla di cose scabrose. Poco prima di partire uno scambio di battute in cui m’era parso di percepire una sottile inquietudine. Sottile, in lei tutto è garbo. Donna che ricama anche su stoffe di sangue.
Poco dopo è la volta di Matteo Gambaro. Conosco “Avorio” come se l’avessi scritto. Bel pretesto, i vampiri, Matteo, per descrivere conflitti e paure, brutture e malinconiche bellezze della vita. Quasi quasi in albergo lo spiego ai Giubilei, come se non l’avessero mai letto!
All’opera alla videocamera c’è Miss Efficienza Marilù Oliva, una persona nella quale ho una fiducia totale, la percepisco come una roccia di buon senso ed intuizione.
Nell’attesa della presentazione de “Le mille facce della morte” ci sono I Romani. “Vi va bene che qui siamo a Modena e al Buk e sono tutti comunisti o due Romani in Padania avrebbero vita difficile”, dico. Scherzo, la Padania non esiste.
Sono come me l’aspettavo. Rude ed abile nel depistare da sé sensazioni di dolcezza, lui. Di una disarmante dolcezza reale, lei. E’ una donna di marzapane, sapida, dolce e colorata dentro, pur essendo di nero vestita. Quanto ad Enrico, dal vivo è ancor più simpatico, parla con gli occhi. Presenta il suo libro, che sa d’antico e di nuovo, una chicca, bene introdotto dai suoi “relatori” ed è esattamente come se lo avessi sempre conosciuto. Quanto a Gaja, è un passerotto ma di filigrana d’oro e d’argento, non senza qualche pagliuzza d’acciaio.
Gregori ironizza sul suo libro,ammicca, ciò fa pensare che ci sia una storia, un intrigo ben più macchinoso di quanto lui non butti lì con nonchalance.
C’è anche Milvia Comastri, minuta e gentilissima. La conosco come persona impegnata e seria senz’essere seriosa. Mi conferma l’impressione.
Finito tutto, ci si ferma al bar dell’Hotel di fronte, da dove mando il mio “drammatico” appello al mio partner emiliano, perché mi venga a prelevare da Carpi a Modena. Inutile dire che io e Gregori adocchiamo nel frattempo poltrone e divani. E chi sse move! Mi piace quest’uomo “comodo” quanto scomodo.
E' l’ora dei saluti. Durano un bel po’. Prima Enrico e Gaja salutano calorosamente Silvia e me, poi se ne vanno, avviandosi al ristorante, dall’interno. Tempo cinque minuti e ripassano in direzione opposta, meta il ristorante, dall’esterno; ci risalutano.
E’ il turno dei Giubilei, padre e figlio, passano, salutano. Ripassano in direzione opposta e risalutano.
Arriva lo squadrone Historica/scrittori al completo. Passa, saluta. Ritorna, in direzione contraria ( ristorante chiuso a chiave, dall’interno).Ripassa, si piazza spalmandosi tutto in salotto. Saluti collettivi.
Ritornano i Giubilei.
Tornano Enrico e Gaja, ci vedono ancora lì e ci risalutano vivacemente.
Restiamo sole, io e Silvia e ci diciamo: che gente educata!
A questo punto irrompe nel salotto dell’Hotel il mio parapartner urlando: “Sono venti minuti che t’aspetto fuori! T’ho mandato degli sms, t’ho chiamato al cellulare: niente!!!Vedevo soltanto gente che entrava da una parte, usciva di nuovo e tentava di entrare dall’altra”.
Gli rispondo: ci stavamo salutando e guardo il display del cellulare: sei tentativi di telefonata, che non ho sentito. Per di più suo padre ha preso una botta alla fiancata destra del Peugeot, avendo torto, esattamente il giorno dopo l’aver ritirato l’automobile dal carrozziere. Menomale che c’è Silvia e si contiene, o mi caricherebbe in auto pigliandomi per i capelli. Ha pietà soltanto perché in auto io vomito, spesso.
Al ritorno, di domenica, sul treno penso: adesso leggo. O la Luini o Gregori e m’accorgo che al Buk ho parlato, salutato, e non ho preso un libro. Me ne sono dimenticata.
Dovrò scrivere a Historica, chiedendo di inviarmeli e… salutandoli tanto.
P.S. Si aggirava l'avatar di Iarrera per il Buk, senza il suo legittimo e simpaticissimo proprietario...
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