Ormai siamo andati a letto, la Polfer è a bordo, all’arrivo del treno a Milano ci saranno le forze dell’ordine della Questura e forse anche qualche giornalista, se la notizia è trapelata. Sono già con la testa sul cuscino quando mi coglie, come una scossa elettrica da trentamila Watt, la sensazione scomoda di aver visto qualcosa che non ho saputo inquadrare. Ci penso, ci ripenso e torna a sfuggirmi. Sto per addormentarmi quando continua a tornarmi in mente, non so perché, l’immagine inquietante di un divano letto dell’Ikea che si chiude su di me come un malefico demonio dotato di zanne metalliche. Mi sveglio in un bagno di sudore e già con la mano ramazzo nel buio alla ricerca dei vestiti. Devo parlare subito al tipo degli Interni. Stavolta l’aria da buon padre di famiglia mi sa che gliela cancello dalla faccia.
Quando busso alla porta della cabina il funzionario mi apre perfettamente lucido e pettinato, c’era da giurarci, secondo me quelli dormono vestiti, o quasi. Mi fa entrare con educazione, come fosse cosa da tutti i giorni ricevere gente alle tre di notte nella cabina letto di un treno che corre nella notte verso Milano portandosi dietro un cada-vere dai capelli color corallo. Siamo seduti sul bordo della brandina e... sì, mi dice, si ricorda benissimo del caso del divano letto. Un amante geloso, un delitto mascherato da incidente; le perizie hanno dimostrato che in nessun modo quel tipo di divano poteva chiudersi senza un intervento esterno, accidentalmente, come era stato sostenuto. La ragazza era stata spinta dentro e il meccanismo fatto scattare dall’esterno, con l’utilizzo di una forza non indifferente. Del resto, mi dice, quel modello di divano dell’Ikea lo conosce bene perché lo ha a casa anche lui, i suoi figli ci saltano sopra dalla mattina alla sera e la chiusura di sicurezza non è mai scattata. Ma cos’è, vuole sapere, che mi fa paragonare questo caso con quello? Non sembra spazientito, solo attento, del resto durante l’attesa e le formalità ci siamo conosciuti, non siamo proprio colleghi ma sa che quantomeno remiamo dalla stessa parte della canoa. Fatico un po’ a dirglielo, perché non riesco a vederlo calzato in una simile situazione, però ci provo. In fondo, gli chiedo, ma se lui avesse avuto una ragazza legata pronta ad aspettarlo, e se veramente avesse voluto indorarle l’attesa costrittiva con la visione di un film, non avrebbe messo qualcosa di conturbante o di erotico come, che so, Tokyo Decadence o l’Impero dei Sensi? Qualcosa di più in tema, ecco. Perché proprio un film di guerra? Ma per la colonna sonora, risponde lui, un film di guerra con esplosioni e petardi avrebbe coperto bene i rumori dei loro passatempi notturni. Non solo, gli faccio io, in questa scelta potrebbero esserci gli estremi per trasformare un incidente in un vero e proprio omicidio, volontario e premeditato, sottolineo. Vedo gli occhi che gli luccicano, chiaro che la cosa gli interessa. Così vado avanti a spiegargli. Dopo tutto, rifletto intanto, leggere tutte le riviste scientifiche che mi capitano a tiro avrà pure la sua utilità. Secondo me, gli dico, il tizio aveva in mente una vera e propria esecuzione con tanto di pubblico, il miglior alibi del mondo. Geloso del suo giocattolo, probabilmente aveva pensato di poter uccidere impunemente mettendo in atto un piano ardito, ma quasi perfetto. Una sola cosa l’ha tradito. Quell’attimo di assenza della ragazza. Giusto un attimo, durante la conversazione, ma sufficiente per farmi scattare un remoto campanello d’allarme. La chiave di tutto è l’epilessia, gli spiego, un tipo di malattia nervosa che oggi si bada bene a tener nascosta e che si manifesta con vari tipi di crisi. Dal classico attacco con spasmi muscolari convulsivi che interessano tutto il corpo e che possono condurre a soffocamento, alle crisi più blande che con-sistono appunto in momentanee assenze della durata di pochi secondi, brevissime interruzioni dello stato di coscienza da cui il soggetto “rinviene” con leggere contrazioni orbitali, strizzando gli occhi due o tre volte di seguito. Si tratta di brevissimi momenti, ma facili a intercettarsi se accade di assistervi direttamente, come è capitato a me questa sera.
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